Cerca

Salute

Guarire dal tumore del retto senza intervento: lo studio italiano che cambia il futuro della cura oncologica

Una remissione completa nel 25% dei casi grazie a terapie mirate e biopsia liquida: cosa significa per i pazienti, come funziona e qual è la reale diffusione del tumore in Italia

Guarire dal tumore

Guarire dal tumore del retto senza intervento: lo studio italiano che cambia il futuro della cura oncologica

Il tumore del retto, una delle neoplasie più diffuse del nostro Paese, potrebbe non richiedere più necessariamente un intervento chirurgico. È la conclusione, sorprendente e rivoluzionaria, di uno studio italiano pubblicato su The Lancet Oncology che apre una strada completamente nuova nella cura oncologica. Per la prima volta è stato dimostrato che un paziente su quattro può evitare il bisturi, a condizione che la terapia preoperatoria elimini completamente il tumore. Una possibilità concreta grazie a una tecnica diagnostica sempre più avanzata: la biopsia liquida, l’analisi del DNA tumorale circolante nel sangue.

Lo studio è stato coordinato dall’Ospedale Niguarda e dall’Università di Milano con il contributo di una rete di istituti di eccellenza: l’Istituto Europeo di Oncologia, l’Istituto Mario Negri, l’Istituto Oncologico Veneto, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’Ospedale S. Antonio dell’Università di Padova, l’Istituto di Candiolo e le Università di Padova e Torino. Una collaborazione nazionale di primissimo livello che ha coinvolto 180 pazienti affetti da tumore del retto localmente avanzato ma non metastatico. Tutti sono stati sottoposti a un percorso terapeutico composto da quattro cicli di terapia oncologica seguiti da radioterapia e chemioterapia. Al termine del trattamento, in circa il 25% dei casi, il tumore è completamente scomparso, documentato sia radiologicamente sia attraverso la biopsia liquida.

Il dato, già straordinario di per sé, ha un impatto clinico enorme. Nei pazienti in cui il tumore non è più rilevabile, la chirurgia – tradizionalmente considerata il cardine della cura – può essere sostituita da un'attenta sorveglianza clinica. Non è un semplice alleggerimento del percorso terapeutico: significa evitare un intervento che, pur eseguito con tecniche sempre più raffinate, comporta rischi e possibili conseguenze permanenti sulla continenza, sulla funzione intestinale e sulla qualità della vita. Per chi vive con un tumore del retto, la possibilità di guarire senza incisioni, stomie temporanee o definitive e lunghi periodi di recupero rappresenta un cambiamento epocale.

A spiegare la portata della scoperta è Salvatore Siena, coordinatore del gruppo di ricerca, che parla di un progresso significativo e di una pietra miliare dell’oncologia moderna. Secondo Siena, quando la terapia elimina del tutto la malattia, la chirurgia non è più necessaria e può lasciare spazio a un follow-up rigoroso. È un ribaltamento della logica tradizionale, che imponeva l’intervento come standard per tutti i pazienti. Ora la cura diventa selettiva, personalizzata, più vicina ai reali bisogni clinici di ciascuna persona.

Il ruolo della biopsia liquida è centrale. Attraverso un semplice prelievo di sangue è possibile analizzare il DNA rilasciato dalle cellule tumorali e capire se sono ancora presenti focolai maligni nell’organismo. È una tecnologia che permette di fotografare la risposta alla terapia in modo molto più preciso rispetto alle sole immagini radiologiche. Nello studio ha consentito di distinguere i pazienti che avevano realmente ottenuto una remissione completa da quelli che, pur mostrando una riduzione alla TAC o alla risonanza, conservavano tracce di malattia. La biopsia liquida, in altre parole, non sostituisce la chirurgia: indica quando è possibile evitarla in sicurezza.

Tumore del retto

Per comprendere la portata di questo risultato è utile ricordare cos’è il tumore del colon-retto, perché insorge e come si manifesta. Si tratta di una neoplasia che colpisce l’ultimo tratto dell’intestino. È una patologia in parte influenzata dallo stile di vita: dieta povera di fibre, consumo eccessivo di carni rosse e insaccati, abuso di alcol, fumo e sedentarietà aumentano il rischio. I sintomi non sono sempre immediatamente riconoscibili. Il sanguinamento nelle feci può essere scambiato per emorroidi, le alterazioni dell’alvo attribuite allo stress, l’anemia trascurata per mesi. In molti casi la diagnosi arriva tardi, quando il tumore ha già iniziato a diffondersi localmente.

L’incidenza è rilevante: in Italia si registrano ogni anno circa 14.000 nuovi casi di tumore del retto e circa 50.000 considerando l’intero colon-retto. Si tratta della seconda neoplasia più frequente sia negli uomini che nelle donne e provoca, da sola, circa 5.000 decessi annuali. La diffusione è tale che lo screening tramite ricerca del sangue occulto e colonscopia resta uno degli strumenti più efficaci per individuare la malattia in fase precoce, quando le possibilità di cura sono molto elevate.

A fronte di questi numeri, poter evitare la chirurgia quando è possibile ha un valore che va ben oltre la tecnica. Significa ridurre l’impatto psicologico della malattia, limitare le complicanze e migliorare la qualità di vita. L’intervento chirurgico sul retto, pur essendo oggi eseguito con laparoscopia e tecniche mininvasive, può comportare alterazioni significative delle funzioni intestinali. Non è raro che alcune persone siano costrette a convivere con una stomia temporanea o permanente, con inevitabili conseguenze emotive e pratiche. Lo studio italiano mostra che questa strada non è più inevitabile per tutti.

Il modello proposto dai ricercatori introduce una cura su misura. I pazienti che non rispondono alle terapie preoperatorie non vengono esposti inutilmente a mesi di trattamenti inefficaci, ma vengono indirizzati subito alla chirurgia, migliorando l’efficacia complessiva del percorso terapeutico. Al contrario, chi risponde completamente può evitare l’operazione e vivere sotto sorveglianza attenta. Il follow-up – composto da esami clinici frequenti, imaging e nuove biopsie liquide – permette di intercettare tempestivamente eventuali segni di recidiva.

Lo studio segna un passaggio fondamentale nella medicina di precisione. La possibilità di adattare la cura al profilo biologico della malattia e non solo alle sue dimensioni radiologiche offre una nuova prospettiva terapeutica. Non è un traguardo isolato, ma l’inizio di un cambiamento più ampio nella gestione dei tumori del tratto gastrointestinale. È probabile che nei prossimi anni nuove terapie, nuove tecnologie e protocolli sempre più raffinati renderanno questa strategia ancora più sicura ed efficace.

La ricerca italiana indica una direzione chiara: meno interventi quando non necessari, più analisi, più precisione, più attenzione al benessere complessivo dei pazienti. Non una cura più “leggera”, ma una cura più intelligente. L’obiettivo, oggi come ieri, è lo stesso: guarire. Farlo meglio, però, diventa finalmente possibile.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori