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21 Dicembre 2025 - 22:56
Pendolaria 2025, Piemonte ostaggio dei ritardi: più viaggiatori, treni sempre più in affanno
In Piemonte, come nel resto d’Italia, il trasporto pubblico ferroviario continua a muoversi su un binario morto fatto di numeri che crescono sulla carta e disservizi che peggiorano nella realtà. Pendolaria 2025 lo dice chiaramente: i viaggiatori aumentano, ma il sistema non regge. E quando non regge, a pagare sono sempre gli stessi: i pendolari, quelli veri, quelli che ogni mattina non cercano annunci, ma un treno che parta e arrivi.
I dati raccontano una verità scomoda. In Piemonte i viaggiatori giornalieri sono aumentati del 9,6% rispetto al 2022, un dato persino superiore a quello della Campania. Ma basta grattare la superficie per scoprire che si tratta di una ripresa parziale, lontanissima dai livelli del 2019 e ancor più da quelli del 2009. In altre parole: si viaggia un po’ di più rispetto agli anni post-Covid, ma molto meno di quanto si viaggiava quando il sistema funzionava – già allora male – ma almeno funzionava.
Il cuore del problema, in Piemonte, batte a Torino. O meglio, arranca a Torino. Il Sistema Ferroviario Metropolitano torinese, che dovrebbe essere l’ossatura della mobilità regionale, mostra tutti i suoi limiti. Problemi infrastrutturali, materiale rotabile non sempre adeguato, e soprattutto un nodo di Torino ormai saturo, incapace di sostenere il traffico attuale, figurarsi quello promesso nelle fasi evolutive del contratto. I guasti ai passaggi a livello, i deviatoi che saltano, le interruzioni improvvise sulle tratte periferiche sono la normalità. Ma il vero collo di bottiglia resta il nodo urbano, mai davvero potenziato.

Qualcosa, sul fronte dei treni, è migliorato. L’arrivo dei nuovi convogli Rock e Pop ha dato un minimo di respiro, ma non basta. Restano in servizio mezzi vecchi, inadeguati, spesso non accessibili alle persone con ridotta mobilità, mentre molte banchine di stazioni e fermate sembrano rimaste ferme a un’idea di ferrovia che ignora diritti e inclusione. Una modernizzazione a metà, che non risolve il problema strutturale.
La situazione diventa apertamente critica sulle linee SFM4 Alba–Ciriè e SFM7 Fossano–Ciriè, dove da settembre gli indici di puntualità e affidabilità sono crollati ben al di sotto delle soglie contrattuali. Un disastro certificato dai numeri, che ha costretto l’assessore regionale ai Trasporti a convocare Trenitalia, RFI e Agenzia della Mobilità. Dal tavolo è uscita almeno una decisione sensata: l’avvio di un tavolo permanente con associazioni dei consumatori e rappresentanti dei pendolari. Una buona notizia, certo. Ma anche l’ammissione implicita che finora nessuno ha davvero ascoltato chi prende il treno ogni giorno.
Non va meglio sulla SFM6 Asti–Torino, dove dal 15 dicembre le corse dirette all’aeroporto saltano le fermate di Corso Grosseto e Rigola, penalizzando gli spostamenti urbani e dimostrando ancora una volta come la logica del servizio sia piegata più alle esigenze tecniche che a quelle delle persone. E il resto del servizio regionale non se la passa affatto meglio: ritardi, cancellazioni totali e parziali, informazioni carenti sono parte integrante della quotidianità.
Le linee in sofferenza sono sempre le stesse: Torino–Milano, Torino–Cuneo, Novara–Biella, con indici di efficienza bassi; la Torino–Genova, incredibilmente ancora a cadenza bioraria, insufficiente per un collegamento strategico e negli ultimi mesi anche più fragile del solito. A tutto questo si aggiunge una ferita che non si rimargina: il servizio mai ripristinato ai livelli pre-Covid. Intere aree popolose restano senza collegamenti adeguati nei festivi e prefestivi: Casale Monferrato, Ovada, Nizza Monferrato, oppure fortemente penalizzate come Biella e Limone Piemonte. Un colpo secco alla mobilità quotidiana e al turismo, mentre si continua a parlare di rilancio dei territori.
In questo quadro desolante, una nota positiva arriva dal settore privato. La Longitude Holding della famiglia Arena ha manifestato interesse per il ripristino delle tratte Cuneo–Saluzzo–Savigliano e Ceva–Ormea, sospese dal 2012. L’iniziativa, concretizzata con un contratto firmato a inizio 2024 con l’Agenzia della Mobilità Piemontese, porterà all’attivazione del servizio tra Cuneo e Savigliano nel gennaio 2025 e, dopo lavori infrastrutturali di RFI, nella Valle Tanaro dal 2027. Una dimostrazione lampante di come, quando il pubblico tentenna, qualcuno disposto a investire lo si trova.
Resta invece inchiodata ai suoi problemi storici la Pinerolo–Torino–Chivasso, una delle linee più frequentate del Piemonte. Ritardi e soppressioni continuano senza miglioramenti, tanto da aver portato all’erogazione di bonus ai pendolari nei mesi di luglio e ottobre per compensare disservizi su puntualità e affidabilità. Il 14 marzo 2024 la protesta è scesa in stazione a Pinerolo, con amministrazioni locali, sindacati, circoli Legambiente e comitati pendolari uniti. Ma sul piano infrastrutturale non si è mosso nulla: nessun raddoppio selettivo dei binari, nessuna modifica al modello di gestione dell’offerta. Solo qualche treno nuovo, i Rock, a tamponare una situazione che resta strutturalmente fragile. E intanto la Pinerolo–Torre Pellice, sospesa dal 2012, resta un progetto sulla carta, nonostante interessi un bacino di 38 mila potenziali utenti, aziende, scuole, ospedali. Il risultato è traffico privato che intasa la Val Pellice ogni giorno.
E Torino città? Non va meglio. La rete tranviaria resta ferma a standard novecenteschi, senza vere corsie protette, senza separazione funzionale dai bus, con fermate troppo ravvicinate e lentezze croniche. Il prolungamento della linea 15 a Grugliasco sembra già archiviato. La metropolitana è un cantiere permanente di promesse: mancano 26 milioniper completare il prolungamento della linea 1 a Cascine Vica, mancano 145 milioni per i nuovi treni, mancano 800 milioni per costruire appena il primo tratto della linea 2. E manca soprattutto un dato fondamentale: i soldi per farla funzionare. Perché oggi costruire la metro 2 significherebbe non avere le risorse per gestirla.
Il quadro che emerge da Pendolaria 2025, declinato sul Piemonte e sull’area torinese, è chiaro e impietoso. Più passeggeri, meno servizi. Più annunci, meno binari. Più grandi opere, meno treni che funzionano. Insomma, mentre altrove si progettano ponti da miliardi, qui si continua a perdere tempo prezioso. E per chi ogni giorno sale su un treno regionale, il tempo perso non è una statistica: è vita buttata sui binari.
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