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Italia a rischio: il 94,5% dei comuni è esposto a frane e alluvioni

Numeri drammatici, oltre sette milioni di persone coinvolte e una denuncia dura sul consumo di suolo e sulla logica dell’emergenza

Alluvione

Alluvione (foto di repertorio)

Un quadro che non ammette sfumature. Davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico, Fabio Ciciliano, capo dipartimento della Protezione Civile, ha presentato una fotografia impietosa del Paese, basata sui dati dell’Ispra e segnata da percentuali che descrivono un’Italia vulnerabile e impreparata a fronteggiare eventi estremi sempre più frequenti. La prima cifra, tra tutte, è quella più destabilizzante: «L’Ispra ha indicato chiaramente che il 94,5% del totale dei comuni del territorio nazionale è esposto a rischio idrogeologico per frane e alluvioni, valanghe o erosione costiera», ha spiegato Ciciliano davanti ai parlamentari.

FABIO CICILIANO, CAPO DIPARTIMENTO PROTEZIONE CIVILE

La fragilità del territorio si manifesta in modo trasversale. Quasi un quinto della superficie nazionale, «il 19,2%», risulta classificato a maggiore pericolosità, mentre «circa 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane e quasi sette milioni sono a rischio alluvioni». Numeri che, da soli, descrivono il livello dell’esposizione, ma che trovano conferma anche nel bilancio umano degli ultimi cinque anni. L’Istituto di ricerca ha infatti stimato che, tra il 2019 e il 2024, ci sono stati «37 deceduti e 138 feriti per frane», mentre «le inondazioni hanno provocato la perdita di 70 persone e 21 feriti». In totale 107 vittime, che si aggiungono alle emergenze diffuse e ai danni materiali registrati lungo tutta la Penisola.

Il pericolo non riguarda solo l’acqua. «Il 47,3% degli oltre 12 milioni di edifici residenziali» si trova nelle zone sismiche a maggiore pericolosità. Un dato che apre a un bilancio storico pesante. «Dal 1968 ad oggi la spesa per eventi sismici è stata di 211 miliardi di euro mentre le vite umane perdute sono circa 5mila», ha ricordato Ciciliano, riportando l’attenzione su uno scenario in cui la vulnerabilità non è episodica, ma cronica.

A pesare sullo stato attuale delle cose non sono però solo i fenomeni naturali. Il capo della Protezione Civile ha puntato il dito anche contro le responsabilità umane, sottolineando come «le numerose attività antropiche hanno alterato i bacini» e in particolare come «l’elevato consumo di suolo» abbia accelerato processi di fragilità già presenti. Un consumo cresciuto dal 6,73% al 7,17% in pochi anni, con migliaia di ettari sottratti alla capacità naturale del territorio di assorbire acqua e far fronte alle emergenze. La cementificazione, ha spiegato, ha reso «più facile l’aumento della vulnerabilità», aggiungendo un ulteriore livello di rischio a condizioni già compromesse.

Sul piano economico, la gestione delle emergenze ha richiesto interventi continui, ma non strutturali. Dal 2019 le spese ammontano a «circa 4,2 miliardi di euro», e «il 98%» di queste risorse è stato destinato a calamità di tipo idrogeologico. Un impegno significativo, ma che non ha inciso sulle cause profonde né sulla necessità di una strategia preventiva. Per il 2026, le risorse del fondo emergenze saranno «di poco meno di un miliardo», un quantitativo che appare insufficiente rispetto alla portata del fenomeno.

A conclusione dell’intervento, Ciciliano ha ribadito un punto ritenuto essenziale: «Per fare in modo che il territorio sia protagonista, però, bisogna che abbia gli strumenti per esserlo. E quello fondamentale è la risorsa umana». Un appello condiviso anche dal presidente della Commissione, Pino Bicchielli, che ha rilanciato con fermezza: «L’Italia deve uscire dalla logica dell’emergenza e investire stabilmente nella prevenzione e nella sicurezza dei cittadini. È una responsabilità che non possiamo più rimandare».

PINO BICCHIELLI, PRESIDENTE COMMISSIONE D'INCHIESTA SUL RISCHIO IDROGEOLOGICO E SISMICO CAMERA DEI DEPUTATI

Un ammonimento netto, che rende evidente quanto il tema non possa più essere affrontato come una successione di interventi occasionali, ma debba diventare una priorità politica strutturata e continua.

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