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Trattori sotto il grattacielo, la Regione messa all’angolo dagli agricoltori

Agricoltura in piazza con dodici richieste, il Pd avverte Cirio: finiti gli alibi

Trattori sotto il grattacielo, la Regione messa all’angolo dagli agricoltori

Trattori sotto il grattacielo, la Regione messa all’angolo dagli agricoltori

Non è stata una passerella né una protesta rituale. Quella andata in scena il 15 dicembre sotto il grattacielo della Regione Piemonte è stata una chiamata diretta alla responsabilità politica. Migliaia di agricoltori, arrivati da tutto il territorio con i trattori nel cuore di Torino, hanno portato davanti alla Giunta un messaggio che non ammette interpretazioni: basta rinvii, servono decisioni.

Lo slogan scelto, “Forsa Piemunt – Date n’andi”, non ha avuto nulla di folkloristico. È stato piuttosto un avvertimento netto a chi governa la Regione: il mondo agricolo piemontese non può più aspettare. E la politica non può più limitarsi ad ascoltare.

A promuovere la mobilitazione è stata Coldiretti, che ha consegnato alla Regione una piattaforma articolata in dodici richieste precise, costruite sull’esperienza quotidiana delle imprese agricole. Un elenco che fotografa una crisi strutturale fatta di burocrazia soffocante, costi in aumento, mercati instabili, cambiamenti climatici e politiche pubbliche spesso incoerenti.

Tra le priorità indicate ci sono la semplificazione amministrativa, controlli più razionali, il sostegno alle filiere in crisi, strumenti assicurativi adeguati, risposte concrete sul lavoro stagionale, politiche ambientali fondate sull’equilibrio e non sugli slogan, una gestione seria di acqua e suolo, investimenti su irrigazione e invasi, il contrasto alle fitopatie, una gestione efficace della fauna selvatica, una Pac realmente utilizzabile, politiche mirate per la montagna e per le produzioni che tengono vivi i territori interni.

Sul piano politico, la mobilitazione ha trovato il sostegno del Partito Democratico, che da tempo denuncia il rischio di una marginalizzazione dell’agricoltura nelle scelte regionali.

«Quello che arriva oggi dal mondo agricolo piemontese è un messaggio maturo e responsabile», sottolinea Fabio Isnardi. «Gli agricoltori non chiedono privilegi o scorciatoie, ma politiche coerenti e una Regione capace di accompagnare chi lavora la terra in una fase segnata da instabilità dei mercati, cambiamenti climatici e costi crescenti».

Parole che spostano il confronto dal piano dell’emergenza a quello della strategia. Perché, come ricordano dall’opposizione, il settore agricolo non è un comparto residuale ma uno dei pilastri economici e sociali del Piemonte.

«Da tempo – aggiunge Mauro Calderoni – segnaliamo che il Piemonte non può affrontare la crisi industriale, a partire dall’automotive, e le tante vertenze ancora aperte, dimenticandosi dell’altro grande pilastro della nostra economia: l’agricoltura». Il rischio, avverte Calderoni, è sistemico: «Se anche questo settore entra in sofferenza, la perdita non è solo di reddito, ma di lavoro, presidio del territorio e coesione sociale».

Un messaggio che pesa soprattutto in una Regione dove le aree rurali e montane rappresentano una parte decisiva dell’equilibrio territoriale e ambientale.

La protesta di ieri rafforza una richiesta che il centrosinistra porta da tempo in Consiglio regionale: servono atti concreti, scelte chiare e tempi certi su consumo di suolo, politiche energetiche, utilizzo dei fondi europei e regionali, difesa delle produzioni piemontesi sui mercati. Continuare a prendere tempo, avvertono dal Pd, significa lasciare soli gli agricoltori nel momento più delicato.

«Il Piemonte ha bisogno di un’agricoltura forte per reggere le sfide che ha davanti», conclude Isnardi.
«E la Regione – chiude Calderoni – non può più limitarsi ad ascoltare: deve decidere. Perché senza agricoltori non c’è futuro né per l’economia piemontese né per i territori che ogni giorno la tengono in piedi».

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