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Salvini frena su Zaia mentre la Lega esplode sull’autonomia a ridosso del voto che può ribaltare i rapporti di forza nel centrodestra

Il governatore veneto resta al centro delle tensioni interne, Calderoli accelera sulle preintese e Vannacci viene isolato mentre la campagna elettorale entra nelle ore più delicate

La Lega si spacca sul caso Zaia mentre Salvini cambia linea e rilancia l’autonomia in un Veneto decisivo per gli equilibri nazionali

La Lega si spacca sul caso Zaia mentre Salvini cambia linea e rilancia l’autonomia in un Veneto decisivo per gli equilibri nazionali

La campagna elettorale veneta entra nella sua fase più tesa con un brusco cambio di rotta all’interno della Lega. A ventiquattro ore dalla sua candidatura in pectore alle suppletive per il Parlamento, il vicepremier Matteo Salvini ha frenato sull’ipotesi di portare a Roma il governatore uscente del Veneto Luca Zaia, inizialmente indicato come possibile sostituto del candidato alla Regione Alberto Stefani. Una mossa inattesa, arrivata dopo le parole dello stesso Zaia, che — interrogato sull’endorsement del segretario leghista — aveva gelato gli entusiasmi: «Queste sono discussioni di fantasia che poi rischiano di fare i titoloni nei giornali. Sarà bene che mi dedichi anche in questa ultima settimana a una campagna importante». Una campagna che lo vede capolista della Lega in ogni provincia. Zaia ha poi ricordato scherzosamente le continue indiscrezioni sul suo futuro politico: «Io sono sempre candidato a tutto quello che passa il convento».

La replica di Salvini è arrivata poco dopo, con un’evidente retromarcia: «Zaia per quello che ha fatto di grande in questi 15 anni può assolutamente decidere cosa fare per i veneti, in Veneto o altrove». Il leader del Carroccio ha ribadito l’obiettivo di «prendere voti in più della sinistra», ma non ha nascosto l’ambizione di fare meglio di Fratelli d’Italia: «Se i veneti ci riconsegnassero la Lega come partito più forte del Veneto, ne sarei ovviamente felice».

Secondo i sondaggi, lo scontro nelle urne sarà serrato proprio tra gli alleati di governo. E se la premier Giorgia Meloni salirà a Padova accompagnata da Salvini e dal vicepremier Antonio Tajani, la risposta leghista punta tutto sull’Autonomia differenziata. Il ministro Roberto Calderoli è atteso a Venezia per firmare la prima preintesa, proprio con il Veneto. Seguiranno Lombardia, Piemonte e Liguria. Salvini definisce il momento il frutto «di 30 anni di battaglie», mentre Zaia lo esalta come «una giornata storica». Ma per le opposizioni la lettura è opposta: l’ex presidente della Camera Roberto Fico, candidato in Campania per il M5s e il centrosinistra, parla di «vergogna» e di «uno schiaffo ai campani». Il presidente dei senatori Pd Francesco Boccia definisce l’operazione una «pericolosa buffonata», mentre il sindaco di Milano Beppe Sala liquida l’autonomia come «fatta male» e avverte che non potrà «avere il mio supporto».

ROBERTO FICO

L’accelerazione sulle preintese, tuttavia, potrebbe non oscurare il grande appuntamento di Padova, dove Meloni sarà protagonista insieme a tutti i leader della coalizione. Sullo sfondo si muove anche il caso Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega, che in Veneto è stato tenuto ai margini della campagna elettorale nonostante la sua carica. Non sono mancati scambi di frecciate con Zaia, ma il generale ha messo comunque in calendario un suo mini-tour: Musile di Piave, Montecchio Maggiore e infine Isola della Scala, alla Fiera del Bollito, insieme al consigliere regionale uscente Stefano Valdegamberi.

ROBERTO VANNACCI

Nel Veneto che si prepara al voto del 23-24 novembre, la Lega prova dunque a giocare più partite insieme: difendere la leadership territoriale, tenere uniti gli equilibri interni, promuovere l’autonomia come bandiera identitaria e gestire con cautela figure ingombranti come Vannacci. Mentre la figura di Zaia, popolare e potente, rimane al centro della scena, ma sempre più difficile da incasellare in strategie precostituite.

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