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Meloni vs Schlein, sfida ad Atreju e guerra sulla legge elettorale: maggioranza nel caos

Donzelli rimanda la palla alla premier, Fazzolari accelera sul premierato mentre Salvini e Tajani si sfilano

Schlein sfida Meloni ad Atreju mentre la destra litiga sulla nuova legge elettorale e sul premierato

Schlein sfida Meloni ad Atreju mentre la destra litiga sulla nuova legge elettorale e sul premierato

La partita politica si infiamma sul terreno più sensibile: la legge elettorale e il premierato. Dopo le regionali, il governo riallinea le priorità e punta a riformare il Rosatellum all’insegna della “stabilità”, ma il percorso appare tutt’altro che lineare. Da un lato l’opposizione alza barricate; dall’altro, nella maggioranza, ogni partito prepara i propri paletti. E intanto la segretaria del Pd, Elly Schlein, accetta l’invito ad Atreju lanciando una sfida diretta alla premier Giorgia Meloni: il confronto sì, ma solo se sarà faccia a faccia. A fare da tramite è Giovanni Donzelli, che chiarisce: «Le porterò questa proposta e deciderà lei. L’unica cosa che ci interessa è non mancare di rispetto agli altri leader dei partiti di opposizione che hanno dato disponibilità senza porre alcuna condizione».

GIOVANNI DONZELLI

Sul fronte della riforma elettorale, il sottosegretario all’Attuazione del Programma Giovanbattista Fazzolari rilancia un’architettura modellata sui sistemi per sindaci e Regioni: un proporzionale con indicazione del presidente del Consiglio e un premio di maggioranza al 55% a chi supera il 40% dei voti. Una legge che, nelle intenzioni, sarebbe “già adatta al premierato”. Ma prima bisognerà convincere gli alleati. Matteo Salvini ribadisce la sua scarsa inclinazione al tema e potrebbe opporsi all’abolizione dei collegi uninominali; Antonio Tajani non guarda con favore all’idea del nome del premier stampato direttamente sulla scheda.

A complicare il quadro c’è il rischio di stallo evocato dal presidente del Senato Ignazio La Russa, secondo cui con l’attuale legge «c’è il rischio di un pareggio quanto meno al Senato», con scenari di blocco istituzionale e governi tecnici. Lo stesso La Russa auspica una riforma “bipartisan”, ma i tempi non sono infiniti, soprattutto alla luce del principio della Commissione di Venezia, richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nel ricorso presentato da Mario Staderini: le modifiche alle leggi elettorali poco prima delle elezioni “dovrebbero essere evitate”. Il parere della Cedu, atteso a breve, potrebbe pesare sul calendario della maggioranza.

IGNAZIO LA RUSSA

Poi c’è il premierato, terreno di scontro permanente. Fazzolari, pur consapevole della complessità della riforma, dichiara che «l’iter parlamentare sarà completato» e che nella prossima legislatura potrebbe arrivare il referendum. Dall’opposizione, la capogruppo Pd alla Camera Chiara Braga accusa: «Gli effetti delle regionali arrivano in Parlamento. Fratelli d’Italia rivendica la leadership e torna a riproporre il premierato. L’opposizione sarà dura». Una critica rivolta al documento programmatico inviato ai gruppi parlamentari, che prevede l’arrivo della riforma in Aula a gennaio. Replica secca dei meloniani, che definiscono infondate le accuse e ricordano che il premierato era già previsto nella programmazione di settembre. Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI, taglia corto: «Andrà in Aula a gennaio? Non credo proprio».

Sul piano elettorale, un’analisi di YouTrend mette in luce che nelle ultime sei regioni al voto — Marche, Calabria, Veneto, Toscana, Campania e Puglia — il centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e liste civiche) ha raccolto 3.564.232 voti, pari al 46,8%. Il campo largo è avanti con 3.783.398 voti (49,7%). Ma rispetto alle politiche negli stessi territori, la coalizione guidata da Meloni cresce: dal 42,7% al dato attuale, mentre il campo largo passa dal 51,4% al 49,7%.

In questo intreccio di numeri, sfide e paletti, la battaglia sulla legge elettorale appare destinata a diventare il terreno caldo della stagione politica, mentre il premierato rimane la cornice entro cui maggioranza e opposizioni continueranno a misurare la loro idea di futuro istituzionale.

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