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“Troverò la libertà”. A Fiano una serata di verità, coraggio e consapevolezza

Testimonianze, dati, parole forti e una lezione imprescindibile: la violenza di genere non è un destino, è un sistema che si può e si deve spezzare

“Troverò la libertà”. A Fiano una serata di verità, coraggio e consapevolezza

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne non è una ricorrenza qualunque. È un richiamo, ogni anno più urgente, a guardare in faccia una realtà che continua a ferire, uccidere, distruggere. E a Fiano, domenica 23 novembre, quel richiamo ha preso forma al Teatro Medici del Vascello, trasformato per una sera in un luogo di ascolto, memoria e responsabilità collettiva.

L’iniziativa, intitolata “Troverò la libertà”, è stata organizzata dalle Volontarie dello Sportello “Insieme per te” della Croce Rossa, con il contributo della Biblioteca Comunale, della dott.ssa Giuseppina Poppa (Area Emergenza – Pronto Soccorso Sant’Anna di Torino), della psicologa e psicoterapeuta Chiara Ballarini, dell’avvocato Matilde Chiadò e di Meri Marchegiani Fenoglio, presidente del club Inner Wheel Ciriè e Valli di Lanzo. A condurre l’incontro il giornalista Matteo Locatelli, che ha tessuto i vari contributi in un’unica trama coerente e coinvolgente.

La serata ha affrontato, con un linguaggio chiaro e diretto, ciò che troppo spesso resta sommerso: gli stereotipi, le false credenze, le omissioni istituzionali e culturali che per secoli hanno alimentato e continuano ad alimentare la violenza contro le donne.

Uno dei momenti più intensi è stato quello dedicato alla distruzione dei pregiudizi più diffusi. Una slide proiettata sul palco ricordava tutto ciò che “si crede” riguardo alla violenza sulle donne.
Si pensa che riguardi solo classi sociali svantaggiate, coppie in difficoltà economica o contesti culturalmente arretrati.
Si crede che gli uomini maltrattanti siano quasi sempre alcolisti o tossicodipendenti, vittime di raptus improvvisi o di violenze subite nell’infanzia.
Si immagina che la violenza domestica sia una questione privata, chiusa tra le mura di casa.
E, ancora peggio, che le donne che subiscono violenza siano “fragili”, “dipendenti”, “in qualche modo responsabili”.
E infine sopravvive quella convinzione tossica secondo cui “i figli hanno bisogno del padre, anche se è violento”.

Miti duri a morire, che non raccontano la verità. E la verità è arrivata subito dopo, nella seconda slide: la violenza colpisce le donne di ogni età, estrazione sociale, livello culturale, religione, nazionalità. E viene agita da uomini delle stesse categorie.
Non esiste un profilo-tipo del maltrattante, né una “categoria” di donne più a rischio: esiste un sistema di potere, disuguaglianza e controllo che attraversa tutte le società, in ogni fascia sociale.

Le relatrici hanno poi ripercorso i principali passaggi internazionali nella tutela dei diritti delle donne. Un percorso sorprendentemente recente.
Dal 1946, quando l’ONU costituì la Commissione per lo status delle donne, alla CEDAW del 1979, la Convenzione che per la prima volta riconobbe i diritti delle donne come diritti umani.
Poi il 1981, con l’abolizione del delitto d’onore nel codice penale italiano.
La Conferenza Mondiale di Pechino del 1995, spartiacque nella definizione globale del concetto di parità e nei diritti femminili.
E la fondamentale Convenzione di Istanbul del 2011, che parla di violenza di genere non come fatto privato, ma come violazione sistemica dei diritti umani.

Il pubblico ha ascoltato in silenzio, consapevole che non si tratta di storia lontana: molti di questi diritti, fino a pochi decenni fa, non esistevano.

Un’altra slide riportava la definizione ufficiale delle Nazioni Unite del 1993:
“Ogni atto di violenza fondato sul genere che comporti o possa comportare per la donna danno o sofferenza fisica, psicologica o sessuale, includendo la minaccia di tali atti, coercizione o privazione arbitraria della libertà, che avvengano nel contesto della vita pubblica o privata.”
Poche righe che dicono l’essenziale: la violenza non è solo botte. È controllo, isolamento, minaccia, umiliazione, coercizione. È la gabbia invisibile in cui tante donne vengono rinchiuse molto prima – e molto più spesso – della violenza fisica.

Gli interventi delle professioniste hanno permesso di intrecciare i vari livelli del tema.
La dott.ssa Giuseppina Poppa ha raccontato la realtà dei pronto soccorso, dove ogni anno arrivano donne ferite non solo nel corpo ma nella dignità, spesso incapaci di chiedere aiuto per paura, vergogna o dipendenza economica.
La psicologa Chiara Ballarini ha analizzato i meccanismi psicologici che trattengono le vittime nelle relazioni violente: la ciclicità della violenza, il legame traumatico, la manipolazione emotiva.
L’avvocato Matilde Chiadò ha illustrato invece gli strumenti giuridici a tutela delle vittime, evidenziando i limiti ancora presenti e la complessità del percorso legale.
Infine, Meri Marchegiani Fenoglio ha ricordato il ruolo del volontariato e delle reti femminili nella prevenzione e nel sostegno quotidiano.

Il presidente della Croce Rossa di Fiano, Marco Filipozzi, ha concluso l’evento con un ringraziamento sentito alle volontarie dello Sportello “Insieme per te”, consegnando un omaggio floreale a Renata Grosa, figura storica del progetto.
Un gesto semplice ma significativo: dietro ogni numero, ogni statistica, ci sono persone – soprattutto volontarie – che da anni ascoltano, accompagnano, proteggono.

A ricordarlo è stato lo stesso Filipozzi:
lo Sportello Donna è attivo 24 ore su 24, raggiungibile al numero 335 7633595 e all’indirizzo sportellodonnainsiemeperte@gmail.com
Un presidio fondamentale in un territorio che, come tutti, non è affatto immune alla violenza domestica.

Ha collaborato Milena Brazil

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