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Ex Ilva, sciopero nel Cuneese: gli operai bloccano la statale 20

Produzione ferma e futuro incerto: appena tre addetti ammessi alla riqualificazione, tensione crescente nel Cuneese

Ex Ilva, sciopero nel Cuneese: gli operai bloccano la statale 20

Ex Ilva, sciopero nel Cuneese: gli operai bloccano la statale 20 (immagine di repertorio)

La mattina di oggi si è aperta con un gesto simbolico ma eloquente: pochi minuti prima delle nove, i lavoratori dell’ex Ilva di Racconigi hanno attraversato la statale 20 e l’hanno bloccata per circa mezz’ora, davanti ai cancelli dello stabilimento. Una protesta compatta, alimentata dalla frustrazione per una nuova fase di cassa integrazione che ha fermato completamente la produzione e ridotto la presenza di personale a meno di cento addetti. In un territorio che da anni attende un piano industriale stabile e credibile, la mossa di Acciaierie d’Italia ha riacceso un malessere mai sopito e ha riportato i lavoratori in strada, in linea con le mobilitazioni che stanno attraversando tutti i siti ex Ilva sparsi per il Paese.

Il presidio si è trasformato rapidamente in uno sfogo collettivo, con il rumore del traffico interrotto per qualche minuto a fare da contrappunto alla crescente preoccupazione. Sul piazzale, gli operai spiegano come lo stabilimento di Racconigi viva ormai da tempo in una sorta di sospensione permanente, tra annunci, ripartenze parziali e rallentamenti continui. La nuova decisione aziendale di avviare la cassa integrazione ha congelato ancora una volta le lavorazioni interne, creando un clima di smarrimento che pesa soprattutto su chi vede il proprio futuro professionale scivolare tra incertezze e continui rinvii.

Tra i presenti anche il consigliere regionale del Partito Democratico Mauro Calderoni, che non nasconde la sua indignazione. «Solo tre dipendenti su 85 sono stati ammessi ai percorsi di riqualificazione professionale e nessuno tra quelli in cassa integrazione. È una beffa per un territorio che da anni attende un piano industriale credibile», afferma ai margini della protesta. È una denuncia che, nel coro delle voci raccolte all’esterno dello stabilimento, trova riscontro immediato: il percorso di riconversione promesso da tempo, secondo i lavoratori, resta lontano e privo di risultati tangibili. E la sensazione diffusa è che le politiche occupazionali si stiano sgretolando proprio nei reparti che avrebbero più bisogno di una strategia chiara.

Le proteste di oggi si inseriscono in un quadro nazionale che vede l’ex Ilva attraversare una delle fasi più delicate della propria storia recente. Gli stabilimenti del gruppo stanno vivendo un progressivo depotenziamento, spesso accompagnato da strumenti emergenziali come la cassa integrazione, mentre le ricadute sociali sulle comunità locali diventano sempre più evidenti. A Racconigi, dove le produzioni sono sempre state un elemento importante dell’economia territoriale, la situazione appare ancora più complessa: tra i lavoratori cresce il timore che lo stop attuale sia solo il preludio a un ridimensionamento più profondo, difficilmente recuperabile senza un intervento strutturale.

Il blocco della statale è stato breve, gestito senza tensioni e subito risolto con la collaborazione delle forze dell’ordine, ma il messaggio lanciato dai lavoratori è forte e diretto. La ripartenza del traffico ha riportato la normalità lungo la 20, ma non ha sciolto i nodi che soffocano lo stabilimento. La protesta riprende il filo di mobilitazioni già viste negli anni scorsi, segno che la vertenza ex Ilva continua a essere un terreno irrisolto, sospeso tra industrializzazione da rilanciare, promesse mai pienamente mantenute e una forza lavoro che chiede risposte concrete e non più procrastinabili.

In questo scenario, il presidio di oggi diventa più di un episodio locale: è la fotografia nitida di una comunità di lavoratori che non vuole rassegnarsi, che reclama dignità e prospettive, e che chiede che la politica e l’azienda si assumano finalmente la responsabilità di dire quale sarà il futuro dello stabilimento di Racconigi. Per ora, l’unica certezza è l’ennesima giornata di protesta e la sensazione diffusa che il tempo stia scadendo.

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