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21 Novembre 2025 - 14:00
“Come si dice grazie a un campione, quando quel campione è ‘uno di casa’”? Non un’icona lontana, irraggiungibile, ma un ragazzo che ha respirato la nostra stessa aria, camminato sulle stesse strade, sognato forse davanti agli stessi panorami.
La risposta l’hanno trovata i bambini e i ragazzi, che delle astrazioni non sanno cosa farsene: si ringrazia con un foglio bianco, una matita e l’energia ostinata dei colori.
È nato così, quasi in punta di piedi, il progetto di Prisma Laboratorio Artistico, fucina creativa che da anni prova a dare forma all’immaginazione dei più piccoli.
La scorsa primavera, con la semplicità che appartiene solo ai gesti autentici, bambini e ragazzi hanno iniziato a immaginare un modo per celebrare Francesco “Pecco” Bagnaia, il campione che in MotoGP continua a tenere l’Italia davanti al mondo. Un campione che qui, però, non è solo un fenomeno delle due ruote: è il ragazzo che ce l’ha fatta, il simbolo di una città che si vede riflessa nei suoi successi, un po’ come ci si riconosce in uno specchio che restituisce un’immagine più luminosa.
I giovani artisti hanno disegnato Pecco in tutti i modi possibili.
Hanno iniziato dal classico ritratto, quello che ogni artista affronta almeno una volta nella vita, ma senza alcuna presunzione, perché per loro era solo un modo per dire “Io ti vedo così”. Poi è arrivato Turbo, il cagnolino diventato quasi una mascotte involontaria, rappresentato con occhi simpatici, lingua di fuori e un’aria da complice fedele.
Immancabile, poi, il numero 63, tratteggiato come un portafortuna, issato come una bandiera. Qualcuno ha scelto la scritta “GoFree”, che nelle mani dei più piccoli sembra un grido di libertà, un incoraggiamento collettivo, una specie di inno generazionale che parla di coraggio e velocità.
E non è finita: ci sono moto, caschi, coppe, corone e tanto altro. Presenti poi i simboli più riconoscibili della città di Chivasso, come a voler ricordare che ogni traguardo, prima di essere mondiale, è anche locale. C’è dietro una partecipazione emotiva che va oltre il risultato sportivo.
Ma non è tutto... si è deciso di compiere un passo in più: immaginare il casco ideale di Pecco. Un gioco creativo, certo, ma anche un laboratorio di idee collettive. Chi ha seguito i giovani artisti passo dopo passo ha preso i disegni, li ha osservati, scomposti, ricomposti. Si è provato a capire quali colori parlavano di lui, quali linee rappresentavano la sua forza, quali simboli raccontavano meglio la sua storia. Ne sono nate delle grafiche sperimentali, una serie di caschi ipotetici che sembrano usciti da un mondo parallelo dove ogni bambino/ragazzo diventa un designer, e ogni tratto ha un significato affettivo.
Ora tutto ciò sta per diventare una mostra: i disegni originali e le grafiche verranno prossimamente esposti. Nelle intenzioni di chi l’ha pensato questo non vuole essere un semplice evento espositivo, vuole essere un messaggio. Non solo al pubblico, ma soprattutto a lui, a Pecco, il destinatario di un “coro colorato” che dice: “Ti seguiamo, ti sosteniamo, siamo fieri di te. Sei e resti il nostro campione”.
C’è un aspetto interessante in questa storia, uno di quelli che sfugge a chi guarda solo il lato sportivo delle cose: la capacità che ha un campione di diventare memoria civica. In un’epoca in cui tutto sembra scivolare via, dove i risultati brillano per un giorno e poi spariscono nel rumore del mondo, i bambini e ragazzi di Prisma ricordano a tutti che il legame tra un atleta e la sua comunità può essere qualcosa di concreto, costruito un disegno alla volta. Non è idolatria, è appartenenza.
Questi disegni non sono un passatempo, sono un atto simbolico. Sono la prova che il tifo può essere una forma di educazione civica, una lente attraverso cui leggere il rapporto tra cittadini e figure pubbliche. I giovanissimi, in questo, sono maestri: non hanno filtri, non fanno calcoli, non chiedono nulla in cambio. Disegnano ciò che li ispira. E se a ispirarli è Pecco, significa che Bagnaia non è solo un pilota di successo, è un punto di riferimento, sempre e comunque.
Ed è questo che si vuole evidenziare: quando un campione nasce da una città, la città cresce un po’ con lui. E quando i bambini e i ragazzi decidono di raccontarlo con le loro matite, ci ricordano una verità semplice: il talento è individuale, ma il sogno è collettivo.
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