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Giornata mondiale dei diritti dell'infanzia: due mondi a confronto, una promessa ancora da mantenere

Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia: divari globali, povertà minorile in Italia e l’appello "My day, my rights" per ascoltare e proteggere i bambini

Giornata mondiale dei diritti dell'infanzia

Giornata mondiale dei diritti dell'infanzia: due mondi a confronto, una promessa ancora da mantenere

La Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, celebrata ogni anno il 20 novembre, nasce per ricordare un principio semplice e spesso disatteso: ogni bambino ha diritto a crescere in sicurezza, a studiare, a giocare, a essere curato, ascoltato, protetto. Diritti sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 e ratificati da quasi tutti i Paesi del mondo. Eppure, a 36 anni di distanza, quella promessa resta lontana dall’essere mantenuta.

Le iniziative organizzate in tutto il mondo puntano a riportare l’attenzione su un divario che non si colma, un abisso tra l’infanzia dell’Occidente e quella dei Paesi poveri. È un contrasto che non riguarda solo le condizioni materiali, ma le opportunità di vita, e che ogni anno la giornata del 20 novembre mette in controluce con evidenza.

Nei Paesi ricchi parlare di diritti dell’infanzia significa discutere di servizi, inclusione scolastica, cultura, accesso allo sport. Nei Paesi poveri, invece, significa letteralmente lottare per garantire sopravvivenza, acqua potabile, cure di base. Secondo le ultime stime dell’UNICEF, 1 bambino su 5 nel mondo non ha ancora accesso all’acqua pulita vicino a casa; milioni non frequentano la scuola primaria e vivono in aree dove conflitti armati, matrimoni precoci e sfruttamento continuano a colpire soprattutto le bambine.

Le immagini che arrivano da Africa subsahariana, Medio Oriente, Sud-est asiatico raccontano storie che restano spesso fuori dal dibattito pubblico occidentale: villaggi dove i bambini percorrono chilometri per raggiungere una fonte d’acqua, aule improvvisate sotto tende logore, piccole vittime delle guerre che non hanno altra scelta se non sopravvivere tra macerie e fughe. È in questi contesti che i diritti dell’infanzia non sono un obiettivo da migliorare, ma un traguardo ancora da raggiungere.

Eppure, sarebbe un errore pensare che le violazioni di quei diritti siano un problema confinato altrove. Anche l’Italia, che celebra la Giornata con iniziative scolastiche e istituzionali, deve fare i conti con numeri che raccontano un disagio crescente. Secondo i dati più recenti, oltre 1 milione e 400 mila bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, e molti altri oscillano in quella “semi-povertà” fatta di privazioni meno visibili ma altrettanto incisive: case sovraffollate, alimentazione insufficiente, impossibilità di sostenere attività sportive o culturali, divari educativi che si allargano.

La povertà minorile non è fatta solo di mancanza di beni materiali: riguarda l’incapacità di garantire percorsi scolastici solidi, un accesso uniforme ai servizi sanitari, una rete familiare e sociale stabile. È una povertà che si eredita e che rischia di diventare destino.

La Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia mette quindi in scena una doppia fotografia. Da un lato i Paesi in cui i diritti fondamentali sono negati nella forma più brutale; dall’altro un Occidente che, pur disponendo di risorse e opportunità, vede nascere nuove disuguaglianze che colpiscono proprio i più piccoli.

Il messaggio di quest’anno – “My day, my rights”, il mio giorno, i miei diritti – invita non solo a celebrarne l’importanza, ma soprattutto a ascoltare i bambini, che troppo spesso restano fuori dalle decisioni che li riguardano. Significa dare voce alle loro necessità, chiedere politiche più coraggiose e investimenti strutturali che mettano al centro infanzia e adolescenza.

Perché, in ogni angolo del mondo, il futuro ha il volto dei bambini. E ogni diritto negato oggi diventa un’occasione persa domani.

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