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Tumori in aumento, personale in fuga: la sanità italiana rischia di non reggere l’urto

Secondo il Cipomo, l’Italia è fanalino di coda in Europa per infermieri e oncologi: “Servono azioni immediate o salteranno le cure”

orsie senza oncologi e infermieri, 'cure a rischio'

orsie senza oncologi e infermieri, 'cure a rischio'

Le corsie oncologiche italiane rischiano di svuotarsi mentre aumentano i casi di tumore. A lanciare l’allarme è il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo), che in occasione del congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) ha presentato un quadro preoccupante: nel nostro Paese si contano appena 5 oncologi ogni 100mila abitanti, una delle densità più basse d’Europa.

Secondo il nuovo rapporto congiunto Oecd/Unione Europea, il numero di specialisti in oncologia, pur crescendo del 7% all’anno, resta insufficiente a coprire la domanda di cure, soprattutto nelle aree periferiche e nei piccoli ospedali. Ma a preoccupare ancora di più è la carenza di infermieri specializzati, stimata in almeno 175mila unità: una distanza abissale dagli standard europei che rischia di mettere in crisi l’intera rete oncologica multidisciplinare.

«Il fabbisogno di trattamenti oncologici a livello mondiale è destinato a crescere di oltre il 50% nei prossimi 15 anni», spiega Giuseppe Aprile, segretario nazionale di Cipomo. «Questo comporterà non solo una maggiore pressione sui sistemi sanitari, ma anche una ridefinizione del ruolo degli specialisti».

Secondo le proiezioni del Cipomo, il numero di oncologi in formazione e dei giovani specialisti potrebbe colmare il fabbisogno nazionale nell’arco di 3-5 anni, ma la carenza infermieristica è destinata a protrarsi ben oltre il 2030, con effetti diretti sull’efficienza dei percorsi assistenziali. Mancano inoltre investimenti per la formazione di case manager e figure di supporto nella transizione delle cure dall’ospedale al territorio.

«Un ulteriore elemento di fragilità è rappresentato dal peso crescente delle mansioni amministrative che assorbono oggi oltre il 40% del tempo di lavoro degli oncologi ospedalieri, riducendo il tempo realmente dedicato ai pazienti e contribuendo al rischio di burnout», sottolinea Paolo Tralongo, presidente di Cipomo.

Per il collegio, la crisi può essere affrontata solo con azioni coordinate a più livelli. La vicepresidente Rosarita Silva indica la via: «La trasformazione digitale può contribuire a migliorare l’efficienza organizzativa; la deburocratizzazione potrebbe ridurre il tempo non clinico a carico degli specialisti, mentre una maggiore integrazione con il territorio – supportata dalla collaborazione con i Medici di Medicina Generale adeguatamente formati – può rendere più sostenibile il percorso di cura».

Gli oncologi ospedalieri individuano tre priorità imprescindibili: rafforzare la formazione in oncologia medica e infermieristica; rendere più attrattiva la professione, con percorsi di carriera chiari e riconoscimenti economici adeguati; e favorire modelli di lavoro di squadra per una migliore presa in carico dei pazienti.

«La necessità di una pianificazione nazionale che metta al centro le persone e le competenze – conclude Tralongo – deve avere il duplice obiettivo di assicurare continuità alle cure e mantenere alto il livello di innovazione clinica che ha caratterizzato l’oncologia italiana negli ultimi anni».

Il rischio, se non si interviene subito, è che le eccellenze cliniche conquistate negli ultimi decenni vengano soffocate da una carenza di personale che non risparmia nessuna regione. Una crisi silenziosa che mette a rischio la sostenibilità del sistema e, soprattutto, la vita dei pazienti oncologici.

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