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24 Novembre 2025 - 15:44
Il sindaco Vittorio Rocchietti
La delibera è la n. 103 e porta la data del 5 novembre 2025: il Comune di Mathi vuole acquistare il campo sportivo di proprietà della cartiera Ahlstrom. L’operazione vale 450 mila euro, cifra che sarà coperta interamente con un mutuo dell’Istituto per il Credito Sportivo. Il documento dà mandato immediato al responsabile dell’area tecnica per avviare la richiesta di finanziamento. Un’accelerazione netta, che mostra chiaramente la volontà dell’amministrazione Rocchietti: portare la struttura nel patrimonio comunale, a carico dei cittadini.
Il punto, però, è un altro: perché farlo adesso?
Il Comune già utilizza il campo in comodato gratuito fino al 23 agosto 2039. Tradotto: ci sono quasi quattordici anni di utilizzo garantito senza alcun costo di proprietà. Perché anticipare un investimento così pesante? Perché mettere sulle spalle dei mathiesi un mutuo che verrà ripagato con le tasse di tutti?
Secondo la delibera, l’acquisto servirebbe a sbloccare interventi di ammodernamento. Ma è davvero necessario diventare proprietari per rifare un impianto sportivo? Possibile che non esistessero soluzioni alternative, meno onerose, che mantenessero il comodato senza aprire un mutuo da mezzo milione?
Un’altra ombra riguarda la cifra reale dell’operazione. Oltre ai 450 mila euro del mutuo, circola la voce di una possibile permuta con un terreno comunale dal valore di 76 mila euro. Se fosse confermata, il costo complessivo salirebbe a 526 mila euro. Eppure nella delibera questa voce non compare.
A questo punto i dubbi sono inevitabili.
Un mutuo del genere, pur senza interessi, impegna il bilancio comunale per anni. Si tratta di una somma importante, che potrebbe pesare sulle scelte future: meno risorse per altri interventi, meno margine per servizi e manutenzioni, e il rischio concreto di dover correggere il tiro sui tributi. Non è una previsione catastrofista: è semplice matematica.
E poi c’è la domanda che tutti si stanno facendo: quanti mathiesi beneficeranno davvero dell’operazione?
Quanti ragazzi del paese giocano a calcio? E quanti continueranno a farlo tra dieci anni, con il calo demografico che coinvolge tutta l’area? Quale sarà il ritorno economico per la comunità?
È giustificabile un investimento di questa portata se a utilizzarlo è una fetta ridotta della popolazione?

Un’altra riflessione inevitabile: Villa Bosso.
È lì, da anni, sottoutilizzata rispetto al costo che grava sul bilancio. Tanto da essere diventata un esempio scolastico di operazione sbilanciata tra spesa e risultati. È legittimo chiedersi se non si stia rischiando di ripetere lo stesso schema.
C’è poi il tema del metodo.
Un progetto di questa entità meriterebbe una discussione pubblica, un confronto aperto con i cittadini, non una delibera lampo che vincola il Comune per anni. La partecipazione non è un orpello burocratico: è uno strumento per capire se un investimento è davvero percepito come utile dalla comunità.
Infine, una nota amara. Quando si parlava di Casa Chantal, era stata agitata la minaccia di un aumento delle tasse per coprire l’eventuale causa con Sanitalia. Stavolta, per un acquisto da quasi mezzo milione di euro, lo spettro dell’aumento dei tributi non viene nominato da nessuno.
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