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Cooperazione San Mauro-Senegal: l’evento pubblico diventa un caso, tra attacchi all’opposizione e alla stampa

La Giunta difende se stessa e ribadisce il finanziamento regionale, mentre il direttore del Cocopa paragona il libero giornalismo al “letame”

Cooperazione San Mauro-Senegal: l’evento pubblico diventa un caso, tra attacchi all’opposizione e alla stampa

Cooperazione San Mauro-Senegal: l’evento pubblico diventa un caso, tra attacchi all’opposizione e alla stampa

Conoscersi per comprendere. O meglio, ritrovarsi tra fedelissimi per ribadire in larga parte sempre gli stessi concetti: il progetto è stato approvato e finanziato dalla Regione (ma non si sa se in Regione avessero il programma completo), la cooperazione è stata avviata correttamente e il nostro giornalismo è “brutto e cattivo”, così come è “brutto e cattivo” chi ha sollevato dei dubbi sulle modalità del progetto.

Questa è l'estrema sintesi della serata che si è tenuta in municipio lo scorso giovedì, quando il Comune di San Mauro Torinese, il sindaco di Beinasco, una delegazione di Cocopa e Africa Qui hanno organizzato una serata di restituzione al pubblico della “missione” istituzionale in Senegal avvenuta tra la fine del mese di ottobre e l'inizio del mese di novembre. A presenziare all'evento, tra il pubblico, un manipolo di simpatizzanti del centrosinistra locale, alcuni consiglieri comunali di maggioranza e qualche assessore.

L’incontro pubblico di “restituzione” sulla missione in Senegal del progetto Tech Jeunes avrebbe dovuto dissipare i dubbi e sciogliere le polemiche che da settimane tengono banco in città. In realtà, ha finito per aprire nuove questioni, nuove contraddizioni e un paio di passaggi destinati a far discutere ancora a lungo: dai chiarimenti sulle spese al ruolo del funzionario comunale Gesuino Lobino, fino alle parole del Cocopa, che hanno trasformato un aggiornamento istituzionale in uno scontro politico-culturale, oltre che in un evento denso di frecciatine più o meno esplicite alla stampa locale, al centrodestra e a qualsiasi cittadino – non importa il colore politico – che avesse sollevato qualche dubbio sul progetto e sul suo programma. Programma che, tra l'altro, non è stato mai divulgato ai consiglieri comunali d'opposizione, se non dopo la partenza e solo attraverso la stampa.

Il pubblico

Guazzora e Miatton difendono l'operato

La serata si è aperta con l’intervento della sindaca Giulia Guazzora. La prima cittadina ha rivendicato il valore simbolico dell’iniziativa: «Partecipavamo a un progetto che è arrivato primo nella graduatoria regionale, segno che fosse un progetto valido», ha detto. Ha poi ricordato il collegamento video tra le scuole di San Mauro e i bambini senegalesi, sottolineando come quei pochi minuti «abbiano permesso ai nostri studenti di vedere contesti scolastici costruiti sulla sabbia, senza tetti e senza materiali». Un impatto emotivo forte, definito dalla sindaca come «uno scambio che contribuisce a una crescita comune dei cittadini di domani». E fin qui tutto bene.

Poi la parola è passata a chi in Africa c’è andata davvero: l’assessora alla cooperazione Daisy Miatton. È stata lei a guidare la delegazione sanmaurese e a raccontare nel dettaglio la costruzione dell’aula informatica, il rapporto con l’associazione Africa Qui e la struttura del progetto. Miatton ha spiegato che il lavoro a Dakar è stato definito insieme alla Regione Piemonte e ai tecnici del Cocopa, e che la missione aveva come obiettivo non solo l’inaugurazione dell'aula ma anche la conoscenza diretta del territorio.

Soprattutto, ha dedicato ampio spazio a una questione che in Consiglio comunale aveva acceso il dibattito: il costo del viaggio e il ruolo del funzionario Gesuino Lobino. Miatton ha precisato: «Il cofinanziamento del Comune è stato di 1.700 euro in ore-lavoro del funzionario. Non è stato pagato nessuno straordinario per stare via una settimana. Sono ore ordinarie già svolte nei mesi precedenti, e ritengo corretto chiarirlo». Un passaggio diretto e inequivocabile, mirato a rispondere alle domande sollevate soprattutto da Paola Antonetto (FdI), che pubblicamente aveva chiesto «a che titolo Lobino fosse andato in Africa».

Secondo l'assessora, la presenza del funzionario sarebbe stata “necessaria” per la rendicontazione e per garantire continuità amministrativa. Ma non è detto che questa spiegazione basti a chi da settimane denuncia che la sua presenza non fosse realmente necessaria. E forse si potevano far risparmiare dei soldi ai cittadini piemontesi, o spenderli in ulteriori progetti di cooperazione concreta, più che in un viaggio.

Dopo l’assessora, la parola è passata a Cherif Aidara Ndiaye, presidente di Africa Qui, che ha presentato il progetto come un percorso di lungo periodo: scambi educativi, relazioni tra comunità, rafforzamento delle istituzioni locali. Un intervento pacato, istituzionale, lontano dalle polemiche interne italiane.

