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17 Novembre 2025 - 16:28
Addio alle gemelle Kessler, ultime icone di un’epoca che l’Italia non ha mai dimenticato
Si sono spente come avevano vissuto: insieme, senza mai separarsi. Alice ed Ellen Kessler, le gemelle più famose del Novecento televisivo europeo, sono morte a Grünwald, vicino a Monaco di Baviera, la città in cui vivevano da decenni. Avevano 89 anni. A dare la notizia è stato il quotidiano tedesco Bild, lo stesso che nei loro anni d’oro le aveva celebrate come un fenomeno di eleganza, modernità e disciplina. Una carriera iniziata giovanissime, esplosa in Europa e diventata leggenda soprattutto in Italia, dove le Kessler hanno incarnato lo spirito del varietà degli anni Sessanta: un misto di perfezione coreografica, glamour, leggerezza e un’ironia che col tempo ha assunto il valore di un marchio culturale.
La loro storia è intrecciata a doppio filo: nate nel 1936 a Nerchau, nell’allora Germania orientale, crebbero con un talento innato per la danza e lo spettacolo. L’adolescenza fu segnata dalla severità degli studi di balletto professionale, che affrontarono con una disciplina ferrea, quella che sarebbe poi diventata il segreto della loro armonia perfetta sul palco. Non è un caso che, prima ancora della televisione, furono notate dagli impresari dei grandi cabaret europei: corpi identici, gambe lunghissime, precisione assoluta nei movimenti e uno stile atletico che anticipava di anni la modernità del musical americano.
Il pubblico italiano le scoprì negli anni Cinquanta e se ne innamorò definitivamente con il boom di “Da-da-umpa”, un motivetto che divenne identità popolare, ripetuto nelle case, nelle piazze, nelle scuole, ovunque lo spettacolo leggero costruisse immaginario collettivo. Le Kessler erano più che ballerine: erano un simbolo. Portavano in scena una femminilità sicura, dinamica, internazionale, lontana dagli stereotipi italiani dell’epoca. Quando poi arrivò “La notte è piccola per noi”, la loro leggenda era già compiuta: erano entrate nell’immaginario nazionale con la naturalezza dei miti.

Non erano solo bellezza o charme. La loro carriera fu costruita sulla competenza: studi, dedizione, un rigore che stupiva colleghi e registi. A chi chiedeva il segreto della loro perfezione scenica, rispondevano con un sorriso, come se tutto fosse naturale. Ma la loro presenza televisiva era un mosaico di piccoli dettagli: sincronia millimetrica, movimenti speculari, capacità di “riempire” lo schermo anche con una postura. Non era solo intrattenimento, era un linguaggio fisico sofisticato.
Gli anni del varietà televisivo italiano — tra Studio Uno, Canzonissima, Senza Rete — furono segnati dal loro passo. In un Paese che cambiava rapidamente, che usciva dal dopoguerra e cercava modelli nuovi, Alice ed Ellen rappresentarono una finestra sull’Europa, un ponte con una modernità che l’Italia stava ancora imparando a conoscere. Portarono uno stile internazionale, lo resero popolare, lo adattarono al gusto nazionale con una naturalezza sorprendente. E lo fecero senza mai abbandonare quell’ironia lieve e affettuosa che le rese figure familiari, quasi intime, per milioni di persone.
La loro vita privata, così riservata, fu in realtà attraversata da una scelta radicale di unità. Vivevano insieme, lavoravano insieme, decidevano insieme. Non c’era una “più famosa”, una “più talentuosa”: c’erano le Kessler, inscindibili. E anche la loro idea di morte rispecchiava questa simmetria profonda. Come dichiarò anni fa Alice al Bild: «Io e Ellen vogliamo che le nostre ceneri vengano mischiate un giorno con quelle di nostra madre e possano essere conservate tutte e tre insieme. Ne abbiamo dato disposizione nei nostri testamenti». In quella stessa volontà, raccontavano il desiderio di restare unite anche al loro amatissimo cagnolino Yello, le cui ceneri volevano custodire accanto alle proprie.
È un’immagine che colpisce, oggi che la notizia della loro scomparsa attraversa l’Europa: il cerchio familiare che si chiude, la simmetria perfetta che caratterizzò ogni istante della loro esistenza. Le due sorelle che ballavano all’unisono davanti a milioni di telespettatori, che parlavano quasi sempre al plurale, che costruirono un’intera carriera sull’intimità della loro gemellarità, scelgono di andarsene insieme, nello stesso luogo, nello stesso giorno, come se anche l’ultimo passo dovesse essere sincronizzato.
Il loro lascito va oltre la nostalgia televisiva. Le Kessler hanno rappresentato la possibilità di un intrattenimento leggero ma colto, popolare ma raffinato, internazionale e insieme profondamente italiano. Hanno portato nella cultura di massa un modello nuovo di figura femminile: autonoma, atletica, determinata, elegante. Hanno attraversato decenni con discrezione e dignità, senza mai trasformarsi in caricature di sé stesse, senza inseguire mode o polemiche, rimanendo ciò che erano sempre state: artiste.
La loro morte lascia un vuoto che è soprattutto identitario. Per chi le ha viste in televisione negli anni d’oro, ma anche per chi le ha riscoperte negli archivi Rai, le Kessler non erano un numero di spettacolo: erano un’epoca. Una stagione in cui il Paese imparava a ridere, a sognare, a ballare, a guardare avanti con leggerezza. Una stagione che oggi si chiude definitivamente.
Eppure, nel ricordo collettivo resterà sempre quell’immagine: due figure identiche che entrano in scena, sorridono, si guardano, muovono un passo e lo fanno insieme, perfettamente. Anche nell’addio.
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