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19 Novembre 2025 - 17:12
Il sindaco Lo Russo dopo la visita al Cpr: “Struttura critica, così non si gestisce l’immigrazione” (immagine di repertorio)
La definizione utilizzata da Stefano Lo Russo, all’uscita dal Cpr di corso Brunelleschi, non lascia spazio a interpretazioni: “È a tutti gli effetti un carcere”. La visita alla struttura, effettuata insieme alla garante comunale per le persone private della libertà personale, Diletta Berardinelli, ha riportato alla ribalta un tema che a Torino continua a generare tensioni politiche, interrogativi sociali e dubbi sulla tenuta del sistema.
Nelle parole del sindaco emerge un quadro che viene definito “oggettivamente critico”. Il Cpr torinese ospita oggi 67 persone, a fronte di una capienza massima di 70 posti, un numero che di per sé non indica sovraffollamento ma che, secondo il primo cittadino, non permette comunque una gestione adeguata della pluralità dei casi presenti. Lo Russo sottolinea infatti come molti trattenuti siano persone che vivono in Italia da anni, parlano perfettamente la lingua e “non hanno precedenti penali”, ma si ritrovano nel centro unicamente per la mancanza o la scadenza del permesso di soggiorno. Una condizione che, nel giudizio del sindaco, rende ancora più evidente l’inadeguatezza del sistema.
Il punto più netto della sua analisi riguarda l’idea che i Centri di permanenza per il rimpatrio possano rappresentare una risposta strutturale al tema dell’immigrazione. Secondo Lo Russo, immaginare di risolvere la gestione dei flussi migratori in questo modo significa andare “non solo nella direzione sbagliata, ma creare condizioni di degrado che ostacolano l’inserimento sociale anche di chi non ha commesso alcun reato”. Una critica diretta al modello stesso dei Cpr, più che al loro funzionamento specifico.

Il sindaco Lo Russo
La parte più delicata della visita riguarda però la gestione delle patologie psichiatriche. Lo Russo denuncia un vero e proprio “vuoto” istituzionale: le persone con diagnosi di disturbi psichiatrici, non potendo essere trattenute all’interno del centro, verrebbero semplicemente rimesse in libertà, senza che vi sia una presa in carico da parte del servizio sanitario. Un passaggio che apre interrogativi pesanti sia in termini di tutela dei soggetti fragili sia di sicurezza pubblica. “Circolano per la città”, afferma il sindaco, parlando di “potenziali rischi per se stessi e per gli altri”.
Le parole del primo cittadino si inseriscono in un contesto in cui il Cpr di Torino è spesso al centro di proteste, criticità gestionali, incendi dolosi, episodi di autolesionismo e segnalazioni di violenza. Negli ultimi anni le associazioni che operano sul fronte dei diritti hanno denunciato più volte condizioni di sovraffollamento, mancanza di trasparenza e carenze assistenziali. La visita istituzionale, in questo senso, rappresenta un segnale politico diretto: Torino ribadisce la necessità di un modello alternativo, sia sul piano normativo sia su quello organizzativo.
Lo Russo parla di “metodo non serio, non degno di un Paese civile”. A fare da sfondo, il dibattito nazionale su un sistema di rimpatri che fatica a funzionare, nonostante l’aumento dei finanziamenti statali e le ripetute modifiche legislative. Il sindaco richiama la necessità di strumenti diversi, che distinguano tra chi ha commesso reati e chi invece si trova in condizioni amministrative irregolari, affrontando finalmente il tema dell’integrazione e della gestione dei casi vulnerabili come una questione di sicurezza collettiva, non solo di ordine pubblico.
La fotografia scattata in corso Brunelleschi racconta un modello al limite, che solleva interrogativi sulla dignità delle persone trattenute e sull’efficacia delle politiche migratorie. La visita del sindaco non porta soluzioni immediate, ma riapre il confronto su cosa debba essere davvero un centro di trattenimento e su quali strumenti occorrano per gestire con realismo – e non con propaganda – uno dei nodi più delicati dell’agenda italiana ed europea.

Il CPR
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