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Ferragni nega la truffa e si difende in aula: “Nessun consumatore è stato raggirato”

I legali chiedono l’assoluzione piena per pandoro e uova di Pasqua

Pandoro, uova e follower: Ferragni respinge le accuse davanti al giudice

Pandoro, uova e follower: Ferragni respinge le accuse davanti al giudice

Non una truffa, ma al massimo un caso di pubblicità ingannevole già chiuso sul piano amministrativo. È questa la linea difensiva di Chiara Ferragni, imputata nel processo abbreviato in corso a Milano, a porte chiuse, per i casi del pandoro Balocco Pink Christmas e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi. Secondo i suoi legali, Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, «non c’è stato alcun dolo» e, soprattutto, «non si è verificata alcuna truffa» ai danni dei consumatori.

Le arringhe difensive sono state rivolte al giudice Ilio Mannucci Pacini della terza sezione penale, con la richiesta di un’assoluzione con formula piena. La difesa ha sostenuto che eventuali criticità siano riconducibili a errori di comunicazione e che la questione sia già stata sanata con il pagamento di risarcimenti e donazioni per circa 3,4 milioni di euro. Un passaggio centrale, secondo gli avvocati, anche alla luce del principio del ne bis in idem, che impedisce di essere puniti due volte per la stessa condotta.

All’uscita dall’aula, circondata da telecamere e cronisti, l’imprenditrice digitale ha affidato poche parole ai giornalisti: «Ho ascoltato i miei difensori, sono tranquilla e fiduciosa». I legali hanno ribadito con fermezza: «Sappiate che Chiara è innocente da qualunque punto di vista si guardi questa vicenda: non c’è reato».

Di segno opposto la ricostruzione dell’accusa. Secondo le indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, tra il 2021 e il 2022 Ferragni avrebbe ingannato follower e consumatori ottenendo presunti ingiusti profitti per circa 2,2 milioni di euro, in relazione alla vendita dei prodotti il cui prezzo non comprendeva la beneficenza pubblicizzata. Per questo l’aggiunto Eugenio Fusco e il pm Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi, senza attenuanti.

Sempre secondo l’accusa, Chiara Ferragni e il suo ex collaboratore Fabio Damato, anche lui imputato, avrebbero avuto un «ruolo preminente» nelle campagne commerciali, caratterizzate da una «grande diffusività» grazie ai circa 30 milioni di follower dell’influencer. Le sue società, viene sostenuto, avrebbero avuto «l’ultima parola» negli accordi con Balocco e Cerealitalia.

La difesa ha però richiamato le dichiarazioni spontanee rese da Ferragni il 25 novembre, quando aveva affermato: «Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato». A sostegno di questa tesi sono state depositate una serie di mail tra l’imprenditrice e Balocco, ritenute indicative della correttezza dei rapporti contrattuali e della chiarezza sulle modalità della beneficenza e dei compensi.

Un altro nodo centrale resta l’aggravante della “minorata difesa” degli utenti online, contestata dai pm. Se questa aggravante dovesse cadere, potrebbero aprirsi scenari di proscioglimento per mancanza di querele. Hanno chiesto l’assoluzione anche le difese di Fabio Damato e del terzo imputato, il presidente di Cerealitalia, Francesco Cannillo.

La decisione del giudice è attesa per il 14 gennaio, data che segnerà un passaggio decisivo in uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi anni, capace di intrecciare influencer marketing, beneficenza e responsabilità penali.

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