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18 Novembre 2025 - 17:03
Cava. Il “no” di facciata? A San Bernardo nessuno ci crede più
A San Bernardo, dove la gente non è scesa ieri dal pero e nemmeno l’altro ieri, comincia a serpeggiare un sospetto che, per pudore, nessuno osa dire troppo forte. Ma il pudore, si sa, è una specie in via di estinzione, e allora ecco che ogni tanto qualcuno lo lascia sfuggire tra un caffè e un marciapiede, tra il cane al guinzaglio e la fermata dell’autobus: "Siamo proprio sicuri che il “no” del Comune sia un no vero?"
Oh, certo, ufficialmente Matteo Chiantore e la sua Amministrazione hanno detto di no alla cava. Hanno anche usato parole ferme, convinte, indignate. E chi siamo noi per dubitare? Però, accidenti, com’è curioso che questo “no” arrivi sempre dopo, un po’ in ritardo, un po’ in sordina, un po’ quando ormai il latte è versato e la Città Metropolitana ha già intinto il biscotto nel rinnovo della concessione. Ritardo per ritardo, verrebbe da chiedersi se al Comune le mail finiscano in spam e in post indesiderata, oppure se nel frattempo siano tutti così impegnati a fare altro da non riuscire proprio a mettere insieme tre righe prima che scoppi il finimondo.
Poi, però, il dubbio cresce. Perché a San Bernardo, più si scava (metaforicamente, per ora), più si insinua un’idea maliziosa, quasi cattiva: che qui il “no” sia solo di facciata. Un “no” da mettere a verbale, un “no” da appendere fuori dalla porta, un “no” di protocollo che serve solo a evitare che qualcuno la sfondi. Il genere di “no” che si pronuncia guardando dall’altra parte, mentre si spera che Torino risolva la questione in autonomia. Un “no” di opposizione preventiva, insomma: noi diciamo di no, poi vedetevela voi.

Perché, diciamocelo, sarebbe davvero un bel problema per il Comune trovarsi all’improvviso un quartiere in rivolta: residenti, comitati, bambini, genitori, biciclette, cani, gatti, uccelli, canarini, tutti insieme sotto Palazzo Civico a chiedere conto. E allora è quasi comprensibile che qualcuno, in un lampo di genio politico, abbia pensato che fosse meglio far dire “sì” all’altro, a Torino, così il Comune può protestare con la faccia contrita, come un bambino sorpreso con le mani nella marmellata: "noi non c’entriamo, sono stati loro". E via di indignazione ufficiale, che tanto non costa nulla e fa la sua figura.
A San Bernardo, però, la gente ha memoria lunga. E soprattutto non ha l’abitudine di credere alle favole. Qualcuno ricorda ancora i ritardi, le omissioni, il silenzio sul rinnovo della concessione chiuso in un cassetto, mentre il quartiere veniva a sapere tutto dai giornali. Qualcun altro si domanda perché mai un’Amministrazione così ferma nel dire “no” non sia mai riuscita, in 17 anni, a chiudere davvero la partita della cava. E altri ancora notano che gli atti concreti, quelli veri, quelli con un peso, quelli che fanno rumore, non sono mai arrivati. In fondo, si sa: tra il dire e il fare, ci sono di mezzo i camion.
E così nasce il sospetto che il “no” del Comune sia stato calibrato come un mobile dell’Ikea: sta su, più o meno, ma se lo guardi da vicino traballa. Che sia una specie di “no tecnico”, di quelli che si pronunciano perché non si può proprio dire di sì, non quando un intero quartiere è pronto a scendere in strada. Un “no” da manuale di autodifesa politica: prenditi la giusta distanza, non irritare troppo nessuno, e soprattutto fai in modo che la colpa sembri sempre dell’altro.
Il risultato è che oggi, tra le vie del quartiere, si respira un’ironia amara. Non si sa se la cava aprirà davvero, ma intanto la fiducia dei cittadini è già franata come un argine mal costruito. Diciassette anni di rinvii, ritardi, fantasmi amministrativi, e alla fine una decisione presa altrove permette a tutti di recitare la parte dei contrari. Come nelle migliori commedie: "lo volevamo evitare, ma cosa potevamo fare? Noi abbiamo detto di no...".
E così si arriva al punto nodale di tutta la vicenda: non è la cava a scavare nel quartiere, sono le Istituzioni a scavare nella credibilità della politica. E lo fanno con una abilità straordinaria: riescono a prendere una comunità già provata e a farle credere che l’unica certezza rimasta è l’incertezza. A farle pensare che il “no” ufficiale valga quanto il “forse” ufficioso. A farle sospettare che la cava non sia l’unica cosa che qualcuno vuole far passare sotto traccia.
E la domanda finale, che gira tra un caffè al bar e una passeggiata con il cane, è sempre la stessa: ma davvero il Comune sta facendo di tutto per impedirla? O sta solo facendo di tutto per sembrare contrari?
Un dubbio malizioso, certo. Ma a San Bernardo, ormai, hanno smesso di credere che la politica sia un luogo di ingenui.
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