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26 Novembre 2025 - 11:45
Ferragni, un anno e otto mesi senza attenuanti: per i pm guidò una truffa “ad altissima diffusione”
Il processo che vede Chiara Ferragni imputata per la presunta pubblicità ingannevole legata al Pandoro Pink Christmas Balocco e alle uova di Pasqua Dolci Preziosi entra nella fase decisiva. E la requisitoria dei pm, davanti al giudice Ilio Mannucci Pacini della terza penale, descrive un quadro in cui l’imprenditrice digitale avrebbe avuto – insieme all’allora collaboratore Fabio Damato – un “ruolo preminente” nella costruzione di campagne “altamente diffuse” grazie ai suoi 30 milioni di follower, ritenuti un pubblico particolarmente incline a fidarsi delle sue indicazioni commerciali.
Per questo i magistrati Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi, senza sospensione della pena né attenuanti generiche. Per Damato, la stessa pena. L’unico per cui sono state invocate attenuanti è il presidente di Cerealitalia, Francesco Cannillo, per cui la richiesta è di un anno.
Ferragni, emozionata, ha scelto di replicare immediatamente con dichiarazioni spontanee: «Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato». L’imprenditrice ha rivendicato la trasparenza del proprio operato e ha ricordato di aver già chiuso la partita amministrativa con donazioni per 3,4 milioni di euro.
La Procura, però, ha spiegato che quei versamenti non giustificano alcuna attenuante e che, secondo le mail sequestrate, sarebbero state proprio le società della Ferragni a guidare gestione, contenuti e persino la fase delle risposte ai consumatori. È qui che per i pm si delinea la responsabilità principale: quando i clienti chiedevano quale parte del prezzo (quasi raddoppiato) sarebbe stata devoluta in beneficenza, da Balocco arrivavano replica vaghe o nessuna risposta. La stessa dinamica, spiegano, avrebbe riguardato le uova Dolci Preziosi.

Il “pandoro-gate”, ricordano i magistrati, esplode quando la giornalista Selvaggia Lucarelli inizia a porre domande precise. Domande che, secondo l’accusa, mettono in difficoltà un sistema comunicativo costruito per veicolare l’idea di un contributo solidale non corrispondente alla realtà. L’indagine del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Gdf ha quantificato in 2,2 milioni di euro gli ingiusti profitti derivati dalla vendita dei prodotti coinvolti, tra il 2021 e il 2022.
In aula, l’avvocato Aniello Chianese della “Casa del Consumatore” ha ribadito l’esistenza della contestata aggravante della “minorata difesa” dei follower: utenti che, fidandosi dell’influencer, avrebbero acquistato i prodotti convinti di contribuire a un fine benefico. Se questa aggravante cadesse, alcune contestazioni finirebbero per mancanza di querela, ma la Procura insiste sul valore di un messaggio che puntava a convincere il pubblico a fare “non un buon Natale, ma un Natale buono”.
Prima di lasciare il Tribunale, travolta da telecamere e fotografi, Ferragni ha detto soltanto: «Sono fiduciosa». La difesa, con gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, parlerà nella prossima udienza del 19 dicembre: «Faremo chiarezza e verrà fuori l’innocenza di Chiara», ha dichiarato Iannaccone.
Ferragni ha ricordato anche le sue attività benefiche negli anni, compresa la raccolta fondi per la terapia intensiva del San Raffaele durante la pandemia e il suo impegno contro la violenza di genere, citando l’intervento a Sanremo. Ma ora a decidere sarà il tribunale, con una sentenza attesa per metà gennaio.
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