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Cronaca

Chivasso piange per la morte di Gianluca Bocca: lo storico macellaio che trasformò una vita di dolore in un impegno straordinario per gli altri

Fondatore dell’Angelo Biondo Onlus e simbolo di solidarietà, è stato stroncato da un malore in casa: inutili i soccorsi, si spegne a 57 anni

Lutto nel chivassese: addio a Gianluca Bocca, volto del volontariato e storico macellaio

Lutto nel chivassese: addio a Gianluca Bocca, volto del volontariato e storico macellaio

Una notizia che nessuno avrebbe voluto leggere ha scosso profondamente il chivassese: la morte improvvisa di Gianluca Bocca, classe 1967, storico macellaio di Casabianca di Verolengo e anima dell’associazione Angelo Biondo Onlus, fondata in memoria del figlio Stefano, scomparso qualche anno fa.

Un malore fulminante lo ha colpito nel primo pomeriggio di domenica 23 novembre, all’interno della sua abitazione. La moglie, Laura Salvetti, che con lui ha condiviso ogni battaglia e ogni progetto nel sociale, ha lanciato immediatamente l’allarme. Sul posto è arrivata un’ambulanza medicalizzata della Croce Rossa di Chivasso, ma ogni tentativo dei sanitari del 118 si è rivelato inutile.

Per il territorio, per chi lo conosceva, per chi con lui aveva collaborato negli anni, si tratta di una perdita che brucia. Perché Gianluca Bocca non era solo un commerciante conosciuto e stimato, ma un uomo che aveva saputo trasformare una vita segnata da sofferenze, lutti e paure in un percorso quotidiano di aiuto concreto agli altri.

La sua storia lo racconta meglio di qualunque etichetta. Fin da bambino si era trovato a fare i conti con una malattia gravissima: «La mia vita è stata complicata fin dagli inizi, infatti a soli due anni mi hanno diagnosticato un tumore all’occhio», raccontava. L’infanzia trascorsa tra controlli, ospedali e quella “campana di vetro” che i genitori gli avevano costruito attorno per proteggerlo aveva lasciato il segno. «La mia menomazione ha influito parecchio sulla mia vita, mi sentivo diverso dagli altri… quando oggi sento parlare di bullismo capisco bene cosa vuol dire», spiegava con una lucidità che nasce solo da cicatrici antiche.

Poi, a vent’anni, un nuovo colpo: la morte del padre. Da primogenito, si era trovato a prendere sulle spalle il lavoro di famiglia, portando avanti la macelleria di Casabianca. Era un giovane uomo che continuava a combattere con la propria fragilità, ma che lentamente imparava a conviverci. E proprio in quegli anni aveva incontrato Laura, la compagna di una vita.

Dal loro amore era nato Stefano, il figlio che avrebbe segnato in modo indelebile il percorso della famiglia. «Gli fu diagnosticato un tumore bilaterale agli occhi quando aveva pochissimi mesi», ricordava. La malattia genetica di Gianluca era passata al figlio, costringendo la famiglia a un’odissea continua fra Chivasso e la Svizzera, sperando in cure che in Italia non erano disponibili. Stefano aveva perso un occhio, l’altro gli era stato salvato. Poi, a quattordici anni, l’incubo dell’osteosarcoma: operazioni, chemioterapia, ricoveri infiniti. «Fino al 2013, anno in cui Stefano ci ha lasciati», raccontava Gianluca. Ma anche in quei mesi bui, il ragazzo aveva trovato la forza di diplomarsi, un mese prima della morte.

La storia avrebbe potuto piegarlo definitivamente. E invece no. Gianluca e Laura decisero di reagire con un gesto d’amore potente: nacque così l’associazione Stefano Bocca “L’Angelo Biondo”, una realtà che negli anni ha donato un’auto alla Samco, una sonda per l’ecocardiografia pediatrica, una culla termica, defibrillatori, borse di studio all’istituto Europa Unita, oltre a una lunga serie di iniziative di raccolta fondi. «Avevamo ricevuto offerte alla morte di nostro figlio e volevamo usarle per fare del bene», spiegava Gianluca.

Nel 2019 aveva anche pubblicato il libro “Diversamente fortunati”, scritto durante la malattia del figlio e poi rimasto nel cassetto per anni. «Non ho ambizioni da scrittore, ma se il libro può portare qualcosa di buono ne sono felice», diceva. Ogni provento era sempre stato devoluto all’associazione.

Nelle sue parole, spesso dure e sincere, c’era una chiarezza rara: «Se mi chiedete come ho fatto a non abbattermi rispondo che mi ha aiutato una psicologa. Se si ha bisogno di aiuto non bisogna avere timore a chiederlo». E un pensiero che raccontava la sua forza: «Stefano mi manca immensamente, ma sapere che adesso non sta più soffrendo mi aiuta».

Fino all’ultimo, Gianluca aveva un desiderio semplice e disarmante nella sua umanità: «Voglio solo morire sano», diceva. Una frase che oggi, letta alla luce della sua morte improvvisa, ferisce ancora di più.

La comunità, oggi, piange un uomo che non ha mai mollato, che non ha mai smesso di restituire agli altri quello che la vita gli aveva tolto. Un uomo di una forza silenziosa, capace di portare luce perfino nei giorni più neri.

Bocca con la moglie e il figlio

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