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17 Dicembre 2025 - 20:05
Mobilità al collasso, per i pendolari solo disagi e promesse
Oltre due milioni e mezzo di pendolari pagano ogni giorno il prezzo di un trasporto pubblico locale sempre più indebolito dai tagli alle risorse. Nel 2026 il Fondo nazionale trasporti varrà il 38% in meno rispetto ai 6,2 miliardi di euro del 2009, se si tiene conto dell’inflazione. Un dato che fotografa una riduzione strutturale degli investimenti su treni, metropolitane, tram e autobus, mentre la legge di Bilancio definanzia per 425 milioni di euro complessivi opere strategiche come la Metro C di Roma, la M4 di Milano e il collegamento Afragola-Napoli.
Il quadro più critico emerge dalle singole linee. In Campania, la ex Circumvesuviana si conferma la peggiore d’Italia: 13 milioni di passeggeri persi in dieci anni, convogli spesso privi di climatizzazione, stazioni impresenziate e un orario ancora definito provvisorio. Nel Lazio, la Roma Nord-Viterbo ha fatto registrare 8.038 corse soppresse nei primi dieci mesi del 2025, mentre tra le nuove entrate nella classifica negativa compare la Sassari-Alghero, con quattro coppie di treni soppresse e un servizio quotidiano giudicato ancora inadeguato.

CIRCUMVESUVIANA
A scattare la fotografia del settore è la ventesima edizione del rapporto Pendolaria di Legambiente, che elenca criticità diffuse nel trasporto locale su ferro e gomma, ma segnala anche qualche dato positivo. L’età media dei treni è scesa a 14,7 anni, un miglioramento legato alla dismissione dei convogli più vecchi. Tuttavia, a questa riduzione non ha fatto seguito un adeguato rinnovo del parco: nel 2024 hanno circolato 185 treni regionali in meno, per un totale di 2.605 convogli, mentre i viaggiatori sono saliti a 2 milioni e 538mila.
A pesare sempre di più sono anche gli eventi meteo estremi, che solo nel 2025 sono stati 26 e hanno causato interruzioni del servizio ferroviario tra allagamenti, frane e ondate di calore. Secondo le stime del ministero, entro il 2050 i danni a infrastrutture e mobilità potrebbero raggiungere 5 miliardi di euro l’anno, tra lo 0,33% e lo 0,55% del Pil italiano. Nel frattempo, osserva Legambiente, il Ponte sullo Stretto assorbe 15 miliardi di euro per poco più di 3 chilometri, mentre con 5,4 miliardi, circa un terzo di quella cifra, si stanno realizzando 250 chilometri di 29 tranvie in undici città. La spesa pubblica complessiva prevista per il Ponte supera i 30 miliardi di euro, mentre restano ancora chiuse linee storiche come la Caltagirone-Gela, ferma dal 2011, e la Palermo-Trapani via Milo, chiusa dal 2013. Intanto, la crescita delle reti urbane procede a rilento, con appena 2,85 chilometri all’anno di nuove metropolitane e 1,28 chilometri di tranvie inaugurati mediamente negli ultimi dieci anni.
Non mancano, però, alcuni segnali positivi. Si sono concluse le elettrificazioni delle linee Isernia-Guardiaregia (36 km), con attivazione commerciale prevista a gennaio 2026, Montebelluna-Feltre-Belluno (65 km) e Treviso-Montebelluna (20 km). Interventi che dimostrano come, quando le risorse arrivano, il sistema possa migliorare.
Secondo Legambiente, per invertire la rotta occorre recuperare fondi destinati oggi ai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, a quelli per l’autotrasporto e alla fiscalità di vantaggio sul gasolio, oltre a ripensare numerosi progetti stradali e autostradali considerati dannosi. L’obiettivo indicato è riportare il Fondo nazionale trasporti almeno ai livelli del 2009, aumentando le risorse di 3 miliardi di euro.
Il rapporto lancia infine un allarme sulla “transport poverty”, un fenomeno in crescita che trasforma la mobilità da diritto essenziale a fattore di esclusione sociale ed economica. In Italia la spesa media per i trasporti arriva al 10,8% del budget mensile delle famiglie, mentre per l’Unione europea superare il 6% significa già trovarsi in una condizione di vulnerabilità. Rafforzare il trasporto pubblico, sottolinea l’associazione ambientalista, non è solo una scelta infrastrutturale, ma una questione di equità.
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