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Un tumore raro, poche cure e una nuova sfida scientifica: al San Luigi di Orbassano parte uno studio pilota

Il progetto, coordinato da Massimo Terzolo, punta a migliorare prognosi e qualità di vita dei pazienti

Un tumore raro, poche cure e una nuova sfida scientifica: al San Luigi di Orbassano parte uno studio pilota

Un tumore raro, poche cure e una nuova sfida scientifica: al San Luigi di Orbassano parte uno studio pilota

C’è un tumore raro, aggressivo e ancora in parte oscuro che da anni rappresenta una delle sfide più difficili per l’oncologia endocrinologica. È il carcinoma corticosurrenalico (ACC), una neoplasia che colpisce la corteccia delle ghiandole surrenali e che, proprio per la sua rarità, ha sofferto nel tempo di una conoscenza frammentaria e di opzioni terapeutiche limitate. Da Orbassano, però, arriva un tentativo concreto di cambiare le regole del gioco.

All’Azienda ospedaliero-universitaria San Luigi Gonzaga, centro di riferimento internazionale per questa patologia, è stato avviato il progetto “Understanding the natural history of advanced adrenocortical carcinoma: the TRAMACC study”, coordinato da Massimo Terzolo, direttore della struttura di Medicina Interna a indirizzo endocrinologico. L’obiettivo è ambizioso: ricostruire in modo prospettico e sistematico la storia naturale dell’ACC in fase avanzata, creando una piattaforma unica di dati clinici e biologici destinata a diventare una base solida per la ricerca futura.

Il carcinoma corticosurrenalico è una malattia rara, con un’incidenza stimata tra 0,7 e 2 casi per milione di abitanti all’anno. In Italia si registrano poche decine di nuovi casi ogni anno. La rarità è uno dei principali ostacoli: pochi pazienti significano pochi studi prospettici, dati disomogenei e difficoltà nel costruire protocolli terapeutici condivisi. Eppure, la gravità della malattia impone risposte rapide: l’ACC è spesso diagnosticato in fase avanzata e presenta una prognosi severa, con una sopravvivenza a cinque anni che, nei casi metastatici, può scendere sotto il 20%.

A rendere ancora più complesso il quadro è il comportamento biologico del tumore. L’ACC può essere funzionale, producendo ormoni in eccesso — come cortisolo o androgeni — con effetti sistemici pesanti sull’organismo, oppure non funzionale, crescendo in modo silente fino a raggiungere dimensioni rilevanti. In entrambi i casi, la diagnosi precoce è difficile e il margine di intervento chirurgico, che resta l’unica opzione potenzialmente curativa, spesso si riduce drasticamente.

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Nel panorama terapeutico attuale, le armi sono poche. Il farmaco di riferimento è il mitotane, un agente adrenolitico utilizzato da decenni, efficace ma gravato da effetti collaterali importanti e da una finestra terapeutica complessa. Nei casi avanzati viene spesso associato a chemioterapia citotossica, con un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti. Ed è proprio qui che il progetto TRAMACC prova a spostare l’asse.

Lo studio si propone di verificare se, in pazienti selezionati con ACC avanzato, la monoterapia con mitotane possa risultare efficace anche a dosaggi più bassi rispetto a quelli tradizionalmente impiegati, evitando o rimandando il ricorso ai farmaci citotossici classici. L’ipotesi è che una strategia terapeutica più “leggera” possa garantire un miglior equilibrio tra controllo della malattia e tollerabilità, riducendo la tossicità senza compromettere l’efficacia clinica.

Ma TRAMACC non è solo uno studio farmacologico. Il progetto introduce in modo strutturato l’utilizzo della liquid biopsy, una tecnica innovativa che consente di analizzare frammenti di DNA tumorale circolante nel sangue. Questo approccio permette di monitorare l’evoluzione della malattia in modo meno invasivo rispetto alle biopsie tradizionali, offrendo informazioni dinamiche sull’andamento del tumore, sulla risposta alle terapie e sulla comparsa di eventuali meccanismi di resistenza.

La creazione di una piattaforma integrata di dati clinici, biologici e molecolari rappresenta uno degli elementi chiave dello studio. Per una patologia rara come l’ACC, disporre di una banca dati prospettica significa gettare le basi per studi futuri, sia clinici sia preclinici, e per una medicina sempre più personalizzata. Significa, soprattutto, uscire dalla logica dei piccoli numeri e delle esperienze isolate.

Il San Luigi di Orbassano non è nuovo a questo ruolo. Negli anni, il centro si è affermato come punto di riferimento internazionale per il carcinoma corticosurrenalico, contribuendo alla definizione delle linee guida europee e alla costruzione di reti collaborative tra specialisti. Il progetto TRAMACC si inserisce in questa tradizione, ma alza ulteriormente l’asticella, puntando a una comprensione più profonda della malattia nel suo decorso reale, al di fuori dei soli endpoint sperimentali.

In un ambito in cui ogni progresso è lento e complesso, la forza dello studio sta anche nel suo approccio pragmatico: non promette cure miracolose, ma mira a migliorare concretamente la gestione clinica dei pazienti, affinando gli strumenti disponibili e riducendo l’impatto delle terapie più aggressive quando possibile. È una ricerca che parte dalla realtà quotidiana dei reparti e prova a restituire risposte misurabili.

Per i pazienti affetti da carcinoma corticosurrenalico, spesso costretti a convivere con una diagnosi pesante e con percorsi terapeutici duri, ogni passo avanti conta. E per la comunità scientifica, TRAMACC rappresenta un tentativo serio di trasformare una malattia rara da territorio incerto a campo di studio strutturato.

Da Orbassano, dunque, non arriva solo un nuovo progetto di ricerca, ma un messaggio chiaro: anche contro i tumori più rari e difficili, la conoscenza può ancora fare la differenza.

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