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Nove nuovi magistrati a Ivrea, il Tribunale si rafforza ma l’emergenza giustizia resta sul tavolo

Il 18 dicembre la presa di possesso in aula magna: sette togati al Tribunale, due alla Procura. Un segnale atteso, dopo anni di carenze strutturali

La presidente del Tribunale di Ivrea, Antonia Mussa, con il presidente della Corte d'Appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti

La presidente del Tribunale di Ivrea, Antonia Mussa, con il presidente della Corte d'Appello di Torino, Edoardo Barelli InnocentiIl 18 dicembre la presa di possesso in aula magna: sette togati al Trib

Quella che si terrà il 18 dicembre prossimo, nell’aula magna del Tribunale di Ivrea, non sarà una cerimonia come le altre. L’udienza pubblica di presa di possesso dei nove nuovi magistrati assegnati agli uffici giudiziari eporediesi segna un passaggio delicato e, allo stesso tempo, carico di aspettative. Sette prenderanno servizio al Tribunale, due andranno a rafforzare la Procura della Repubblica, da tempo sotto pressione. Un innesto numericamente importante, che arriva dopo anni di segnalazioni, appelli e allarmi lanciati da più livelli istituzionali.

La Presidenza del Tribunale parla apertamente di un momento di “grande rilevanza istituzionale” e di un “importante potenziamento dell’organico”, destinato a rafforzare la capacità operativa e la qualità del servizio giustizia sul territorio. Parole misurate, ma che restituiscono bene il senso di una svolta attesa. Perché a Ivrea l’emergenza non è mai stata nascosta sotto il tappeto: carichi di lavoro fuori scala, organici ridotti all’osso, un circondario vasto e complesso che negli anni è cresciuto senza che le risorse seguissero lo stesso passo.

Non è un miracolo, ma poco ci manca. Quando, lo scorso maggio, si è insediata la nuova presidente del Tribunale, Antonia Mussa, l’arrivo dei nove magistrati era stato annunciato come una boccata d’ossigeno, non come la soluzione definitiva. E così resta. Perché Ivrea, snodo giudiziario strategico per tutto il Piemonte, continua a lavorare in una condizione che molti, senza retorica, definiscono di emergenza strutturale.

Durante quella cerimonia, nel maggio scorso, il quadro era stato tracciato con chiarezza. Luisa Mazzola, componente togato del Consiglio Superiore della Magistratura, non aveva usato giri di parole: «A Ivrea abbiamo il 50% di organico in meno. La situazione è gravissima, da anni. Ma il CSM c’è e ci sarà». Un riconoscimento esplicito della criticità, accompagnato dall’impegno a non lasciare solo un ufficio che per troppo tempo è rimasto ai margini delle scelte nazionali.

L’insediamento di Antonia Mussa aveva rappresentato, già allora, un cambio di passo. Magistrata che Ivrea la conosce bene, Mussa non è arrivata come una figura estranea al territorio. Ha lavorato in diversi Tribunali piemontesi, ha maturato esperienza anche in contesti difficili, ha fatto parte del Consiglio giudiziario. Una presidenza che nasce da una conoscenza diretta delle fragilità dell’ufficio e non da una visione astratta. «È giovane, ma ha un curriculum che vale doppio. È concreta, organizzata, con uno spirito di servizio autentico», aveva sottolineato Mazzola, indicando in lei una guida chiamata a tenere insieme rigore, capacità gestionale e resistenza quotidiana.

Accanto a lei, in quell’occasione, era intervenuto anche il presidente della Corte d’Appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti, che da tempo non nasconde la sua attenzione per Ivrea. Il suo intervento aveva colpito per la franchezza: «Ivrea è il secondo tribunale del Piemonte, ma non ha nemmeno un dirigente amministrativo previsto in pianta organica. È assurdo». Un dato che, più di molti numeri, fotografa lo squilibrio tra il peso reale dell’ufficio e le risorse messe a disposizione.

Barelli Innocenti aveva parlato di una sfida quotidiana, ricordando che guidare un Tribunale come quello eporediese non è una carica onorifica, ma un confronto costante con una realtà che rischia di comprimere il diritto alla giustizia. «La giustizia non può diventare un privilegio per pochi», aveva avvertito, riconoscendo però anche lo spirito di servizio di magistrati e personale amministrativo che, nonostante tutto, tengono in piedi la macchina giudiziaria.

Sul versante della Procura, il quadro non è meno complesso. La procuratrice capo Gabriella Viglione, nel suo intervento di maggio, aveva parlato senza filtri. «Le piante organiche sono ferme a quando questo Tribunale aveva un terzo del circondario attuale. È incommentabile», aveva detto, descrivendo condizioni di lavoro “pesantissime” e una consapevolezza diffusa che, però, troppo spesso non si traduce in decisioni concrete. La Procura di Ivrea, gravata anche da inchieste di grande impatto, come quelle legate a gravi fatti di cronaca e sicurezza sul lavoro, continua a operare con uno dei carichi pro capite più alti d’Italia.

La procuratrice Gabriella Viglione

L’arrivo di due nuovi magistrati in Procura va letto proprio in questo contesto. Un rinforzo necessario, che potrà alleggerire almeno in parte una pressione che negli anni si è fatta insostenibile. Ma la stessa Viglione aveva messo in guardia da facili entusiasmi: «Non abbiamo bisogno di miracoli. Abbiamo bisogno che qualcuno si accorga di noi». Una frase che resta attuale anche oggi, alla vigilia della presa di possesso.

Il 18 dicembre, dunque, sarà una data simbolica. I nove nuovi magistrati rappresentano un segnale concreto, frutto di scelte maturate a livello centrale e attese da tempo sul territorio. Ma sono anche il promemoria di una questione più ampia, che chiama in causa la politica giudiziaria e le scelte strutturali dello Stato. Come era stato detto con chiarezza in primavera, «il lavoro della giustizia non si può fare con metà organico» e non si può continuare a confidare solo nella dedizione personale di chi lavora negli uffici.

Ivrea riparte da qui, da un organico che finalmente si rafforza e da una dirigenza che ha dimostrato di non voler minimizzare i problemi. Ma la strada resta lunga. Senza investimenti stabili, senza una revisione delle piante organiche e senza un serio potenziamento del personale amministrativo, ogni nuovo arrivo rischia di essere solo un argine temporaneo.

La presa di possesso del 18 dicembre non è un punto di arrivo. È un passaggio. Importante, atteso, necessario. Ma perché diventi davvero l’inizio di una nuova fase, serviranno scelte politiche vere, capaci di trasformare un rinforzo numerico in un cambiamento strutturale. Altrimenti, anche nove magistrati in più potrebbero non bastare a colmare un vuoto che Ivrea denuncia da troppo tempo.

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