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«Il dono che trasforma»: l’appello del cardinale Repole alle fondazioni per una solidarietà vera

Alla sede di Fondazione CRT l’arcivescovo invita a guardare oltre i bilanci e privilegiare le relazioni gratuite

Cardinale Repole

Cardinale Repole, il messaggio ai musulmani per il Ramadan: “Uniti nella fede e nella speranza” (foto di repertorio)

Un invito lucido e provocatorio, rivolto a una città che spesso misura la solidarietà in numeri e bilanci. Il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, ha tenuto alla Fondazione Crt una conferenza dal titolo eloquente: “Il dono, dimensione essenziale per l’esistenza della società”. Un incontro denso di significato, al quale hanno preso parte la presidente Anna Maria Poggi e il consigliere di indirizzo Giampiero Leo, portavoce del Coordinamento Interconfessionale.

L’intervento di Repole è andato oltre la riflessione teologica, diventando un manifesto etico e civile. «Una Fondazione come la vostra – ha detto – potrebbe erogare fondi senza accorgersi dell’economicismo esasperato che li ha prodotti, e che non viene messo in discussione, erodendo giorno dopo giorno – anche senza volerlo – quelle relazioni gratuite e libere che fondano una vita in comune. Oppure può scegliere di immettere nella nostra città e nella nostra società il germe benefico di legami che contemplano certamente l’economia, ma sono ben più profondi e radicali di quelli offerti dal circolo economico».

Una riflessione che tocca un nervo scoperto: la tendenza, anche nel mondo del volontariato e della filantropia, a tradurre ogni gesto in un dato, ogni dono in un importo. Repole ha invitato a ribaltare la prospettiva, restituendo al concetto di dono una dimensione autenticamente umana e relazionale. «Le scelte di destinare dei fondi – ha proseguito – non sono meri atti burocratici, ma continuano a essere atti umani, con tutto il peso di questo aggettivo».

L’arcivescovo ha quindi messo in guardia dal rischio che anche le migliori iniziative di beneficenza finiscano per assumere una forma di “giustizia contabile”, ridotta a compensazione dei danni prodotti da una società dominata dal profitto. «Le diverse donazioni fatte – ha spiegato – non sono sempre ascrivibili a quel dono che fonda e custodisce la società. Esse sono spesso semplicemente un atto di giustizia, rispetto a meccanismi di iniquità ed esclusione prodotti da società illuse che l’unico circolo possibile sia quello economico. Una giustizia importante e decisiva, eppure ancora diversa dalla gratuità dei legami che fonda la società».

Un pensiero netto, che rifiuta la retorica della carità come semplice redistribuzione di risorse. Repole ha invitato a riscoprire il valore del legame gratuito, quello che non nasce da un calcolo ma da un incontro, dalla responsabilità condivisa verso la comunità. Un messaggio che, nella sede stessa della Fondazione Crt, assumeva un tono quasi programmatico: ripensare la funzione delle istituzioni filantropiche, riportandole al significato originario del donare.

«Si possono erogare fondi mantenendo l’illusione di una società basata sul profitto, oppure – ha concluso – si possono erogare fondi per contrastare tale illusione e avere una cura reale della società». Parole che non suonano come una condanna, ma come una chiamata alla consapevolezza: perché anche la beneficenza, se non accompagnata da una riflessione sulle sue radici, rischia di riprodurre le stesse logiche di disuguaglianza che vorrebbe combattere.

Alla Fondazione Crt, culla di molte delle più importanti iniziative sociali piemontesi, l’intervento del cardinale ha avuto il sapore di un atto di fiducia, ma anche di una sfida. Guardare oltre il bilancio significa riconoscere che la vera ricchezza di una comunità non è nel suo capitale economico, ma nella capacità di generare relazioni autentiche, libere e responsabili.

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