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Da “Torino partigiana. Que viva Askatasuna” alla guerriglia urbana: il corteo parte pacifico e si chiude tra lacrimogeni e feriti

Undici agenti colpiti durante gli scontri, città blindata e barricate in fiamme

La scritta “Torino partigiana. Que viva Askatasuna” apre la marcia, ma il corteo si trasforma in scontri nel cuore di Vanchiglia

La scritta “Torino partigiana. Que viva Askatasuna” apre la marcia, ma il corteo si trasforma in scontri nel cuore di Vanchiglia

Famiglie, bambini piccoli portati in spalla, cartelli e striscioni con la scritta “Torino partigiana. Que viva Askatasuna”, accompagnata dalla foto di una donna partigiana. È iniziato così, nel pomeriggio, il corteo organizzato a Torino dopo lo sgombero all’alba di giovedì del centro sociale Askatasuna, occupato dal 1996. Una manifestazione partita in un clima apparentemente pacifico, in una città blindata nell’ultimo sabato prima di Natale, e conclusa invece con violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.

Il corteo si è trasformato in guerriglia urbana quando la testa della manifestazione ha tentato di riavvicinarsi alla palazzina di corso Regina Margherita, nel quartiere Vanchiglia, edificio sgomberato e rimasto presidiato dalle forze dell’ordine. A circa cinquecento metri dalla struttura, un gruppo di persone incappucciate ha cercato di sfondare il cordone della polizia. Sono stati lanciati contro gli agenti bottiglie, pietre, bombe carta artigianali e fuochi d’artificio. Le forze dell’ordine hanno risposto con idranti, lacrimogeni, cariche e manganellate, mentre alcuni manifestanti cercavano di colpire gli agenti a bastonate e costruivano barricate con cassonetti dati alle fiamme.

Il primo bilancio parla di undici agenti dei reparti mobili feriti, colpiti da oggetti contundenti. Un dato che si aggiunge ai dieci agenti rimasti feriti nella serata di giovedì, subito dopo lo sgombero. Gli scontri sono avvenuti proprio nel momento in cui il corteo si è avvicinato all’edificio sgomberato, trasformando una manifestazione annunciata come partecipata e familiare in un confronto violento.

Dura la reazione del mondo politico. Il vicepremier Antonio Tajani ha attaccato senza mezzi termini gli attivisti: «Tanti di questi sono figli di papà che se la prendono coi figli del popolo. La violenza va contro i cittadini. Manifestare è un diritto, ma distruggere automobili o picchiare poliziotti carabinieri e finanzieri che fanno il loro dovere non va bene». Ancora più netto il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che a fine giornata ha dichiarato: «Eccola la vostra democrazia, la vostra maledetta violenza, la barbarica voglia di sfasciare la nostra benedetta democrazia. Siete gli stessi che non molti decenni fa portarono il terrore nelle nostre strade, ma stavolta fidatevi, non ci riuscirete».

Parole di condanna sono arrivate anche dalle istituzioni locali. Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha sottolineato che «nulla può giustificare la violenza e i danneggiamenti, mai: si tratta di comportamenti inaccettabili che non solo violano la legalità, ma compromettono gravemente la credibilità, la forza e il senso stesso delle rivendicazioni». Sulla stessa linea il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, secondo cui «oggi lo Stato ha confermato che non si lascia intimidire e che illegalità e aggressioni non trovano cittadinanza a Torino e in Piemonte». Per il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, «lo sgombero di Askatasuna è solo l’inizio. Ruspe sui centri sociali covi di delinquenti».

La manifestazione era partita davanti alla sede storica delle facoltà umanistiche, Palazzo Nuovo, con la partecipazione di oltre tremila persone. I manifestanti avevano iniziato a sfilare scandendo slogan come «Askatasuna vuol dire libertà, nessuno ci fermerà» e «guai a chi ci tocca». In corteo anche residenti del quartiere, giovani e bambini che portavano uno striscione con le impronte delle loro mani. Presente una fitta rappresentanza del mondo antagonista, con delegazioni arrivate da Milano, Genova e dal Nord Est, numerose bandiere No Tav e della Palestina, oltre ai messaggi di solidarietà provenienti anche dai Paesi Baschi.

A parlare dal corteo è stato anche il portavoce di Askatasuna, Stefano, che ha rivendicato la prosecuzione della mobilitazione: «Oggi non è una data di fine, ma è un inizio. Ci sarà un’assemblea cittadina il 17 gennaio e un corteo nazionale il 31 gennaio. Si deve ripartire da quei movimenti contro il genocidio in Palestina. La solidarietà è arrivata da tutta Italia e non solo. Il quartiere Vanchiglia è come fosse la Val di Susa, con un dispiegamento di forze come se si fosse in guerra».

Nel corteo erano presenti anche esponenti politici e sindacali. Hanno sfilato la capogruppo in Consiglio regionale di Avs, Alice Ravinale, e Giorgio Airaudo, segretario regionale piemontese della Cgil, tra i garanti del patto con la Città per trasformare il piano terra dell’edificio sgomberato in bene comune, accordo saltato giovedì all’alba a causa della presenza di persone al terzo piano, dichiarato inagibile. Airaudo ha commentato: «Penso che il Comune di Torino avesse fatto la cosa giusta e che debba riprendere quella strada, che è una strada di dialogo. Ovviamente il discrimine delle responsabilità e della non violenza è fondamentale».

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