Cerca

Attualità

Askatasuna non è solo un centro sociale, Willie Peyote lo dice senza sconti

Lo sgombero diventa un caso culturale e politico nazionale

Willie Peyote

Willie Peyote

Willie Peyote, nome d’arte di Guglielmo Bruno, classe 1985, nato a Torino, è uno degli artisti che più di altri ha portato sui palchi italiani, compreso quello di Sanremo, una visione culturale dichiaratamente underground, meticcia, intrecciata alle storie e alle lotte della sua città. Un percorso coerente, che non ha mai nascosto la vicinanza ai movimenti sociali, dalla No Tav ai centri sociali, e che negli anni gli è costato anche conseguenze giudiziarie. Nel 2023 era stato infatti denunciato insieme ad altre 36 persone, in gran parte artisti e artiste torinesi, per aver suonato davanti e per Askatasuna.

In queste ore, mentre è in corso lo sgombero del centro sociale di viale Regina Margherita, Willie Peyote è stato intervistato da Il Manifesto per raccontare la sua posizione e il suo sguardo su quanto sta accadendo. Alla domanda sullo sgombero dell’Askatasuna, l’artista non nasconde la preoccupazione: «Ho appreso dello sgombero in corso da poche ore e, per quello che ha rappresentato per me e per la città negli anni, Askatasuna mi lascia ovviamente molto dispiaciuto e preoccupato».

Lo sgombero arriva nonostante il percorso di dialogo e l’accordo siglato con il Comune di Torino, un elemento che rende la vicenda ancora più delicata. Peyote spiega di aver seguito da vicino quell’iter e di aver riposto fiducia in quell’intesa: «Ho seguito da vicino tutta la procedura che ha portato all’accordo con il Comune e speravo potesse rappresentare finalmente una garanzia di tutela nei confronti dell’Aska».

Per Willie Peyote, Askatasuna non è solo uno spazio occupato, ma un luogo simbolico e concreto di produzione culturale. Nella sua esperienza personale e artistica ha rappresentato molto più di una semplice sala concerti: «È un luogo che per me ha sempre significato molto: oltre ad averci suonato spesso, l’ho frequentato per assistere a concerti e ad altre attività. È uno di quei luoghi nei quali si è cercato di portare avanti una proposta culturale alternativa e underground e che, in quanto tale, rappresenta un bene per il tessuto artistico e sociale di una città come Torino».

Nel suo ragionamento, lo sgombero non è un fatto isolato ma si inserisce in un contesto politico più ampio. Peyote parla apertamente di una decisione che arriva “dall’alto” e che riflette una visione precisa della società e della cultura: «Mi preoccupa e, in un certo senso, mi spaventa. Che il governo decida di intervenire con così tanta forza sul mondo della cultura lo reputo un bruttissimo segnale, ma ciò che ancora di più mi intristisce è la mancanza di una reazione da parte della società civile».

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Giornale La Voce (@giornalelavoce)

Uno dei passaggi più netti dell’intervista riguarda proprio l’assenza di una risposta collettiva a quello che l’artista definisce un segnale allarmante. Secondo Willie Peyote, il rischio è quello di una progressiva normalizzazione di interventi sempre più duri e di una politica che si allontana dai valori di inclusione e pluralismo: «Auspico una reazione da parte di tutti a difesa di spazi come l’Askatasuna e, più in generale, per arginare questa deriva autoritaria. Credo che sia proprio in momenti come questo che ci si debba unire per evitare un’ulteriore degenerazione verso una politica ancora più muscolare e lontana dai valori che mi sono stati inculcati».

Non manca, infine, una riflessione sul ruolo del mondo dello spettacolo e degli artisti, spesso accusati di disimpegno o silenzio. Peyote allarga il discorso e lega la responsabilità culturale a un clima generale di disinteresse: «Penso che il mondo dello spettacolo e, in particolare, gli artisti siano espressione del mondo in cui vivono. In un’epoca in cui mi pare evidente ci sia molto disinteresse per certe questioni, è normale che questo si rifletta anche nel campo dell’arte. Credo servirebbe più impegno in generale, non limitato all’ambito culturale».

Parole che arrivano in un momento delicato per Torino e per il dibattito sugli spazi sociali e culturali, e che confermano ancora una volta come Willie Peyote scelga di non sottrarsi quando la posta in gioco tocca i luoghi, le idee e le battaglie che considera parte integrante della propria identità.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori