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19 Dicembre 2025 - 13:24
Blitz notturno anti immigrati clandestini: gli attivisti si radunano sotto il Grattacielo Piemonte
Il blitz notturno davanti al grattacielo della Regione Piemonte, a Torino, non è stato solo un’azione dimostrativa. È stato soprattutto un messaggio politico, duro e volutamente provocatorio, con cui un gruppo finora marginale ha deciso di affacciarsi sulla scena pubblica cittadina. A firmarlo è il Comitato Remigrazione e Riconquista, realtà che rivendica apertamente una battaglia identitaria contro l’immigrazione irregolare e che annuncia una prossima raccolta firme per una proposta di legge sulla “remigrazione”.
Secondo quanto dichiarato dagli stessi organizzatori, la scelta del palazzo della Regione non è casuale: lì, sostengono, “si prendono le decisioni più importanti del Piemonte”. Ed è proprio a quelle istituzioni che il gruppo intende parlare, accusandole di aver lasciato interi quartieri “abbandonati allo spaccio, al sovraffollamento e all’illegalità”, arrivando a collegare il tema dell’immigrazione a stupri, violenze e criminalità. Il messaggio è netto e senza sfumature: chi è irregolare non deve restare in Italia, chi delinque va rimandato indietro. Una narrazione che usa toni emergenziali e parole d’ordine forti, pensate per colpire e dividere.
Ma chi sono davvero quelli di Remigrazione e Riconquista? Non si tratta di un partito politico strutturato né di un soggetto istituzionale riconosciuto. Il comitato si inserisce piuttosto in quell’area di movimenti identitari che negli ultimi anni stanno tentando di guadagnare spazio nel dibattito pubblico europeo, utilizzando il concetto di remigrazione come parola chiave. Un termine che, nel lessico di questi ambienti, indica il rimpatrio sistematico degli immigrati irregolari e, in alcune interpretazioni più radicali, anche di stranieri regolari considerati “non integrati”.
In Italia, la “remigrazione” non è un concetto presente nell’ordinamento giuridico né nel dibattito parlamentare ufficiale, ma circola da tempo nei circuiti dell’attivismo identitario e sui social network, spesso ripreso da gruppi che si collocano fuori dall’arco costituzionale tradizionale. Non a caso, il Comitato Remigrazione e Riconquista non nasconde una visione conflittuale del rapporto tra cittadini e istituzioni, parlando apertamente di “essere ostaggi a casa nostra” e invocando una “riconquista” delle città.
Quanto ai legami politici, il gruppo non risulta formalmente affiliato a partiti italiani presenti in Parlamento. Tuttavia, osservatori e studiosi dei movimenti estremisti collocano iniziative di questo tipo nell’area della destra radicale identitaria, un universo composito che guarda con interesse a esperienze simili in Francia, Germania e Nord Europa. In questi contesti, la parola “remigrazione” è spesso associata a formazioni e reti accusate, da associazioni antifasciste e centri di monitoraggio, di vicinanza ideologica all’estrema destra e di promuovere una visione etnoculturale della società.
Al momento non risultano provvedimenti giudiziari né interdizioni specifiche a carico del comitato torinese, ma il linguaggio utilizzato e le rivendicazioni avanzate sono destinate a generare reazioni politiche e sociali forti. Non solo perché chiamano in causa direttamente le istituzioni regionali, ma perché toccano uno dei nervi più scoperti del dibattito pubblico: immigrazione, sicurezza, identità.
Il blitz davanti alla Regione segna dunque un passaggio: non più discussioni confinate ai canali online o a piccoli circoli, ma la volontà di portare queste istanze nello spazio urbano e simbolico della città. Resta da capire se Remigrazione e Riconquista riuscirà a trasformare la provocazione in consenso, o se l’azione resterà un episodio isolato, destinato a riaccendere polemiche più che a costruire un vero percorso politico.
Di certo, il messaggio lanciato è chiaro. E Torino, ancora una volta, si ritrova al centro di uno scontro che va ben oltre un blitz notturno: uno scontro sul significato di legalità, convivenza e futuro delle città.
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