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16 Novembre 2025 - 09:02
Crescentino, morosi nelle case popolari e comunità spaccata: il Comune tenta il dialogo mentre l’opposizione invoca sfratti immediati
Nei corridoi delle case popolari di Crescentino si respira un’aria sospesa. Ogni porta racconta una storia diversa: famiglie travolte da difficoltà improvvise, lavoratori in affanno, pensioni che non bastano più, ma anche ritardi, disattenzioni e – in alcuni casi – mancanza di responsabilità. È dentro questo mosaico che si inserisce la questione della morosità negli alloggi sociali, salita in questi giorni al centro del dibattito politico locale per la sua dimensione ormai preoccupante.
Il Comune ha convocato tavoli tecnici per analizzare la situazione, con un approccio che lo stesso sindaco Vittorio Ferrero definisce «caso per caso», segno della volontà di distinguere tra chi non può e chi non vuole pagare. Ferrero lo ha spiegato con chiarezza dopo il primo confronto in Consiglio comunale: «Si sono svolti i tavoli tecnici in cui si sono affrontati i casi maggiormente delicati così da valutare le singole fattispecie di morosità incolpevole dovute a criticità di natura socio-economica».
L’obiettivo dichiarato è prevenire la decadenza dell’alloggio sociale, evitando cioè che la morosità diventi la miccia di uno sfratto. «Questi incontri servono proprio per prevenire sfratti dagli alloggi sociali», incalza il sindaco, che ringrazia anche la presenza del capogruppo d’opposizione Salvatore Sellaro, interpretandola come segnale di una sensibilità condivisa.

Ma se sul fronte della diagnosi i due schieramenti si muovono in sintonia, sulle cure il confronto si fa più acceso. Sellaro, pur riconoscendo la necessità dei piani di rientro, spinge per un cambio di passo, una linea più netta e meno elastica verso chi non onora gli impegni: «Va bene chiedere e ottenere un piano di rientro, ma occorre che queste persone ogni mese paghino la quota di affitto dovuto oltre alla quota per rientrare del debito».
Il suo ragionamento è lineare: l’equità non può valere solo per chi è in difficoltà, ma anche per chi – spesso a prezzo di sacrifici – è puntuale con i versamenti. «Questa situazione non è assolutamente corretta nei confronti di chi ogni mese paga pur di non aver debiti», ammonisce. E ribadisce che gli affitti delle case popolari «sono anche molto bassi», dunque l’obbligo di pagarli «è un dovere di chiunque abiti nelle case popolari. Diversamente devono lasciarle».
Poi l’ultimatum: «La prima volta che però quanto dovuto non verrà versato, si dovrà procedere con gli sfratti». Un messaggio che punta a rimettere al centro la certezza delle regole, anche se il tema resta tra i più delicati dal punto di vista sociale.
Ma c’è anche un secondo fronte, quello della gestione degli alloggi. Sellaro chiede infatti che Atc intervenga sulle manutenzioni, ricordando che un patrimonio immobiliare degradato non fa che aggravare tensioni già evidenti. La qualità delle case, in fondo, è parte del patto di fiducia tra istituzioni e cittadini: difficile chiedere responsabilità agli inquilini se chi gestisce gli immobili trascura la sua.
Dalle due posizioni emerge una tensione inevitabile ma necessaria: da una parte la tutela delle famiglie colpite da eventi imprevedibili, dall’altra la risposta ai cittadini che rispettano le scadenze e pretendono giustizia. È in mezzo che si collocano i piani di rientro, lo strumento che può evitare lo sfratto senza rinunciare al principio di responsabilità individuale. Se ben calibrati e rispettati, permettono di tenere insieme i due corni del problema.
L’aspetto più complesso, però, resta la prevenzione degli sfratti, evocati dall’opposizione come extrema ratio ma che l’Amministrazione vorrebbe scongiurare attraverso un monitoraggio serrato. Crescentino sta quindi giocando una partita cruciale: proteggere chi è fragile senza legittimare comportamenti opportunistici, garantire equità senza spezzare la coesione sociale, essere severi senza essere ciechi.
Il rischio, altrimenti, è che il sistema dell’edilizia sociale perda equilibrio, fiducia e sostenibilità. La posta in gioco è molto più ampia dei singoli casi: riguarda la capacità di una comunità di reggere alle pressioni del presente senza lasciare indietro nessuno e senza tradire il senso stesso di ciò che pubblico significa.
Nei corridoi delle case popolari di Crescentino si respira un’aria sospesa. Ogni porta racconta una storia diversa: famiglie travolte da difficoltà improvvise, lavoratori in affanno, pensioni che non bastano più, ma anche ritardi, disattenzioni e – in alcuni casi – mancanza di responsabilità. È dentro questo mosaico che si inserisce la questione della morosità negli alloggi sociali, salita in questi giorni al centro del dibattito politico locale per la sua dimensione ormai preoccupante.
Il Comune ha convocato tavoli tecnici per analizzare la situazione, con un approccio che lo stesso sindaco Vittorio Ferrero definisce «caso per caso», segno della volontà di distinguere tra chi non può e chi non vuole pagare. Ferrero lo ha spiegato con chiarezza dopo il primo confronto in Consiglio comunale: «Si sono svolti i tavoli tecnici in cui si sono affrontati i casi maggiormente delicati così da valutare le singole fattispecie di morosità incolpevole dovute a criticità di natura socio-economica».
L’obiettivo dichiarato è prevenire la decadenza dell’alloggio sociale, evitando cioè che la morosità diventi la miccia di uno sfratto. «Questi incontri servono proprio per prevenire sfratti dagli alloggi sociali», incalza il sindaco, che ringrazia anche la presenza del capogruppo d’opposizione Salvatore Sellaro, interpretandola come segnale di una sensibilità condivisa.
Ma se sul fronte della diagnosi i due schieramenti si muovono in sintonia, sulle cure il confronto si fa più acceso. Sellaro, pur riconoscendo la necessità dei piani di rientro, spinge per un cambio di passo, una linea più netta e meno elastica verso chi non onora gli impegni: «Va bene chiedere e ottenere un piano di rientro, ma occorre che queste persone ogni mese paghino la quota di affitto dovuto oltre alla quota per rientrare del debito».
Il suo ragionamento è lineare: l’equità non può valere solo per chi è in difficoltà, ma anche per chi – spesso a prezzo di sacrifici – è puntuale con i versamenti. «Questa situazione non è assolutamente corretta nei confronti di chi ogni mese paga pur di non aver debiti», ammonisce. E ribadisce che gli affitti delle case popolari «sono anche molto bassi», dunque l’obbligo di pagarli «è un dovere di chiunque abiti nelle case popolari. Diversamente devono lasciarle».
Poi l’ultimatum: «La prima volta che però quanto dovuto non verrà versato, si dovrà procedere con gli sfratti». Un messaggio che punta a rimettere al centro la certezza delle regole, anche se il tema resta tra i più delicati dal punto di vista sociale.
Ma c’è anche un secondo fronte, quello della gestione degli alloggi. Sellaro chiede infatti che Atc intervenga sulle manutenzioni, ricordando che un patrimonio immobiliare degradato non fa che aggravare tensioni già evidenti. La qualità delle case, in fondo, è parte del patto di fiducia tra istituzioni e cittadini: difficile chiedere responsabilità agli inquilini se chi gestisce gli immobili trascura la sua.
Dalle due posizioni emerge una tensione inevitabile ma necessaria: da una parte la tutela delle famiglie colpite da eventi imprevedibili, dall’altra la risposta ai cittadini che rispettano le scadenze e pretendono giustizia. È in mezzo che si collocano i piani di rientro, lo strumento che può evitare lo sfratto senza rinunciare al principio di responsabilità individuale. Se ben calibrati e rispettati, permettono di tenere insieme i due corni del problema.
L’aspetto più complesso, però, resta la prevenzione degli sfratti, evocati dall’opposizione come extrema ratio ma che l’Amministrazione vorrebbe scongiurare attraverso un monitoraggio serrato. Crescentino sta quindi giocando una partita cruciale: proteggere chi è fragile senza legittimare comportamenti opportunistici, garantire equità senza spezzare la coesione sociale, essere severi senza essere ciechi.
Il rischio, altrimenti, è che il sistema dell’edilizia sociale perda equilibrio, fiducia e sostenibilità. La posta in gioco è molto più ampia dei singoli casi: riguarda la capacità di una comunità di reggere alle pressioni del presente senza lasciare indietro nessuno e senza tradire il senso stesso di ciò che pubblico significa.
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