AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
12 Novembre 2025 - 17:15
Uva e riso svenduti: la crisi silenziosa dei campi italiani. Dalla Puglia al Vercellese, i contadini lavorano in perdita
C’è un’Italia che continua a zappare, seminare e raccogliere per poi scoprire che il suo lavoro vale sempre meno. È quella dei campi, dove i prezzi riconosciuti agli agricoltori sono in caduta libera, mentre i costi di produzione restano alti come muri. Lo denuncia la Coldiretti, dopo la pubblicazione della nota Istat sull’economia italiana: una fotografia impietosa che mostra un’agricoltura spremuta da importazioni a basso costo e regole diseguali.
Secondo i dati Ismea di ottobre, la forbice tra ciò che costa produrre e ciò che viene pagato si allarga. Il grano duro cala del 13%, il riso del 17%, l’uva da tavola del 56%, e ci sono varietà come l’Arborio che hanno perso addirittura il 35% del valore rispetto allo scorso anno. Pomodori -40%, lattuga -33%: numeri da allarme rosso. Eppure, nei supermercati, i prezzi restano stabili o addirittura crescono. Il margine che manca agli agricoltori si perde altrove, lungo una filiera sempre più opaca.
Per Coldiretti, la responsabilità è chiara: importazioni fuori controllo e mancanza di trasparenza. I prodotti stranieri, spesso provenienti da Paesi extra-Ue, invadono il mercato a prezzi stracciati, spingendo verso il basso il valore delle produzioni italiane. “Una concorrenza sleale – denuncia l’associazione – che prospera grazie all’assenza del principio di reciprocità delle regole”. In molti Paesi, infatti, si utilizzano pesticidi o antibiotici vietati in Europa, eppure quelle merci entrano legalmente nel nostro mercato, senza obbligo di etichetta d’origine.

L’Italia è il primo produttore di riso in Europa. Più della metà delle risaie dell’Unione si trova nel triangolo tra Piemonte, Lombardia e Veneto, con il Vercellese e il Novarese a fare da cuore pulsante della risicoltura nazionale. Qui, lungo le risaie disegnate dai canali cavouriani, si coltivano varietà storiche come Carnaroli, Arborio e Baldo, oggi messe in ginocchio da importazioni a basso prezzo da Paesi asiatici come Myanmar, Cambogia e Vietnam. Il risultato è un crollo dei listini: l’Arborio ha perso il 35% del valore, e molti produttori stanno valutando di ridurre o riconvertire le superfici.
A Vercelli, simbolo stesso del riso italiano, Coldiretti denuncia che i costi di produzione superano ormai di molto il prezzo riconosciuto al chilo. “Coltivare riso oggi significa rischiare di andare in perdita”, spiegano gli agricoltori. A pesare non c’è solo la concorrenza asiatica, ma anche il costo dell’acqua, dei concimi e del gasolio agricolo. Eppure, il riso italiano resta unico: senza residui chimici, tracciabile, frutto di una filiera corta che unisce agricoltura e paesaggio.
Per l’uva da tavola, la crisi corre da Sud a Nord, ma colpisce soprattutto le regioni simbolo: Puglia e Sicilia, che insieme producono oltre il 70% del totale nazionale. Nel Barese, nei distretti di Mola, Rutigliano e Noicattaro, i grappoli vengono pagati anche meno di 40 centesimi al chilo, un prezzo che non copre nemmeno i costi di raccolta. Gli agricoltori pugliesi parlano di “stagione nera”, aggravata da un clima estremo e da importazioni di uva senza tracciabilità da Grecia e Turchia.
In Sicilia, dove l’uva da tavola è un patrimonio identitario (dalla Regina di Mazzarrone Igp alla Vittoria di Canicattì), la situazione è analoga: il mercato è saturo di prodotto estero e i magazzini restano pieni. “Siamo schiacciati da una concorrenza che non rispetta le stesse regole – raccontano i produttori – mentre i nostri costi lievitano e nessuno controlla cosa arriva nei porti”.
Dietro i numeri, c’è un’Italia agricola che rischia di sparire: quella che garantisce qualità, sicurezza e lavoro vero. Se il prezzo di un chilo di riso o di un grappolo d’uva continua a essere deciso dalle importazioni, più che dal mercato, a perdere sarà il Paese intero. Non solo per l’economia, ma per l’identità stessa di un’agricoltura che ha fatto dell’eccellenza la sua bandiera.
Non è solo un problema di soldi, ma di dignità. Di un lavoro che non viene più riconosciuto per ciò che vale. Ventimila agricoltori sono scesi in piazza con Coldiretti nelle scorse settimane, chiedendo al Governo di intervenire. L’esecutivo ha accolto la piattaforma di proposte e qualche risultato s’è visto, ma la battaglia è appena iniziata. Il rischio è che interi settori strategici, come il riso e l’uva da tavola, finiscano in ginocchio.
Edicola digitale
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.