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19 Dicembre 2025 - 09:51
L’oro bianco del Piemonte non è solo mercato: sotto terra si gioca la partita decisiva del tartufo
La stagione del tartufo bianco si avvicina alla conclusione senza lasciare rimpianti. Partita il primo ottobre con aspettative prudenti, ha progressivamente sorpreso cercatori, commercianti e ristoratori, restituendo un quadro complessivamente positivo sia sul fronte della qualità sia su quello delle quantità. La raccolta resterà consentita fino al 31 gennaio e, condizioni meteo permettendo, le ultime settimane potrebbero riservare ancora qualche sorpresa, confermando un’annata che, contro ogni timore legato al clima instabile, si è rivelata più generosa del previsto.
Dopo la chiusura della Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, l’8 dicembre, il mercato ha reagito come da tradizione: i prezzi, sostenuti durante le settimane clou della manifestazione, hanno registrato una flessione, scendendo intorno ai 300-350 euro l’etto. Una discesa fisiologica, destinata però a essere temporanea. Le festività natalizie e il periodo di Capodanno rappresentano da sempre un nuovo picco di domanda, soprattutto da parte dell’alta ristorazione e dei mercati esteri, pronti a spingere nuovamente le quotazioni verso l’alto.
Ma se la fotografia del mercato racconta una stagione solida, è sul piano strutturale che si gioca la partita più importante. Il tartufo resta infatti un prodotto estremamente delicato, legato a equilibri ambientali complessi e sempre più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Ed è proprio su questo fronte che la Regione Piemonte ha deciso di rafforzare il proprio impegno, avviando un nuovo bando dedicato alla ricerca, allo studio e alla sperimentazione nel settore tartuficolo.
L’intervento si inserisce nel Piano regionale per la valorizzazione del patrimonio tartufigeno e rappresenta uno degli strumenti più attesi da chi, da anni, chiede un salto di qualità nella conoscenza scientifica degli ambienti di crescita del tartufo. Il bando, che dà attuazione alla legge regionale 16/2008, mette a disposizione 120 mila euro per sostenere progetti presentati da organismi di ricerca, in coerenza con le priorità fissate a livello nazionale dal Piano della filiera del tartufo.

L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato consolidare le basi scientifiche su cui poggia la tutela del patrimonio tartufigeno, dall’altro offrire strumenti concreti agli operatori per affrontare un contesto produttivo sempre più complesso. Temperature anomale, periodi di siccità alternati a piogge intense, stress dei suoli e perdita di biodiversità sono fattori che incidono direttamente sulla produttività dei tartufaie naturali e sul futuro stesso della raccolta.
Il bando regionale guarda alle principali sfide del settore, puntando su progetti capaci di affrontare in modo integrato i nodi più critici. Tra le linee di intervento rientrano lo studio della biodiversità tartuficola e delle comunità microbiche associate agli ambienti di crescita, il miglioramento delle produzioni, la definizione di modelli previsionali legati all’andamento climatico e lo sviluppo di protocolli innovativi per la tracciabilità geografica e la certificazione di qualità. Un approccio che prova a tenere insieme tutela ambientale, innovazione scientifica e competitività economica.
Uno degli elementi più rilevanti del bando riguarda la richiesta di una ricaduta diretta sul territorio. Non si tratta di finanziare studi teorici o analisi fine a se stesse, ma di promuovere una ricerca applicata, capace di tradursi in pratiche concrete. I progetti dovranno prevedere il trasferimento delle conoscenze agli attori della filiera, coinvolgendo direttamente cercatori, associazioni tartuficole e operatori locali nelle attività di divulgazione e sperimentazione.
Questa impostazione risponde a una criticità spesso evidenziata dal settore: la distanza tra il mondo della ricerca e quello della raccolta. Il tartufo, più di altri prodotti agricoli, vive di saperi empirici, tramandati nel tempo, che oggi devono dialogare con la scienza per affrontare cambiamenti rapidi e strutturali. Mettere in comunicazione questi due mondi è una delle scommesse decisive per garantire continuità a una filiera che non è solo economica, ma anche culturale e identitaria.
Il Piemonte, in questo senso, resta una delle regioni di riferimento a livello nazionale e internazionale. Il tartufo bianco è un simbolo riconosciuto, capace di generare indotto turistico, visibilità globale e valore aggiunto per territori spesso marginali. Dalle Langhe al Monferrato, dal Roero alle aree collinari e appenniniche, la tartuficoltura rappresenta una leva di sviluppo che va ben oltre il singolo prodotto, coinvolgendo ristorazione, accoglienza, artigianato e paesaggio.
Proprio per questo la questione della sostenibilità diventa centrale. La pressione commerciale, se non governata, rischia di impoverire gli ambienti naturali e compromettere la capacità produttiva futura. La ricerca può offrire indicazioni preziose sulla gestione delle tartufaie, sulla tutela dei suoli, sulla convivenza tra attività umane e cicli naturali. È una sfida che non riguarda solo i cercatori, ma l’intero sistema territoriale.
Le domande di partecipazione al bando dovranno essere presentate entro il 10 aprile 2026. I progetti selezionati avranno una durata massima di 24 mesi dalla concessione del contributo, un arco temporale sufficiente per avviare sperimentazioni significative e restituire risultati utili al settore. Le informazioni operative sono disponibili sul portale regionale dedicato ai finanziamenti, ma l’attesa è già alta tra università, enti di ricerca e fondazioni che operano nel campo delle scienze agrarie e ambientali.
Mentre il calendario della raccolta si avvicina alla sua chiusura, il tartufo bianco continua dunque a raccontare una doppia storia. Da un lato quella, immediata, del mercato, dei prezzi e delle tavole imbandite durante le feste. Dall’altro una storia più profonda, fatta di equilibri naturali fragili, di ricerca scientifica e di scelte politiche che guardano al medio e lungo periodo. È su questo secondo piano che si decide davvero il futuro di uno dei prodotti più preziosi e vulnerabili del Piemonte.
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