Nulla da eccepire. Il fine della missione è nobile: dare una mano a un Paese in cui le tecnologie sono carenti e il tenore di vita è di gran lunga peggiore a quello italiano, per molte ragioni; dotare per la prima volta una scuola di Sicap Liberté di un'aula informatica per l'alfabetizzazione digitale dei più giovani, non in nome di un'“elemosina”, ma di una cooperazione il più possibile tra pari, fatta di scoperta culturale reciproca, formazione e consapevolezza.

Il problema continua a rimanere un altro: 6.000 euro pagati dai cittadini piemontesi per mandare un'assessora, una sindaca (poi rimasta a San Mauro per riferiti “motivi personali”), un funzionario comunale e alcuni membri di associazioni in Senegal per una settimana. Il viaggio non se lo sono pagati loro, ma la Regione.

E il programma? E la visita al Museo delle Civiltà Nere pagata dai cittadini, e la visita a un lago locale? Tutto rimasto sullo sfondo, se non taciuto, durante la serata. Meglio un video proiettato in sala con una musichetta di sottofondo.

I retaltori

Sorpresa! Non sempre la Regione paga (e meno male)

Poi è la parola è passata ai due esponenti del Cocopa, ed è lì che la serata ha cambiato tono.

Il vicepresidente Matteo Carosso ha difeso la missione, spiegando il ruolo storico del coordinamento nella cooperazione decentrata piemontese e ribadendo che la Regione decide gli indirizzi, le priorità e i finanziamenti. Ma è stato soprattutto Edoardo Daneo, figura storica del Cocopa, a pronunciare un intervento che non passerà inosservato. Strumentalizzando, per altro, le parole del celebre cantautore Fabrizio De André solo per fare polemica.

Daneo ha esordito parlando delle contrapposizioni nate a San Mauro: «C’è un nostro poeta contemporaneo, Fabrizio, che dice che dal letame nascono i fiori. Ecco, qui il letame è stato sparso in modo preventivo, senza sapere, senza informarsi, mentre eravamo in missione».

Tradotto: le critiche, gli articoli, le obiezioni mosse in altre sedi da alcuni cittadini e dall’opposizione sarebbero solo “letame”. Un giudizio pesante e che non ammette punti di vista differenti; ancora una volta, la triste retorica dell'“io ho ragione e tu hai torto” che una certa sinistra e alcune associazioni continuano a utilizzare da anni, ma che di certo non porta né voti né consensi in più, ma finisce spesso per allontanarli.

Non solo. Daneo ha insistito sul fatto che questa missione, dal punto di vista economico, sarebbe stata addirittura “parsimoniosa”: «Con 6.000 euro per cinque persone è stato difficile spendere così poco». Una frase difficilmente conciliabile con le critiche mosse da parte dei consiglieri sanmauresi, che hanno contestato proprio la sproporzione tra 3.500 euro di aula informatica e 6.020 euro di viaggio.

Edoardo Daneo

Ancora più sorprendente il passaggio in cui Daneo ha ammesso che, in altri progetti, non è stata la Regione a pagare le missioni, ma gli stessi amministratori: «Ci sono missioni in cui i sindaci e gli assessori si sono pagati di tasca propria il viaggio». Parole importantissime, perché aprono a una domanda inevitabile: perché nel caso di San Mauro, invece, il viaggio lo hanno pagato i contribuenti piemontesi? Era il caso?

Le contraddizioni non finiscono qui. Durante la serata, i relatori hanno paragonato l’isola di Gorée ad Auschwitz, spiegando che andarci è un obbligo morale per chi visita il Senegal. Bene. Ma allora perché, se un comune cittadino vuole andare ad Auschwitz, il viaggio in Polonia e il biglietto d'ingresso se lo pagano di tasca propria, mentre un amministratore locale di San Mauro che va a visitare l'“Auschwitz senegalese” no?

Intanto restano dubbi e domande. Restano le ricostruzioni di Paola Antonetto e degli altri consiglieri d’opposizione, secondo cui il programma della visita non sarebbe stato consegnato alla Commissione, e resta irrisolta la questione del ruolo del funzionario comunale, che la politica avversaria continua a contestare.

E resta, soprattutto, la distanza abissale tra i toni armoniosi celebrati giovedì sera e ciò che è accaduto nel dibattito cittadino nelle ultime settimane.

Perché il punto non è – e non è mai stato – la cooperazione internazionale. A San Mauro nessuno ha mai messo in discussione l’idea che due comunità possano e debbano costruire relazioni, crescere insieme, scambiarsi competenze. Il punto è come lo si fa, con quali strumenti, con quali soldi, con quale trasparenza.

E mentre il Comune, da mesi, denuncia tagli governativi agli enti locali, difficoltà di bilancio, manutenzioni rinviate, servizi da ridurre all'osso, appare sempre più difficile spiegare ai sanmauresi perché un viaggio istituzionale debba essere considerato indispensabile se a pagarlo è la Regione.

Morale: quando i fondi sono del Comune, bisogna stare attenti a ogni centesimo; quando invece paga il Grattacielo, allora tutto improvvisamente diventa sostenibile. E questo, al di là dei racconti, delle emozioni e dei video proiettati, rimane in vero nodo centrale, inevaso, della serata.

Il programma divulgato solo alla stampa

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