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11 Novembre 2025 - 20:08
L’Italia oggi è tra i leader mondiali, ma la carenza di donatori resta il vero ostacolo
Sono passati quarant’anni dal primo trapianto di cuore in Italia, ma la corsa contro il tempo non è finita. Era il 14 novembre 1985 quando l’équipe del professor Vincenzo Gallucci realizzava a Padova il primo intervento, appena tre giorni dopo il decreto con cui l’allora ministro della Sanità Costante Degan ne autorizzava ufficialmente la procedura. Quell’operazione aprì una nuova era della trapiantologia italiana: in poco più di una settimana seguirono altri interventi a Pavia, Udine, Bergamo, Milano e Roma.

Vincenzo Gallucci e il primo trapianto di cuore in Italia
Oggi, quarant’anni dopo, il nostro Paese è ai vertici mondiali per numero di trapianti cardiaci e nel 2024 ha raggiunto un record storico di 413 interventi, con un aumento del 13% rispetto al 2023 e del 38% rispetto al 2022. E la tendenza resta in crescita: nei primi dieci mesi del 2025 i trapianti di cuore sono già 376, pari a un +8,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti (Cnt), dal 2002 — anno di attivazione del Sistema informativo trapianti — in Italia sono stati eseguiti oltre 7mila trapianti di cuore, con una netta prevalenza di pazienti uomini (74%). A ricordare l’evoluzione della trapiantologia c’è anche una storia straordinaria: quella di Gian Mario Taricco, allora ventenne, che il 18 novembre 1985 fu trapiantato a Pavia dall’équipe del professor Mario Viganò. Quarant’anni dopo, quel cuore batte ancora: è il trapianto di cuore più longevo d’Europa e uno dei più longevi al mondo.
Negli anni anche il profilo dei donatori è cambiato profondamente. Il primo, Francesco Busnello, aveva appena 18 anni quando morì in un incidente stradale. Oggi, invece, l’età media dei donatori è salita a 48 anni, e il più anziano, nel 2024, ne aveva 77. Circa un quarto dei donatori attuali ha più di 60 anni, un dato che testimonia l’efficacia delle nuove tecniche e della selezione clinica.
Una delle innovazioni più rilevanti degli ultimi anni è la possibilità di utilizzare i cuori dei “donatori a cuore fermo”, cioè pazienti il cui decesso viene dichiarato con criteri cardiaci dopo 20 minuti di osservazione. Questa procedura, introdotta nel 2023, ha già permesso di realizzare oltre 80 trapianti, pari al 9% del totale nazionale, con risultati equivalenti a quelli ottenuti con i donatori in morte cerebrale.
«Oggi possiamo guardare con orgoglio a quanto realizzato dalla trapiantologia italiana in questi quarant’anni», ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci. «Il nostro è un sistema di assoluto valore, e a dimostrarlo ci sono i dati, ma soprattutto, dietro i numeri, ci sono le vite di migliaia di pazienti salvati dal trapianto e dal lavoro quotidiano degli operatori ai quali va la nostra gratitudine. È anche per merito di eccellenze come la Rete trapianti che il Servizio sanitario italiano viene riconosciuto come uno dei migliori del mondo».

ORAZIO SCHILLACI - MINISTRO DELLA SALUTE
Ma, accanto ai successi, resta un dato drammatico: 802 pazienti sono ancora in lista d’attesa per ricevere un nuovo cuore, su un totale di oltre 8mila persone che attendono un trapianto d’organo in Italia. «L’attività di trapianto di cuore sta vivendo una crescita esponenziale, e l’obiettivo è quello di consolidare i risultati raggiunti», ha spiegato il direttore del Cnt Giuseppe Feltrin. «In questo momento ci sono 802 pazienti che aspettano un cuore: il nostro impegno è assisterli al meglio, ma per farlo abbiamo bisogno della disponibilità delle persone a donare i propri organi dopo la morte. Oggi, esattamente come 40 anni fa, è ancora il “sì” dei donatori e delle famiglie a fare la differenza per chi aspetta il trapianto, di cuore e non solo».
Dietro ogni cifra, ci sono storie di vita, coraggio e speranza. Quarant’anni dopo il primo trapianto, il cuore della trapiantologia italiana continua a battere forte — ma per centinaia di pazienti, ogni giorno di attesa resta un tempo sospeso.
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