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Rivoluzione negli ospedali: Cirio vuole fondere Sant’Anna e Regina Margherita, ma la Sanità si spacca

La delibera accende lo scontro tra Giunta e opposizioni sul futuro della Città della Salute

Sanità, visite mediche e vaselina... Ma per Cirio e Riboldi va tutto bene:

L'assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi

L’annuncio è di quelli destinati a lasciare il segno nell’assetto sanitario piemontese. La Commissione Sanità del Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la proposta di deliberazione della Giunta Cirio per l’accorpamento degli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita di Torino, due eccellenze che tornerebbero a formare un unico polo dopo anni di gestione separata all’interno della Città della Salute e della Scienza.

L’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi ha illustrato i motivi della scelta, spiegando che la Giunta intende procedere con «uno scorporo ulteriore dalla Città della Salute, includendo anche il Sant’Anna oltre al Regina Margherita, che in passato erano già insieme». Una decisione maturata – ha detto – per alleggerire una struttura considerata «enorme e pachidermica, la più grande d’Italia», e per puntare su una razionalizzazione che mantenga «l’eccellente livello di servizio» garantito dai due ospedali.

L’obiettivo dichiarato è quello di creare un continuum assistenziale mamma-bambino, un percorso unico che accompagni le pazienti e i piccoli degenti «in modo integrato attraverso tutte le fasi dell’assistenza». Un progetto ambizioso, che secondo Riboldi rappresenta «un passo avanti verso un sistema sanitario più efficiente e centrato sulla persona».

Ma le opposizioni non ci stanno. La capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, Alice Ravinale, ha espresso forti perplessità, sottolineando come «tutto ciò che è necessario per lo scorporo sarà fatto con un’ulteriore delibera», mentre quella approvata oggi «è soltanto un documento di intenzioni». Una linea critica condivisa anche dal Movimento 5 Stelle. La capogruppo Sarah Disabato ha rimarcato che «nella delibera non c’è nulla di concreto su come avverrà lo scorporo», e che mancano certezze e dettagli operativi su tempistiche, risorse e organigramma.

Anche il Partito Democratico si è mostrato scettico. Daniele Valle ha parlato apertamente di «passo indietro», mentre la capogruppo Gianna Pentenero ha insistito sulla «necessità di maggiore trasparenza economica», evidenziando il rischio che dietro la riorganizzazione si nascondano interventi strutturali e finanziari non ancora chiariti.

Daniele Valle, consigliere PD

L’assessore Riboldi ha replicato assicurando che il nuovo assetto non cambierà nulla nell’iter del Parco della Salute. Tutti i presidi previsti dal piano originario, ha spiegato, «resteranno confermati». Ha inoltre precisato che «l’edificio destinato a ospitare il Regina Margherita, la cosiddetta torre pediatrica, sarà esterno all’opera del Parco della Salute ma adiacente all’attuale struttura, su terreni già di proprietà della Regione». Una scelta che, nelle intenzioni della Giunta, consentirà di collegare in modo più efficiente i due presidi, oggi «vicini ma non immediatamente connessi».

La delibera, dunque, segna un nuovo snodo nella lunga vicenda del Parco della Salute, progetto simbolo del rinnovamento sanitario piemontese, più volte modificato e rallentato da contrasti politici e da questioni economiche e urbanistiche. Lo scorporo del polo materno-infantile, con il ritorno dell’asse Sant’Anna–Regina Margherita, si inserisce in questa cornice come una correzione di rotta destinata a incidere profondamente sull’organizzazione ospedaliera torinese.

Le perplessità restano, però, anche sul piano operativo. Se da un lato la Giunta rivendica la volontà di “semplificare per migliorare”, dall’altro i gruppi di opposizione denunciano una mancanza di chiarezza sui tempi e sulle risorse necessarie a rendere effettivo l’accorpamento. E, soprattutto, chiedono che ogni passaggio venga accompagnato da una valutazione di impatto economico e gestionale trasparente, per evitare il rischio di creare nuove sovrapposizioni burocratiche.

Nelle prossime settimane, il dibattito tornerà in Consiglio regionale, dove la delibera sarà sottoposta al voto definitivo. E lì, con ogni probabilità, si capirà se quella di Cirio e Riboldi sarà ricordata come una scelta coraggiosa di razionalizzazione o come l’ennesimo capitolo di una riforma ospedaliera incompiuta, rimasta a metà tra promesse e rinvii.

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