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Corso Martiri, il viale della discordia. Maino: "Ciriè in bilico tra storia e degrado"

L’architetto Matteo Maino denuncia lo stato del corso simbolo della città: “Da asse sabaudo celebrato nel Theatrum Sabaudiae a esempio di cattiva progettazione e incuria amministrativa”

Matteo Maino e "l'iconico cartello"

Matteo Maino e "l'iconico cartello"

A Ciriè, Corso Martiri della Libertà non è un viale qualunque. È il cuore storico della città, tracciato nei secoli, celebrato nel Theatrum Sabaudiae come simbolo di eleganza urbana e di identità sabauda. Eppure oggi, quel che doveva essere il “salotto buono” di Ciriè è diventato – come denuncia in un durissimo comunicato l’architetto Matteo E. Maino – un “manifesto di negligenza tecnica e amministrativa”, un luogo che racconta più abbandono che storia.

La denuncia, diffusa con toni netti e parole che non lasciano spazio a interpretazioni, parte da un presupposto chiaro: la trasformazione del corso, voluta e gestita dall’attuale Amministrazione, è il simbolo di un fallimento progettuale. «Ciriè tradisce il suo passato – scrive Maino –. Quello che un tempo era il cuore storico della città è oggi un viale sporco e vuoto, un insulto alla sua eredità».

L’architetto, esperto di restauro e conservazione, elenca con precisione chirurgica gli errori che, a suo giudizio, hanno trasformato un luogo carico di memoria in un contesto disordinato e sgradevole. Dalle panchine in finto legno poroso, che si macchiano e si degradano rapidamente, alla ghiaia scelta come pavimentazione – definita “il punto più grottesco dell’incapacità tecnica” – fino ai tombini ostruiti e al porfido rifatto solo davanti al Municipio, segno di un restyling “di facciata”.

«Le panchine portano indelebilmente i segni dei gelati caduti e delle birre rovesciate – scrive Maino –. La ghiaia trattiene sporcizia di ogni genere e invade i tombini, compromettendo il drenaggio. E la riqualificazione del porfido è stata fatta solo davanti al Comune: un gesto che ignora la dignità dell’intero corso».

Nella sua analisi, Maino si sofferma anche su dettagli che, a prima vista, potrebbero sembrare marginali, ma che diventano simbolici: l’“iconico cartello” davanti alla stazione, che indica i percorsi di pedoni, biciclette e auto come se si fosse “nel XIX secolo”, viene definito «una sezione architettonica anacronistica». Un paradosso urbanistico che fotografa, secondo l’autore, la distanza tra la Ciriè reale e quella immaginata da chi governa.

Ma il comunicato non si ferma alla critica estetica. C’è una denuncia più profonda: quella di una città prigioniera di un modello di “vetrina”, più attento all’apparenza che ai bisogni concreti dei cittadini. «L’Amministrazione – accusa Maino – è incagliata in concetti astratti. Invece di inseguire la fumosa idea di una “Città di Charme”, non sarebbe stato più logico costruire una “Città a servizio del cittadino”?».

Il ragionamento dell’architetto si inserisce in un contesto più ampio, quello del dibattito sulla riqualificazione urbana nei centri storici piemontesi. In molte città, da Chieri a Pinerolo, fino a Ivrea, gli interventi di “rinnovamento estetico” degli spazi pubblici hanno spesso generato tensioni tra amministratori e residenti, con progetti costosi che, nel tempo, si sono rivelati difficili da mantenere. Secondo gli esperti, l’errore ricorrente è confondere la bellezza con la scenografia: un arredo urbano moderno, ma non funzionale, finisce per invecchiare male e costare caro.

A Ciriè, Corso Martiri della Libertà ha sempre avuto una funzione di cerniera tra la città storica e la parte moderna. La sua immagine, immortalata nel Theatrum Sabaudiae del XVII secolo, rappresentava l’idea di una città ordinata, elegante e viva. Oggi, tra ghiaia disgregata e panchine sporche, quella visione sembra lontana.

«Una città a misura di cittadino – scrive ancora Maino – non ignora l’igiene per l’estetica, non crea problemi di manutenzione con la scelta di materiali sbagliati e non si fa beffe della sua storia urbana. È tempo che l’Amministrazione smetta di guardare solo al proprio ufficio e restituisca dignità e decoro al cuore storico della città».

Le parole dell’architetto, diffuse attraverso un comunicato che sta circolando anche sui social, hanno riacceso un dibattito mai sopito a Ciriè. Tra chi difende l’attuale progetto, ricordando la difficoltà di gestire manutenzioni complesse in spazi storici, e chi – come molti commercianti del centro – chiede interventi urgenti per ripristinare decoro e sicurezza, la questione di Corso Martiri torna a essere uno spartiacque politico.

Un tema che tocca da vicino anche la memoria storica della città. Il viale, intitolato ai Martiri della Libertà, è il luogo delle cerimonie civili e delle commemorazioni pubbliche. Il suo stato di abbandono assume così un valore simbolico ancora più forte: quello di una comunità che rischia di perdere il legame con il proprio passato.

In fondo, la denuncia di Matteo Maino è anche un appello: recuperare la coscienza urbana, restituendo a Corso Martiri non solo il decoro, ma il senso di appartenenza che per secoli ne ha fatto il cuore di Ciriè. Perché, come conclude amaramente nel suo comunicato, “una città che non rispetta la propria storia finisce per smarrire anche la propria identità”.

Parole chiave: Ciriè, Corso Martiri della Libertà, Matteo Maino, architetto, degrado urbano, città di charme, arredo urbano, Theatrum Sabaudiae, manutenzione, centro storico, amministrazione comunale, restauro urbano, identità cittadina.

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