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20 Novembre 2025 - 19:56
De Laurentiis sotto processo: il patron del Napoli travolto dall’accusa di falso in bilancio nei maxi-affari Manolas e Osimhen
Il calcio italiano è abituato ai terremoti giudiziari, alle stagioni in cui l’aula di tribunale finisce per pesare quanto, se non più, del campo. Questa volta al centro della vicenda non c’è un club sull’orlo del baratro o una plusvalenza esotica di qualche squadra minore, ma una delle figure più riconoscibili — e divisive — del panorama calcistico nazionale: Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, produttore cinematografico, imprenditore dall’immagine granitica e spesso controcorrente.
Il Gup di Roma ha deciso il rinvio a giudizio: il processo inizierà il 2 dicembre 2026, e riguarda l’ipotesi di falso in bilancio. Con De Laurentiis compariranno davanti ai giudici anche il dirigente Andrea Chiavelli e, in qualità di persona giuridica, la stessa SSC Napoli. Nel mirino dell’accusa ci sono due operazioni simboliche di un’epoca recente: la compravendita del difensore Kostas Manolas dalla Roma nel 2019 e l’acquisto di Victor Osimhen dal Lille nel 2020, una delle operazioni più costose nella storia del club.
Secondo la Procura di Roma, i bilanci del Napoli delle stagioni 2019, 2020 e 2021 presenterebbero irregolarità legate a presunte plusvalenze fittizie. Il primo fascicolo riguarda il trasferimento di Manolas, avvenuto all’inizio dell’estate 2019. L’operazione fu valutata 36 milioni di euro, cifra pari alla clausola rescissoria: un trasferimento pulito, immediato, che consentì alla Roma dell’epoca Pallotta di registrare una plusvalenza da oltre 31 milioni.
Il secondo fronte è quello che coinvolge Victor Osimhen, arrivato dal Lille nel 2020 per una cifra complessiva superiore ai 71 milioni di euro. È su questa operazione che la Guardia di Finanza ha concentrato parte degli accertamenti, conducendo perquisizioni presso la sede della FilmAuro — la holding della famiglia De Laurentiis — e nel centro sportivo di Castel Volturno.
L’indagine è approdata a Roma nel giugno 2022 e ha portato, nel 2024, all’interrogatorio del patron da parte dei magistrati. Anche Chiavelli, uno dei volti operativi più noti del club, ha reso dichiarazioni spontanee, ribadendo la legittimità di ogni movimento di mercato.
Dura, quasi stupefatta, la risposta degli avvocati del presidente: Gaetano Scalise, Fabio Fulgeri e Lorenzo Contrada hanno commentato parlando di una decisione «sorprendente», affermando che l’udienza preliminare stia diventando uno passaggio sempre più formale e meno sostanziale, fino a quando — dicono — «non avremo un giudice veramente terzo».
Secondo i legali, l’intera vicenda sarebbe frutto di errori nell’applicazione dei principi contabili da parte della Guardia di Finanza. La Procura, sostengono, avrebbe riconosciuto che «il Napoli non ha ricevuto nessun vantaggio» dalle operazioni contestate. Eppure il processo dovrà comunque celebrarsi.

Se l’aspetto penale appare potenzialmente denso di conseguenze personali e societarie, quello sportivo sembra invece al riparo da nuove scosse. Le carte dell’indagine sono già state trasmesse alla Procura federale, che tuttavia non ha riaperto il processo sportivo: la posizione del Napoli, dunque, resta archiviata. Nessun rischio di punti di penalità, nessuna minaccia per il percorso della squadra in campionato.
È un paradosso che si ripete spesso nel calcio italiano: giustizia ordinaria da una parte, giustizia sportiva dall’altra, due mondi paralleli che viaggiano a velocità e con criteri diversi.
Il processo inizierà il 2 dicembre 2026, una data che appare lontana, ma che nel ritmo lento della giustizia italiana è quasi dietro l’angolo. E sarà uno snodo importante per il futuro del Napoli e del suo presidente. De Laurentiis, figura di primo piano dell’imprenditoria e del pallone, ha attraversato crisi societarie, polemiche, scudetti, rivoluzioni tecniche, scontri verbali con mezza Serie A. Questa però è una partita che non si gioca su un prato verde, né nelle stanze della Lega, né nelle conferenze stampa da cui spesso lancia strali e provocazioni.
È una partita che si giocherà in un’aula di tribunale, davanti ai giudici, con perizie contabili e documenti alla mano. Una partita che — come spesso accade quando si parla di bilanci, plusvalenze e valutazioni di mercato — è fatta di interpretazioni, di spazi grigi, di confini sottili tra legittimità e forzature.
Il caso De Laurentiis arriva in un momento in cui il calcio italiano, e non solo, vive un rapporto sempre più complesso con il tema delle plusvalenze. Il processo Juventus, il dibattito sui valori dei giocatori, le polemiche sulle valutazioni incrociate: un intero sistema che ha spesso utilizzato i numeri come leve finanziarie più che sportive.
Il Napoli, in questo contesto, rappresenta un tassello ulteriore della discussione. Manolas e Osimhen sono due nomi noti, pesanti, economicamente ingombranti. Le loro operazioni raccontano una stagione di mercato aggressiva, di ambizioni europee, di investimenti milionari.
Ora, quei numeri tornano come un’eco, portando con sé il sospetto — tutto da verificare — che dietro le cifre si nascondessero equilibri contabili più sottili.
Fino al 2026 non arriveranno risposte definitive, ma una cosa è certa: per De Laurentiis si apre un capitolo delicato, capace di intrecciarsi con il futuro del club e con il proprio ruolo ai vertici del calcio italiano.
La sua storia, fatta di rotture culturali e rivoluzioni organizzative, potrebbe ora trovare un nuovo banco di prova. Non in un campo da calcio, ma nella lunga, quasi cinematografica attesa dell’aula giudiziaria.
Un copione perfetto per un produttore come lui. Con un finale ancora tutto da scrivere.
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