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25 Novembre 2025 - 10:05
Arma dei Carabinieri in prima linea contro la violenza sulle donne: teatro, prevenzione e tecnologie
Nella giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, l’Arma dei Carabinieri presenta un mosaico di iniziative che racconta un impegno ormai strutturato, capillare, orientato tanto alla prevenzione quanto all’intervento tempestivo. È un lavoro che prosegue da anni e che, nella provincia di Torino, si traduce in un calendario fitto di incontri, spettacoli teatrali, stand informativi e attività di sensibilizzazione rivolte a scuole, enti locali e cittadini.
Il cuore simbolico della giornata è il progetto teatrale “L’urlo dentro”, realizzato con gli studenti dell’Istituto Curie-Vittorini di Grugliasco. Una scelta non casuale: coinvolgere i più giovani significa incidere sulla dimensione culturale, dove ancora oggi si radicano gli stereotipi che alimentano discriminazioni e abusi. Lo spettacolo sarà messo in scena in tre repliche successive e, al termine della prima, interverrà personale dell’Arma per affrontare il tema con un taglio operativo e di testimonianza diretta.
Accanto al teatro, si sviluppa l’ampia rete di incontri pubblici. Dal 22 al 29 novembre, i carabinieri prenderanno parte a conferenze e momenti di confronto nelle sale consiliari di Borgone, Ciriè, Leinì, Castiglione Torinese, Rivoli, e in altri Comuni della provincia. Appuntamenti pensati per dialogare con la cittadinanza, raccontare la realtà dei reati spia – dalle minacce agli atti persecutori – e spiegare come riconoscere i segnali di una violenza che spesso nasce in silenzio, dentro le mura domestiche. A ciò si aggiungono gli incontri nei licei, nelle sedi della Croce Rossa, nei centri civici: un tentativo concreto di intercettare ambienti diversi e fasce d’età differenti.
La presenza dell’Arma non si esaurisce nelle aule e nelle piazze. Per tutta la settimana, una rete di stand informativi verrà allestita nei maggiori centri commerciali del Torinese: da “Le Gru” di Grugliasco al “Gialdo” di Chieri, dai poli commerciali di Pavone, Rivarolo, Pinerolo, Oulx, Vaie, Susa, Ciriè, Venaria e Torino, fino al Settimo Cielo Retail Park e all’8 Gallery. Un presidio diffuso che si rivolge a chi, spesso, non parteciperebbe a un incontro pubblico ma può trovare il coraggio di fermarsi davanti a un punto informativo, fare domande, raccogliere un volantino, chiedere un aiuto.
Un gesto simbolico accompagnerà tutta la giornata del 25 novembre: le caserme dell’Arma si illumineranno di arancione, aderendo alla campagna internazionale “Orange the World”. Una scelta che non vuole essere mera estetica, ma un segnale visibile, immediato, rivolto alle vittime come forma di vicinanza e riconoscimento.
La lotta alla violenza di genere, però, non si esaurisce nel simbolo. L’Arma descrive un quadro di interventi sempre più articolati, costruito negli anni e basato su formazione, analisi, ascolto. Un esempio emblematico è la Sezione Atti Persecutori, istituita nel 2009 all’interno del Reparto Analisi Criminologiche: un nucleo di esperti – psicologi, analisti, investigatori – che monitora i casi più gravi sul territorio nazionale, studia le dinamiche dei comportamenti persecutori e contribuisce a definire strategie operative aggiornate. Il lavoro della Sezione non è teorico: ogni evento significativo viene analizzato nel dettaglio, per comprendere i fattori di rischio e favorire interventi che possano prevenire escalation tragiche.
A questa struttura si affianca, dal 2014, la Rete nazionale di monitoraggio sulla violenza di genere, composta da marescialli e brigadieri appositamente formati, punto di raccordo tra le stazioni territoriali e la Sezione centrale. Una rete che intercetta i casi più complessi e supporta i colleghi nella gestione di indagini delicate, spesso legate a famiglie spezzate, minori coinvolti, vittime che faticano a denunciare.
La formazione è un pilastro. Presso l’Istituto Superiore di Tecniche Investigative vengono organizzati corsi specifici, in cui si alternano lezioni pratiche, contributi del ROS, dei RIS e dei nuclei investigativi. Psicologi e criminologi affiancano gli operatori per rafforzare le competenze relazionali nei momenti più difficili: il primo colloquio con una donna che denuncia è un passaggio decisivo e richiede una preparazione che non si improvvisa.
Accanto alle strutture e ai corsi, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli strumenti tecnologici. Il progetto “Una stanza tutta per sé”, sviluppato con il Soroptimist International, ha già permesso l’apertura di 211 sale protette nelle caserme italiane, ambienti riservati e attrezzati per raccogliere le testimonianze delle vittime senza esporle a ulteriori traumi. A questo si aggiunge la versione mobile: un kit portatile che consente di registrare audizioni anche in realtà non dotate di una stanza protetta.
Tra i dispositivi più innovativi, spicca il Mobile Angel, lo smartwatch che consente alle vittime seguite dall’autorità giudiziaria di inviare allarmi direttamente alle centrali operative dell’Arma. Attivo dal 2019 in città come Torino, Milano, Napoli, Ivrea e Roma, ha già dimostrato di poter salvare vite, offrendo alle donne un contatto immediato e geolocalizzato in caso di minaccia.
L’impegno dei carabinieri trova riscontro nei numeri. Nel 2024, i reati connessi al Codice Rosso perseguiti dall’Arma sono aumentati da 57.656 a 60.972, un dato che testimonia sia l’intensificazione delle denunce sia l’azione più incalzante delle forze di polizia. Nei primi nove mesi del 2025, i reati trattati sono stati 40.803, mentre gli arresti, l’anno precedente, sono saliti a 9.484 rispetto ai 7.650 del 2023. Sono cifre che confermano la persistenza di un fenomeno diffuso, radicato, lontano dall’essere controllato solo con la repressione.
Guardando avanti, l’Arma riconosce la difficoltà più grande: intervenire prima che la violenza emerga con tutto il suo peso. La maggior parte dei femminicidi si consuma dopo mesi, a volte anni, di soprusi che non vengono denunciati. Ed è per questo che una parte significativa del lavoro si concentra sulla prevenzione, sul dialogo, sulla presenza capillare delle stazioni territoriali, definite “porte della speranza”.
Il 25 novembre diventa così un momento per fermarsi e guardare ciò che è stato fatto, ma soprattutto ciò che resta da fare. Una battaglia culturale, prima che giudiziaria. Una sfida che richiede istituzioni preparate, comunità vigili, vittime ascoltate.
E un impegno che, nel territorio torinese e nel Paese, non può permettersi di arretrare.

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