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San Bernardo esplode: “Ignorati, traditi, presi in giro”. La richiesta a Chiantore: “Paghi gli avvocati”

Dopo il rinnovo della concessione della cava, i residenti attaccano senza filtri: decisione “sconcertante e arrogante”, ritardi del Comune, trasparenza mancata e richieste di azioni legali immediate. Il quartiere chiede fatti, non più promesse

San Bernardo esplode: “Ignorati, traditi, presi in giro”. La richiesta a Chiantore: “Paghi gli avvocati”

A San Bernardo, oggi, non è un giorno qualunque. È il giorno in cui il quartiere “piange” e parla con una sola voce, dura, tagliente, senza più pazienza. «È una decisione sconcertante – dicono e scrivono – un atto arrogante che calpesta la qualità della vita dei residenti e svilisce la politica cittadina nel suo ruolo più alto». Non usano mezzi termini i rappresentanti del Comitato No Cava, che reagiscono così al rinnovo della concessione firmato dalla Città Metropolitana di Torino. E non è solo indignazione: è la conferma di una frattura che da anni si allarga tra i cittadini e le Istituzioni.

Il punto di partenza è semplice: il Consiglio comunale di Ivrea, il 26 maggio 2025, si era espresso all’unanimità – maggioranza e opposizione insieme, cosa più unica che rara – dichiarando che la cava è «non strategica e gravemente impattante». «E invece eccoci qui», sbuffano dal Comitato, «con un ente tecnico che procede come se quel voto non fosse mai esistito, come se San Bernardo fosse un quartiere disabitato, come se i cittadini non avessero alcun diritto a essere ascoltati». Per loro, la firma di Città Metropolitana non è solo un atto amministrativo: è «la prova di quanto la politica del territorio conti poco quando si tratta di decisioni prese lontano dalle persone».
E mentre il quartiere si infuria, una domanda rimbalza ovunque: a cosa serve allora votare, discutere, partecipare?

san bernardo

Ma la rabbia non guarda solo verso Torino. Una parte pesantissima del malcontento punta dritto il dito sul Comune di Ivrea, che ha fatto trapelare la notizia solo lunedì 17 novembre. «Il provvedimento della Città Metropolitana è datato 10 novembre. Ne veniamo a conoscenza solo oggi. Perché?», chiedono i residenti. «Com’è possibile che un atto così importante sia stato lasciato per giorni in silenzio, senza che il quartiere ne sapesse nulla?». Per molti, questo episodio è l’ennesima conferma di una gestione lenta, poco trasparente, in cui le informazioni cruciali arrivano sempre dopo, mai quando servono.

E poi ci sono i ritardi, quelli veri. «Chiamarla cava è quasi ironico», osservano amaramente dal Comitato. «Per anni è stata un progetto fantasma, rimasto in un cassetto dal 2008. Mai affrontato, mai chiuso, mai valutato davvero. Una pratica dimenticata che oggi si risveglia come se il quartiere fosse ancora quello di allora, come se non fossero arrivate case, scuole, famiglie, bambini che attraversano le strade ogni mattina». Un immobilismo, accusano, che ha permesso alla burocrazia di trattare il rinnovo come una formalità, ignorando un territorio completamente trasformato.

Il nodo più doloroso è però quello che i cittadini chiamano senza esitazioni “la pietra tombale” sul futuro del quartiere. Perché la cava, con il suo “incubo” annunciato di decine di camion al giorno su vie strette e inadatte come via delle Fornaci e soprattutto via Torino – strade già oggi congestionate, insicure e lontane anni luce dagli standard di una mobilità moderna – non è solo un impatto ambientale: è la cancellazione di anni di progetti di riqualificazione, è la fine del percorso ciclabile che avrebbe unito San Bernardo alla città, è lo smantellamento del disegno di un quartiere più moderno, più sicuro, più vivibile. «Come si possono parlare di piste ciclabili e camion? Come si possono mettere insieme bambini e mezzi pesanti?», sbottano. «È semplicemente impensabile».

Ora però i residenti non vogliono più ascoltare promesse. «Abbiamo letto che il Comune intende mettere in campo tutte le azioni possibili per evitare l’apertura della cava. Ma le parole non bastano più».
Il Comitato chiede due cose, chiare, immediate, non negoziabili. La prima: un incontro pubblico, subito. «Non per sentirci ripetere quanto l’Amministrazione è contraria», precisano. «Questo lo sappiamo. Vogliamo sapere cosa farà davvero: quali strumenti legali, quali atti tecnici, quali strategie». La seconda è ancora più esplicita: «Il Comune sostenga con atti concreti eventuali azioni legali che i cittadini decideranno di intraprendere. Il tempo delle dichiarazioni è finito».

A San Bernardo, intanto, cresce la certezza che questa non sia solo una questione urbanistica o ambientale, ma un banco di prova per capire quanto la voce di un quartiere conti davvero. E la risposta, per ora, è amara. «Non ci arrendiamo», promettono. «Ma adesso tocca alla politica dimostrare di non essere solo spettatrice. Perché a pagare le conseguenze, come sempre, saremo noi».

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