Cerca

Attualità

Butti una capsula di caffè e nascono 100mila pasti: cosa succede davvero in Piemonte

Capsule di caffè, riso e povertà: in Piemonte un progetto che dura da 14 anni e parla coi numeri

Butti una capsula di caffè e nascono 100mila pasti: cosa succede davvero in Piemonte

Butti una capsula di caffè e nascono 100mila pasti: cosa succede davvero in Piemonte

Non è un’iniziativa nuova né un’operazione spot buona per una stagione. In Piemonte – e più in generale in Italia – il progetto “Da Chicco a Chicco” è attivo da oltre 14 anni e rappresenta uno dei casi più strutturati di economia circolare applicata al sociale. I dati diffusi oggi confermano la portata concreta dell’iniziativa: nel solo 2025, grazie alla collaborazione tra Nespresso e Banco Alimentare, in Piemonte sono stati donati 90 quintali di riso, pari a circa 100mila piatti, destinati a 575 organizzazioni che assistono 115mila persone in difficoltà.

Il meccanismo è noto, ma vale la pena ricostruirlo con precisione, perché è qui che il progetto mostra la sua solidità. Tutto parte dalle capsule di caffè esauste, raccolte attraverso una rete nazionale di circa 200 punti di conferimento, di cui 21 attivi in Piemonte. Una volta recuperate, le capsule vengono trattate in un impianto specializzato che separa i materiali: da una parte l’alluminio, dall’altra il caffè esausto.

L’alluminio segue la filiera industriale tradizionale del riciclo e viene destinato alle fonderie, dove rientra in circolo sotto forma di nuovi oggetti – dalla cancelleria agli accessori, fino a beni di uso quotidiano. Il caffè esausto, invece, viene trasformato in compost, un fertilizzante naturale utilizzato in risaie italiane. È da qui che nasce il passaggio decisivo: il riso coltivato grazie a quel compost viene successivamente riacquistato da Nespresso e destinato interamente alla donazione alimentare.

La distribuzione avviene attraverso il Banco Alimentare, partner storico del progetto sin dalle prime edizioni, e dal 2024 anche tramite le Cucine Mobili e i Market solidali di Fondazione Progetto Arca. Nessun passaggio simbolico, nessuna compensazione astratta: il risultato finale è cibo reale, consegnato a reti associative che operano quotidianamente sul territorio.

Il progetto, negli anni, si è consolidato proprio per questa capacità di tenere insieme recupero dei materiali, filiera agricola e contrasto alla povertà alimentare, senza scorciatoie. Un modello che trasforma un gesto minimo – restituire una capsula usata – in una catena di valore misurabile. Non a caso, i numeri piemontesi si inseriscono in una cornice nazionale più ampia, che ogni anno permette di recuperare tonnellate di materiali e di generare migliaia di pasti.

A sottolinearlo è anche Matteo Di Poce, specialista in sostenibilità di Nespresso Italiana, che parla di un impatto concreto e verificabile, sia a livello locale sia nazionale. Un’affermazione che trova riscontro nei dati: 90 quintali di riso, 100mila piatti, 575 enti coinvolti non sono indicatori di marketing, ma misure di un bisogno reale e di una risposta organizzata.

In un contesto in cui la povertà alimentare continua a crescere e i sistemi di aiuto sono sempre più sotto pressione, il valore dell’iniziativa sta proprio nella sua continuità. Non un esperimento, ma un progetto che da oltre un decennio dimostra come l’economia circolare possa uscire dai convegni e diventare welfare concreto. In Piemonte, oggi, questo significa che una capsula di caffè non finisce nel cestino: entra in un circuito che, alla fine, riempie un piatto.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori