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13 Novembre 2025 - 11:30
Giornata mondiale della gentilezza: l’Italia prova a darle un valore politico
La Giornata Mondiale della Gentilezza, celebrata ogni 13 novembre, quest’anno assume in Italia un significato diverso, più concreto e più ambizioso. Non solo una ricorrenza simbolica, ma l’occasione che coincide con la presentazione del Kindness Act, una proposta di legge che mira a inserire la gentilezza tra i parametri ufficiali con cui si misura il benessere del Paese. Un passaggio che potrebbe segnare una svolta culturale e politica, trasformando un valore spesso relegato alla sfera personale in un criterio operativo nelle politiche pubbliche.
Alla guida di questa iniziativa c’è Natalia Re, presidente del Movimento Italiano per la Gentilezza. Per lei non si tratta di un concetto astratto, ma di un elemento strutturale nella costruzione di una società più equilibrata: «La gentilezza è un atto politico: l’Italia ha bisogno di un Kindness Act», afferma. L’obiettivo è il riconoscimento della gentilezza come XIII indicatore BES, gli indici dell’ISTAT che valutano il progresso non solo sulla base di dati economici, ma attraverso una lettura più ampia della qualità della vita. L’onorevole Martina Semenzato è il riferimento parlamentare della proposta.
Il disegno di legge si articola intorno alla Carta dei Sei Valori della Gentilezza, un nucleo etico composto da rispetto, ascolto, solidarietà, equità, pazienza e generosità. Valori che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbero diventare parte integrante della progettazione amministrativa in tutti i livelli dello Stato. Accanto a questo impianto, due testi collegati si concentrano su istruzione e lavoro: prevenzione del bullismo nelle scuole e creazione di ambienti professionali inclusivi, con un’attenzione particolare alla lotta contro molestie e discriminazioni.

Dietro questa operazione c’è un’idea chiara: la gentilezza non è solo un comportamento individuale, ma un fattore con ricadute economiche misurabili. Secondo l’OIGEC, il maltrattamento sui minori genera una spesa pubblica superiore ai 13 miliardi di euro, pari allo 0,84% del PIL. È un dato che mette in luce quanto la mancanza di cura, protezione e attenzione verso le fasce fragili possa produrre costi enormi. Natalia Re sintetizza così la questione: «Società più gentili sono società più sostenibili». Il concetto è sostenuto anche da una ricerca del MIT Sloan Management Review, secondo cui una cultura aziendale tossica pesa dieci volte di più della retribuzione nel determinare il turnover del personale. In altre parole, gentilezza e qualità delle relazioni non sono un lusso, ma un elemento di competitività economica.
Il Kindness Act si inserisce in un percorso internazionale già avviato da diversi Paesi. Il Giappone da anni promuove programmi educativi sulla tolleranza nelle scuole; il Canada, con il Multiculturalism Act del 1988, ha posto l’inclusione al centro della sua identità nazionale; il Bhutan è diventato un riferimento globale introducendo la Felicità Interna Lorda come indice alternativo al PIL, un modello che ha ispirato ricerche e dibattiti anche in Europa. L’Australia e i Paesi scandinavi hanno a loro volta emanato norme che favoriscono relazioni sociali rispettose e ambienti di lavoro più attenti al benessere delle persone.
In questo contesto, la proposta italiana non nasce nel vuoto. Risponde a un clima sociale segnato da polarizzazioni, tensioni quotidiane e un aumento generalizzato di comportamenti aggressivi, dentro e fuori dalla rete. L’idea è riportare al centro il valore della cura reciproca come motore di cambiamento, ricordando che la gentilezza non è debolezza, ma un esercizio di responsabilità. La stessa filosofia che ispirava la frase attribuita a Platone: «Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre».
In una fase storica in cui le fragilità sociali aumentano, l’Italia prova dunque a trasformare un principio etico in strumento politico. Il Kindness Act non è ancora legge, ma il solo fatto di averlo presentato indica una direzione chiara: fare della gentilezza un indicatore di progresso, un parametro capace di influenzare scelte educative, del lavoro e della governance pubblica. La sfida ora sarà trasformare un’intenzione nobile in pratiche quotidiane, perché la gentilezza, quando diventa politica, chiede coerenza, impegno e la capacità di riconoscere la propria parte nella costruzione di una società più umana.
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