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Cultura
12 Novembre 2025 - 21:59
Lo scorso fine settimana, la comunità della Valle di Viù ha ospitato il secondo modulo residenziale di RUTAxINCIT 2025, un progetto nato dall’associazione culturale elvira che vuole unire la formazione cinematografica alla riflessione sui temi del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale nell’area alpina italo-francese. Trenta giovani under 35, provenienti da Italia e Francia, sono stati ospitati ad Usseglio per trasformare la propria conoscenza sui temi ambientali in narrazione visiva, sotto la guida di un team multidisciplinare di registi, antropologi e attivisti.
Il progetto vede infatti la partecipazione di diverse figure, tra cui Beatrice Surano (regista e sociologa) Michela Locati (creative director e attivista), Valentina Porcellana e Gabriele Orlandi (antropologi ricercatori dell'Università della Valle d'Aosta), Morena Terranova (montatrice e co-fondatrice dell’associazione elvira), Dunja Lavecchia (regista e multimedia content creator) e la sceneggiatrice Zelia Zbogar.

RUTAxINCIT è il risultato della collaborazione tra l’esperienza di Ruta, una scuola di cinema ambientale nata a Torino dall’associazione culturale elvira, e il progetto INCIT del programma di cooperazione transfrontaliera europea ALCOTRA. “Il nostro obiettivo è quello di avvicinare giovani creativə al tema della sostenibilità ambientale e formare le persone selezionate al racconto della crisi climatica” si legge sul sito di elvira, che dal 2021 organizza ogni anno una summer school sul tema della sostenibilità ambientale.
L’offerta di quest’anno ha però cambiato modalità. Non più una full immersion estiva, ma un percorso formativo gratuito che si snoderà in forma residenziale e online tra Piemonte, Valle d'Aosta e Francia, e che punta a fornire ai partecipanti “competenze e strumenti che consentano alla comunità locale transfrontaliera non solo di comprendere i cambiamenti climatici, ma anche di assumere un ruolo proattivo nelle dinamiche di sensibilizzazione e nell’agire quotidiano”.
“Vogliamo promuovere film ad alto impatto sociale, ma a basso impatto ambientale” sostengono le fondatrici dell’associazione culturale elvira. Una frase che racchiude il senso profondo di questo percorso, che si concluderà con la produzione di tre cortometraggi trilingue girati dai e dalle giovani selezionati. I film saranno poi distribuiti nei territori alpini di riferimento e attraverso i festival, con l’obiettivo di rappresentare degli “strumenti di sensibilizzazione” sul tema del cambiamento climatico in alta quota.
Il modulo residenziale che si è tenuto a Usseglio è stato incentrato sulla scrittura e i corti hanno iniziato a prendere forma narrativa a partire dalle idee e le riflessioni emerse nel primo incontro (tenutosi a ottobre). Nei prossimi moduli, le trenta persone partecipanti affronteranno le fasi di pre-produzione e fotografia, produzione e, infine, montaggio con l’obiettivo di terminare entro la fine di febbraio.

La proposta di RUTAxINCIT rappresenta un lavoro artistico che ha una valenza sociale importante per raccontare e immaginare il futuro degli ambienti montani, aggiungendosi ai numerosi contributi giornalistici e accademici che da tempo monitorano e raccontano come l’azione umana stia modificando il territorio e le conseguenze che ha sulla società e l’economia delle comunità locali.
Tra le ultime pubblicazioni su questo tema, ricordiamo Alpi, la fine dello sci per come lo conosciamo, la prima parte di una inchiesta transnazionale sull’impatto dell’industria dello sci sulle montagne italiane e francesi alla vigilia di Milano-Cortina 2026. Il lavoro, realizzato da Michele Bertelli, Federica Bonalumi e Alessandra Tranquillo, e pubblicato su IrpiMedia, denuncia che “fra cinquant’anni sull’arco alpino sotto i 1.800 metri non nevicherà più e la neve già scarseggia. Gli impianti sciistici cercano di sopravvivere grazie all’innevamento artificiale e ai finanziamenti pubblici”.
Si tratta di un processo che interessa anche le Valli di Lanzo. Ne è un esempio l’inaugurazione dell’impianto Pakinò di Balme, avvenuta il 15 febbraio scorso, che ha avviato la stagione sciistica in Val d’Ala. L’evento, a cui hanno partecipato anche alcuni sindaci dei comuni vicini, è stato posticipato fino alle porte del Carnevale a causa della scarsità della neve.
Un aspetto da non sottovalutare che colpisce, in primo luogo, il turismo e l’economia locale. Come abbiamo ricordato in questo articolo, nonostante le previsioni non migliorino e la neve che cadrà sarà sempre di meno, l'industria dello sci e le Regioni continuano a investire: l'Anef ha stanziato 310 milioni di euro per la stagione, puntando anche sulle Olimpiadi del 2026. Anche la Regione Piemonte ha destinato 33 milioni al sistema neve, con una parte cospicua destinata alla sicurezza e ai comuni olimpici. Di fronte a investimenti da record, però, le conseguenze del cambiamento climatico in quota minacciano un'intera filiera che dà lavoro a circa 15.000 persone.
Per rimanere a Usseglio, un altro esempio che negli ultimi anni ha animato il dibattito pubblico è il progetto della multinazionale australiana Altamin Ltd di riaprire la miniera di cobalto di Punta Corna. Si tratta di un progetto estrattivo, momentaneamente sospeso, le cui conseguenze negative sul territorio e sull’ambiente sono state denunciate da numerose associazioni.
A questo proposito, già nel 2021, durante le prime fasi di esplorazione, l’associazione Pro Natura Piemonte aveva inviato un documento di 4 pagine al Ministero dell’Ambiente con Osservazioni in merito alla richiesta di rinnovo e ampliamento del permesso di ricerca mineraria, in cui si indicavano alcune criticità legate alle attività di esplorazione. Tra i punti toccati, l’associazione sottolineava la possibile ricaduta negativa sul patrimonio ambientale, archeologico e paesaggistico della zona. “L'aumento del turismo alpino costituisce una componente di valore economico per i Comuni montani, in particolare quando l'elemento di attrazione è costituito dalle bellezze ambientali in senso lato. Si tratta di un patrimonio che per sua natura subisce alterazioni minime e quindi costituisce un bene che rimane nel tempo, a differenza di ricerche minerarie che danno occupazione temporanea, ma soprattutto fanno l'interesse, in genere, di multinazionali che sfruttano il territorio e poi lo lasciano rovinato e privo dei suoi essenziali motivi di attrazione” si legge nel documento.
A fronte di questi due esempi che mostrano solo una piccola parte delle complesse conseguenze che l’azione umana e il cambiamento climatico hanno sulle nostre montagne, l’iniziativa proposta dall’associazione culturale elvira svolge un ruolo decisivo nel documentare questi processi di cambiamento e nel dare voce alle popolazioni che vivono nei territori interessati. Voci che la politica e le amministrazioni locali hanno il dovere di ascoltare e da cui è possibile partire per la messa in campo di strategie efficaci per trovare una soluzione alle trasformazioni in atto.
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