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22 Novembre 2025 - 15:07
Italia, 22/11/2025 – Al termine della COP30, le acque dei fiumi, mari, laghi e fontane di 10 città italiane sono state tinte temporaneamente di verde da Extinction Rebellion, tramite l’utilizzo di fluoresceina, un sale innocuo regolarmente utilizzato nei fiumi e nei mari. Con lo slogan “Fermare l’Ecocidio”, il movimento denuncia le “politiche ecocide” del Governo Italiano e punta i riflettori sugli enormi effetti del clima al collasso, aggravati da un crescente stato di degrado, inquinamento e contaminazione che colpisce numerose aree del Paese.
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Negli ultimi giorni della COP30 a Belèm in Brasile, le acque di 10 città italiane sono state temporaneamente tinte di verde da Extinction Rebellion. Una protesta dal forte impatto visivo, realizzata tramite l’utilizzo di fluoresceina, un sale sodico totalmente innocuo, regolarmente usato per monitorare i flussi idrici nei fiumi dagli speleologi o dai subacquei in mare. Con lo slogan “Fermare l’ecocidio”, decine di persone sono scese in piazza in tutta Italia per denunciare le “politiche ecocide” del Governo Italiano e rendere visibili i luoghi in cui queste stanno già producendo danni concreti. In alcune città sono stati infatti tinti di verde i fiumi, come il Po in secca ai Murazzi di Torino, il Reno nel Canale delle Moline a Bologna, la Darsena ai Navigli a Milano, il torrente Parma a Parma e il fiume Tara a Taranto, pesantemente contaminato dall’ex ILVA e adesso minacciato dal nuovo dissalatore. Mentre in altre città si è trattato di acque di mare, come le acque del Canal Grande di Venezia – dove era presenta anche Greta Thunberg – e di Trieste, e dell’antico porto de La Cala a Palermo. In città come Padova e Genova sono state tinte di verde le acque della fontana in Prato della Valle e in Piazza De Ferrari. A Venezia le forze dell’ordine sono intervenute identificando diverse persone presenti e sequestrando strumenti musicali e lo striscione che era stato esposto.
«Si sta concludendo il più importante summit globale per definire accordi politici internazionali volti a contrastare il collasso climatico e sociale, e anche questo anno l’Italia è stata tra i Paesi che hanno maggiormente ostacolato le misure più ambiziose» commenta Paola da Venezia. Nei giorni scorsi, alla COP30 di Belém era stata infatti presentata una prima bozza di accordo che includeva l’uscita dai combustibili fossili, sostenuta da 82 delegazioni, ma che ha visto tra le altre l’opposizione dell’Italia e della Polonia. Per ottenere l’adesione anche di questi due Paesi è stato necessario riformulare il testo con una proposta più debole dell’UE, poi ulteriormente ridimensionata in una bozza circolata nella notte di venerdì 21, che ha seminato lo sconcerto: l’abbandono dalle fonti fossili era infatti uscito dal testo. Il risultato è un compromesso che molti osservatori giudicano insufficiente e decisamente tardivo rispetto a quanto la comunità scientifica considera indispensabile a contenere il riscaldamento globale e proteggere miliardi di persone dagli impatti più gravi della crisi climatica.
«Tingiamo quindi simbolicamente di verde le acque di tutta Italia, molte delle quali giornalmente contaminate dalle industrie sostenute dal nostro stesso governo, perché questo è il mondo verso cui ci stanno trascinando le attuali politiche climatiche» commenta Selene dalla riva del fiume Tara, a Taranto. Le proiezioni internazionali confermano infatti che le attuali politiche dei governi porterebbero a un aumento medio delle temperature globali di 2,6°C entro fine secolo, un livello che – come ha ricordato anche il segretario generale dell’ONU Antònio Guterres – aumenterebbe drasticamente il rischio di superare diversi punti di non ritorno climatici e renderebbe intere zone inabitabili, costringendo miliardi di persone a migrare. «Un mondo a 2.6 °C significa un disastro globale. Significa acidificazione dei nostri mari, perdita delle barriere coralline, deterioramento a lungo termine delle calotte glaciali e la conversione della foresta pluviale amazzonica in una savana. Significa siccità, monsoni, calore e umidità letali, con conseguenti crolli dell’agricoltura e dei nostri stessi mezzi di sussistenza. Significa miliardi di persone costrette a lasciare le loro terre».
L’Italia, in questo scenario, gioca un ruolo chiave. È infatti oggi il sesto paese al mondo per investimenti in combustibili fossili, con un piano energetico nazionale legato al gas in Africa (il Piano Mattei) e che ha recentemente dato il via libera a 34 nuove licenze per nuove trivelle.
Due anni fa, alla fine della COP28 a Dubai, Extinction Rebellion aveva colorato di verde i fiumi e i mari di cinque città italiane per dire al mondo che “mentre i governi continuavano a parlare, il mondo stava andando incontro al collasso climatico”. Sono passati due anni, il pianeta ha raggiunto nuovi record di temperatura, nuovi eventi climatici estremi hanno causato altre vittime e generato danni incalcolabili su tutto il territorio. Di fronte a tutto questo, il movimento è tornato in azione raddoppiando il numero delle città coinvolte: dalle 5 città del 2023 si è passati alle 10 di oggi. «Mentre il governo italiano e la lobby del fossile hanno contribuito a sabotare l’ennesima occasione per invertire la rotta e si apprestano ad approvare una nuova finanziaria di guerra, quelle acque verdi continuano a diffondersi in tutto il Paese» afferma Bianca da Torino. «È il momento di fermare l’ecocidio e pretendere scelte politiche coraggiose, che siano finalmente all’altezza della più grande crisi che l’umanità abbia mai affrontato e capaci di proteggere la vita e i diritti di ogni essere vivente sulla Terra».
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