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Ex Ilva di Novi Ligure: la Cgil porta lo sciopero generale nel luogo simbolo della crisi industriale piemontese

Dal polo siderurgico al Cuneese, tra cassa integrazione e salari in affanno: i sindacati leggono nella piazza i segnali di un sistema che scricchiola

Ex Ilva di Novi Ligure: la Cgil porta lo sciopero generale nel luogo simbolo della crisi industriale piemontese

Ex Ilva di Novi Ligure: la Cgil porta lo sciopero generale nel luogo simbolo della crisi industriale piemontese (immagine di repertorio)

La crisi industriale piemontese scende in piazza e sceglie Novi Ligure come luogo simbolo. Davanti allo stabilimento ex Ilva, la Cgil ha concentrato il corteo provinciale dello sciopero generale contro la manovra del governo, portando al centro della mobilitazione una vertenza che da anni rappresenta uno snodo delicato per occupazione, salari e tenuta sociale del territorio. Una scelta tutt’altro che casuale, che lega la protesta nazionale a uno dei nodi industriali più sensibili del Nord-Ovest.

La manifestazione di Novi Ligure si inserisce nel quadro delle mobilitazioni che, nella stessa giornata, hanno attraversato tutte le province piemontesi. Qui, però, il tema del lavoro assume un peso specifico diverso: l’ex Ilva è da tempo una cartina di tornasole delle difficoltà strutturali del sistema industriale regionale, tra incertezze produttive, ammortizzatori sociali e prospettive occupazionali fragili.

Dal palco allestito in città è intervenuta Barbara Tibaldi, componente della segreteria nazionale Fiom, che ha legato la situazione dello stabilimento al quadro economico più ampio. «L’ex Ilva a Novi, Stellantis a Torino, i supermercati vuoti alla quarta settimana del mese sono la testimonianza che serve cambiare. Non lasceremo chiudere l’ex Ilva, come non lasceremo affamare e scappare, di conseguenza, i giovani del nostro Paese», ha dichiarato, indicando una linea di continuità tra crisi industriale, potere d’acquisto e futuro delle nuove generazioni.

La giornata di sciopero ha visto una partecipazione diffusa anche nel resto del Piemonte. A Vercelli hanno sfilato circa trecento persone, a Novara seicento manifestanti, con una presenza significativa dal Vco. A Cuneo, oltre trecento persone hanno dato vita a un corteo accompagnato da un albero di Natale simbolico, addobbato con i “pacchi” del governo. Un’immagine che, secondo il segretario provinciale Piertomaso Bergesio, riassume «promesse non mantenute, annunci fatti in campagna elettorale poi smentiti dagli anni di governo e una generale incapacità di leggere il futuro».

A Novi Ligure era presente anche il segretario regionale della Cgil Piemonte, Giorgio Airaudo, che ha acceso un riflettore su un dato considerato particolarmente preoccupante. «Quest’anno, per la prima volta, anche la provincia di Cuneo è stata travolta dalla cassa integrazione. È un segnale d’allarme per tutto il Piemonte: se si ferma anche il Cuneese, significa che la crisi è generalizzata», ha spiegato, allargando lo sguardo oltre le singole vertenze.

Il messaggio che arriva dalle piazze piemontesi è netto: la protesta non riguarda solo una legge di bilancio giudicata iniqua, ma un modello di sviluppo che mostra crepe sempre più evidenti. Dall’ex Ilva di Novi Ligure alle grandi filiere industriali torinesi, fino ai territori tradizionalmente più solidi come il Cuneese, lo sciopero generale ha messo in fila le stesse parole chiave: salari, cassa integrazione, prospettive industriali, servizi pubblici. Un quadro che, al di là dei numeri della partecipazione, racconta un Piemonte attraversato da inquietudini profonde e da una domanda di risposte che, secondo il sindacato, resta ancora senza interlocutori concreti.

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