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Arpa Piemonte: 11 incidenti in valanga e tre morti nell’ultimo inverno

Gli slush flow di marzo e aprile hanno superato limiti storici in più valli alpine

Arpa Piemonte

Arpa Piemonte: 11 incidenti in valanga e tre morti nell’ultimo inverno (foto di repertorio)

L’inverno 2024-25 sulle Alpi piemontesi è stato uno dei più complessi degli ultimi anni. Il rendiconto nivometrico diffuso da Arpa Piemonte conferma 11 incidenti in valanga, con 21 persone coinvolte, 5 feriti e 3 vittime. Un bilancio pesante, aggravato da condizioni nivologiche difficili fin dall’inizio della stagione.

Secondo Arpa, 8 incidenti su 11 sono legati agli strati deboli interni del manto nevoso, un problema tipico degli inverni con scarsità di neve al suolo. Le prime settimane della stagione, infatti, sono state caratterizzate da un deficit compreso tra -20% e -40% rispetto alla media 1991–2020, particolarmente evidente alle quote più basse dei settori meridionali. Ne è risultato un manto fragile, stratificato male e più soggetto a distacchi spontanei o provocati dal passaggio delle persone.

La categoria più colpita è quella degli scialpinisti, sia in salita sia in discesa. Frequentano pendii ripidi, spesso fuori dalle rotte battute, ed è proprio lì che gli strati deboli hanno trovato le condizioni ideali per cedere. Una stagione quindi non eccezionalmente nevosa, ma eccezionalmente instabile.

Il quadro è peggiorato tra marzo e aprile, quando si è verificata l’attività valanghiva spontanea più significativa. Arpa segnala numerosi episodi di grandi e molto grandi valanghe “slush flow”, un fenomeno insolito per le Alpi, composto da neve satura d’acqua, che scorre con comportamento quasi liquido. Le cause: piogge intense su neve, oppure nevicate molto umide che hanno caricato il manto con volumi d’acqua fuori norma.

Le valli maggiormente coinvolte dagli slush flow sono state la Val Formazza, la Valle Anzasca, la Val Sesia e la Valle Soana, dove alcune colate hanno raggiunto le viabilità di fondovalle, coinvolto abitazioni e aree antropizzate, e in diversi casi superato limiti storici mai registrati in precedenza. È un segnale che richiama l’attenzione sul ruolo delle condizioni meteorologiche sempre più estreme, che possono trasformare fenomeni noti in eventi anomali e imprevedibili.

La seconda parte dell’inverno ha mostrato un cambio di tendenza. Tra marzo e l’inizio della primavera si sono registrate nevicate più intense e diffuse sull’intero arco alpino piemontese, riattivando siti valanghivi a lungo rimasti inattivi e riportando la neve a livelli più vicini alle medie stagionali. Ma l’aumento della neve fresca, combinato con il substrato debole sviluppato durante i mesi precedenti, ha ulteriormente aumentato la pericolosità.

Il bilancio finale mostra un inverno non povero di nevicate, ma povero di stabilità, in cui gli elementi critici del manto nevoso sono rimasti dominanti per mesi, fino all’arrivo degli episodi di slush flow che hanno cambiato radicalmente lo scenario primaverile.

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