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Cronaca
13 Dicembre 2025 - 05:53
Letizia Maria Bergallo
1° gennaio 2026. E' questa la data in cui Letizia Maria Bergallo assumerà ufficialmente la direzione della Struttura Complessa Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SPRESAL) dell’ASL TO3. Un incarico di alto profilo, in un momento in cui la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sono tematiche non negoziabili, soprattutto per un territorio industriale come quello piemontese. Dal comunicato ufficiale emerge un quadro istituzionale rassicurante: la nomina è salutata come “un passo importante per rafforzare competenze, coordinamento e cultura della prevenzione” nell’azienda sanitaria torinese orientale. Ma se si scava sotto la superficie di questo annuncio istituzionale, l’ombra di vicende giudiziarie complesse e non risolte accompagna la carriera della manager sanitaria chiamata a guidare uno dei servizi più delicati della sanità pubblica piemontese.
Bergallo non è nuova alla direzione di un SPRESAL: ha guidato infatti la stessa struttura operativa all’interno dell’ASL TO4, con responsabilità operative e tecniche nel controllo dei rischi, delle condizioni di lavoro e degli infortuni nell’area di Ivrea, Chivasso e Ciriè. Il suo profilo professionale, certificato anche dagli organi dell’ASL TO4, parla di una lunga esperienza nella medicina del lavoro e una qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria dal 2011, con ruoli direttivi dal 2017 nel SPRESAL di Ciriè–Chivasso.
Ma proprio la sua permanenza ai vertici dello SPRESAL della TO4 è stata teatro di due scintille giudiziarie che sollevano più di qualche interrogativo sulla tempistica e sulla scelta di rilocalizzarla in un’altra ASL.
È un processo che ha catturato l’attenzione per le sue implicazioni e per la sua potenziale portata sistemica: il processo allo SPRESAL dell’ASL TO4, in corso al Tribunale di Ivrea, riguarda la presunta cattiva gestione di un’inchiesta su un infortunio sul lavoro, quello avvenuto nel 2018 alla OMP di Busano, dove un operaio rimase gravemente ferito a una mano mentre lavorava ad una macchina brocciatrice.
Nel dibattimento emerge un quadro preoccupante: sequestro e smarrimento di reperti e fascicoli che costituiscono corpi di reato, difficoltà croniche nella conservazione delle prove, responsabilità mal definite. È in questo processo che Bergallo figura tra gli imputati, insieme ad altri dirigenti e tecnici del servizio (Gai, Orifici, Reviglione, Gaida, Masseroni), con l’accusa a vario titolo di favoreggiamento, falso e perdita del corpo di reato.
Da queste aule emerge un ritratto non impeccabile dell’apparato di prevenzione e vigilanza: armadi con chiavi distribuite a tutti gli operatori, fascicoli lasciati in registri cartacei fino alla digitalizzazione tardiva, software informatici che fotografano solo ciò che qualcuno decide di inserire. In altre parole, una struttura dove “il sistema informatico può solo riflettere ciò che è stato caricato da qualcuno” — una falla strutturale che, secondo l’accusa, ha favorito la perdita del guanto e dei perni sequestrati alla OMP.
La gestione di reperti giudiziari avrebbe dovuto essere procedurale e tracciata, ma la ricostruzione processuale fa emergere l’esatto opposto: un sistema fragile, dove la fiducia reciproca ha finito per sostituire procedure chiare.
Parallelamente al processo SPRESAL, un’altra indagine aperta dalla Procura di Ivrea, coordinata dai pm Valentina Bossi e Alessandro Gallo, ha messo sotto ai riflettori la gestione interna dell’ASL TO4: concorso truccati, favoritismi e una rete di relazioni che avrebbe pilotato assunzioni e promozioni.
Si tratta di un fascicolo che ha portato alla chiusura delle indagini preliminari nei confronti di 38 persone tra dirigenti, medici e funzionari, con accuse che spaziano dalla rivelazione di segreti d’ufficio alla turbativa d’asta e alla corruzione. Nel mirino degli inquirenti, secondo le cronache giudiziarie, vi sarebbero state procedure concorsuali in cui le domande (o addirittura le risposte) sarebbero state anticipate ad alcuni candidati, facilitando vincite predeterminate, in un clima di favoritismi che ha toccato varie funzioni e reparti dell’azienda sanitaria. In questo contesto, anche Bergallo figura tra gli indagati.
Ed è qui che la nomina dell’ASL TO3 assume i contorni di una narrazione che non si esaurisce nel puro ricambio di leadership tecnica.
Si apre infatti una discussione istituzionale e politica: come si concilia il trasferimento di una figura coinvolta in procedimenti giudiziari — non ancora conclusi — con l’assegnazione di un posto direttivo in un altro ente sanitario e nello stesso ruolo? È una domanda che riguarda non solo Bergallo ma la credibilità complessiva dell’apparato sanitario regionale e il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.

Ll’ASL TO3 — nel comunicato diffuso — sottolineano «l’esperienza e la visione» di Bergallo e la necessità di consolidare la cultura della sicurezza sul lavoro nel nuovo incarico. Tuttavia, la tempistica di questa nomina coincide con un periodo in cui le sue posizioni giudiziarie non sono ancora completamente chiarite, sollevando inevitabilmente polemiche, riflessioni di ordine etico e domande sulla governance delle grandi strutture pubbliche.
Se il sistema sanitario deve tutelare i lavoratori, prevenire infortuni e intervenire con rigore sulle condizioni di sicurezza negli ambienti di lavoro, allora è lecito chiedersi quale significato istituzionale assuma la nomina di una figura chiamata a guidare proprio quelle funzioni mentre è coinvolta in un processo che tocca direttamente la gestione di tali attività.
Dalla perdita di fascicoli a Ivrea all'inchiesta su appalti e concorsi truccati, il mosaico giudiziario delle ASL piemontesi pone interrogativi di trasparenza, responsabilità e controllo interno che vanno ben oltre le singole persone. E mentre Bergallo esce da una porta (o da un incarico segnato da inchieste e processo), rientra da una finestra istituzionale diversa.
C’è però un ulteriore elemento che merita di essere messo sul tavolo, proprio nell’interesse della stessa Bergallo. Al di là delle valutazioni di merito che spettano esclusivamente ai giudici, viene spontaneo chiedersi se non sarebbe stato più opportuno — sul piano istituzionale e dell’opportunità amministrativa — attendere la conclusione del processo SPRESAL e dell’inchiesta sui concorsi truccati prima di procedere a una nuova nomina apicale. Non perché una persona indagata o imputata debba essere automaticamente esclusa da incarichi pubblici, principio che nel nostro ordinamento non esiste e non può essere messo in discussione, ma perché un ruolo così esposto, così delicato e così simbolico rischia di sovrapporsi in modo inevitabile alle vicende giudiziarie ancora pendenti.
Un’attesa, magari accompagnata da un incarico diverso, meno esposto e meno direttamente collegato alle materie oggetto di contestazione, avrebbe probabilmente tutelato tutti: l’azienda sanitaria, chiamata a preservare la propria credibilità; l’istituzione regionale, che governa nomine e percorsi dirigenziali; ma anche la stessa Bergallo, che avrebbe potuto affrontare il percorso giudiziario senza l’inevitabile sovraccarico mediatico e simbolico che accompagna un passaggio immediato alla guida di un altro SPRESAL. In altre parole, la domanda non è se la nomina sia legittima — perché formalmente lo è — ma se sia stata la scelta più prudente, più equilibrata e più rispettosa di un principio spesso invocato e raramente praticato: quello della distinzione netta tra accertamento giudiziario e opportunità amministrativa.
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