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23 Novembre 2025 - 13:49
Don Luca Pastore
C’è un filo sottile, tenace e luminoso che attraversa i quindici anni di sacerdozio di don Luca Pastore, un filo fatto di volti, di cammini e di attese custodite. Chi lo conosce da vicino sa che non ama parlare di sé, ma basta osservare ciò che accade nelle sue parrocchie per capire come il suo ministero sia diventato negli anni un punto di riferimento, una presenza costante, discreta, affidabile. Quindici anni, nel suo caso, sono davvero una vita intera: la maturazione di una vocazione cresciuta tra le montagne dove è nato, il discernimento costruito passo dopo passo, la responsabilità di guidare tre comunità che oggi, più che mai, riconoscono nel loro parroco un compagno di viaggio.
Nato nel 1981 e cresciuto a Brosso, don Luca è stato ordinato l’11 novembre 2010. A quindici anni di distanza, guarda a quel giorno con lucidità e con una gratitudine che ricorre spesso nelle sue riflessioni. La parola «gratitudine» sembra abbracciare tutto: le gioie ricevute, le fatiche attraversate, le prove che hanno temprato lo sguardo e la fede. Tra i ringraziamenti che, in questi giorni, affida a chi gli è più vicino, ricordano la vicinanza del vescovo Edoardo, quella dell’attuale vescovo Daniele, il sostegno dei formatori e dei confratelli, e l’affetto silenzioso, solido, mai invadente della famiglia. I genitori, Mario e Dolores, sono per lui i custodi dei primi semi di vocazione: un humus semplice, fatto di attenzione e di fiducia, che ha dato forma a una scelta maturata senza clamori.
Le radici, per don Luca, non sono un dettaglio biografico, ma una vera scuola di umanità. A Brosso, racconta spesso, sono nati i primi legami che lo hanno incoraggiato a credere nella propria strada, ed è maturata quella capacità di ascolto che ancora oggi definisce il suo modo di essere prete. Oggi, nelle comunità di Quincinetto, Tavagnasco e Quassolo, questo stile continua a prendere corpo in incontri quotidiani, nei saluti scambiati fuori dalla chiesa, nelle visite agli anziani, nelle attenzioni offerte alle famiglie, nel dialogo paziente con i giovani che cercano autenticità e con chi, per mille motivi, si sente lontano dalla fede. Per lui «pastorale» non è mai un concetto astratto: è una trama di storie che si incontrano, una somma di fragilità e di speranze che si intrecciano e fanno nascere un senso di casa.
Il 29 novembre sarà un momento speciale. A Tavagnasco, nella chiesa di Santa Margherita, le tre parrocchie si ritroveranno per celebrare i suoi quindici anni di sacerdozio. Una celebrazione che non vuole essere soltanto ricordo o cerimonia, ma promessa di futuro. L’accoglienza inizierà nel tardo pomeriggio, con l’abbraccio della comunità riunita, poi la messa, il momento che più di ogni altro dà senso alla storia di un prete. La serata proseguirà con una cena conviviale organizzata dall’agriturismo Cascina Barbassa, un’occasione per ritrovarsi attorno allo stesso tavolo, scambiarsi storie, ridere, ringraziare, preparare nuovi passi.
La celebrazione cade in un periodo particolarmente significativo del suo percorso pastorale. Dal 5 settembre 2021, quando ha preso il testimone lasciato da don Arnaldo Bigio, don Luca ha impresso alle tre comunità il suo modo di essere parroco: pratico, presente, attento al valore delle piccole cose. Lo hanno visto partecipare agli eventi civili, ascoltare con pazienza le preoccupazioni dei fedeli, occuparsi con cura delle chiese, affrontando anche lavori impegnativi pur di restituire dignità e bellezza ai luoghi della preghiera. Ma soprattutto lo hanno visto al loro fianco nei momenti importanti: le gioie semplici, i lutti improvvisi, le ricorrenze che segnano la vita di un paese.
È impossibile dimenticare, per chi c’era, la celebrazione dello scorso dicembre a Quincinetto. La chiesa di San Salvatore era gremita, vestita a festa con il presepe preparato dai ragazzi del catechismo e gli addobbi dell’Avvento curati con dedizione dalle volontarie. Quel giorno, i parrocchiani decisero di ringraziare don Luca con un dono tanto semplice quanto profondo: una casula e un copri ambone con l’effigie del Giubileo, accompagnati da una pergamena che cominciava con un «Carissimo don Luca» e si concludeva con un «Grazie di cuore». Un gesto che parlava da solo, e che ancora oggi risuona come una dichiarazione di affetto sincero.
Durante la cerimonia, don Luca cercò di nascondere l’emozione quando pronunciò una frase che, in quella chiesa silenziosa, lasciò un segno: «Ogni volta che indosserò questi paramenti, reciterò una preghiera per tutti voi.» Parole semplici, ma capaci di racchiudere la profondità di un legame che non si costruisce in un giorno, ma cresce negli anni, nei dettagli, nelle attenzioni quotidiane che spesso passano inosservate.
Ora che quell’anniversario è arrivato, il presente chiede a don Luca la stessa lucidità che ha accompagnato i suoi primi passi da sacerdote. Le sfide non mancano: i giovani che cercano autenticità e faticano a trovare una direzione, le famiglie cariche di responsabilità, gli anziani custodi di memoria, chi vive la solitudine o la fragilità economica, chi si sente lontano e vorrebbe solo un luogo in cui ritrovare voce. A tutti, il suo desiderio è continuare a offrire tempo, ascolto, rispetto. Il sogno, più volte condiviso con i suoi parrocchiani, è quello di una Chiesa-casa, dove ciascuno possa trovare spazio e futuro.
Quindici anni non chiudono un cerchio. Semmai lo aprono. Lo aprono per le comunità che lo accompagneranno nella celebrazione del 29 novembre. Lo aprono per lui, che cammina con lo stesso passo di chi non vuole correre da solo. Lo aprono per tutti coloro che, in questi anni, hanno trovato nella sua presenza un punto fermo, una parola buona, una preghiera detta a bassa voce ma capace di resistere.
La storia di don Luca Pastore non è solo quella di un prete. È la storia di tre paesi che hanno imparato a riconoscersi attraverso il volto del loro parroco. È la storia di una fiducia costruita giorno dopo giorno. È la storia di una comunità che sa che, anche domani, lui sarà lì: con la stessa calma, la stessa discrezione, la stessa umanità che, da quindici anni, fanno la differenza.

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