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10 Novembre 2025 - 16:55
In Piemonte calano le piccole aziende agricole, ma cresce il biologico (immagine di repertorio)
Il Piemonte resta una delle regioni più agricole d’Italia, con oltre 903mila ettari di superficie coltivata, pari al 35,6% del territorio, ma il volto del comparto sta cambiando rapidamente. A delineare il quadro è Confagricoltura Piemonte, che nella conferenza stampa dedicata allo stato dell’agricoltura regionale ha illustrato un trend preoccupante: le piccole aziende a conduzione familiare stanno scomparendo, mentre la produzione si concentra sempre più in realtà di dimensioni maggiori.
In soli cinque anni, secondo i dati dell’Anagrafe agricola regionale, il numero delle imprese agricole è sceso da 48.044 a 40.258, con una diminuzione media annua superiore al 2%. È un processo che riflette una trasformazione strutturale del settore, accelerata dalle recenti crisi economiche, energetiche e climatiche. Le difficoltà di accesso al credito, l’aumento dei costi di gestione e la scarsità di manodopera hanno messo in crisi soprattutto le aziende più piccole, molte delle quali hanno cessato l’attività o sono state assorbite da realtà più grandi.
Un segnale opposto arriva invece dal fronte del biologico, che continua a crescere: sono 3.078 le aziende piemontesi che aderiscono a questo regime produttivo, per un totale di oltre 57mila ettari coltivati secondo criteri sostenibili.
Sul piano produttivo, l’annata vitivinicola 2025 viene definita da Confagricoltura “equilibrata e di qualità eccellente”, tra le migliori dell’ultimo decennio. Nonostante le difficoltà iniziali dovute alla peronospora, i vigneti piemontesi hanno dato risultati superiori alle attese, confermando la solidità del comparto. A preoccupare è però la diffusione della Popillia japonica, un insetto alieno che ha colonizzato varie zone del Canavese e che rischia di compromettere la salute delle colture se non adeguatamente contenuto.
Decisamente più complessa la situazione della nocciola piemontese, uno dei simboli dell’agricoltura regionale: per la prima volta dopo dieci anni, la superficie coltivata è scesa di circa 500 ettari rispetto al 2024. L’annata è stata particolarmente negativa, con una produzione crollata tra il 50% e il 70% a causa del fenomeno della cascola, che ha fatto cadere prematuramente i frutti.
Anche il settore zootecnico presenta luci e ombre. Gli allevamenti piemontesi di bovini da latte si distinguono per dimensioni mediamente superiori alla media nazionale: il 20% delle aziende produce il 70% del volume totale. Il prezzo del latte, dopo mesi di oscillazioni, si sta stabilizzando tra 54 e 55 euro al quintale, ma Confagricoltura lancia un allarme: la riduzione dei prezzi di panna, burro e formaggi potrebbe innescare una nuova crisi per il comparto, già provato dall’aumento dei costi energetici e dei mangimi.
«Il settore primario piemontese sta attraversando una fase di profonda trasformazione strutturale», osservano da Confagricoltura Piemonte, sottolineando la necessità di politiche regionali e nazionali capaci di sostenere le aziende familiari, garantire redditività alle filiere e favorire la transizione ecologica senza aggravare i costi per gli agricoltori.
Il Piemonte rimane una regione con un’agricoltura solida e diversificata, ma i segnali di sofferenza — dal declino delle piccole imprese al calo di alcune produzioni storiche — indicano un punto di svolta. Le sfide da affrontare nei prossimi anni riguardano non solo la produttività, ma anche la tenuta sociale dei territori rurali, sempre più spopolati e vulnerabili.

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