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Caluso celebra i suoi maestri vignolant: il riconoscimento a Scapino, Condio e Fioretta per l’eccellenza dell’Erbaluce

Nella festa del vignolant premi, nuovi intronizzati e un omaggio alla tradizione contadina che continua a modellare il paesaggio del Canavese

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Caluso celebra i suoi maestri vignolant: il riconoscimento a Scapino, Condio e Fioretta per l’eccellenza dell’Erbaluce

Caluso ha reso omaggio ai suoi vignaioli migliori, in una giornata che ha intrecciato tradizione, cultura e riconoscenza verso chi custodisce l’anima agricola del Canavese. Domenica 19 ottobre, nella cornice della “Festa del vignolant”, il Consiglio grande della Credenza vinicola di Caluso e del Canavese ha premiato tre viticoltori che incarnano lo spirito e la dedizione del territorio: Tommaso Scapino per il Comune di Caluso, Matteo Condio per Mercenasco e Giovanni Fioretta per Vische.

Il titolo di maestro vignolant non è un riconoscimento simbolico, ma il risultato di un’attenta selezione condotta da una commissione tecnica guidata da Vittorino Novello, docente di viticoltura all’Università di Torino. Un lavoro di osservazione sul campo che attraversa i filari del Calusiese, tra colline e pergolati di Erbaluce docg, per individuare chi meglio coniuga cura del paesaggio, tecniche agronomiche e rispetto della tradizione.

L’iniziativa, che coinvolge quasi trecento viticoltori tra professionisti e amatori iscritti all’albo, è una delle espressioni più autentiche del legame tra la comunità e il suo vino simbolo. Il maestro vignolant, nel linguaggio della Credenza, non è soltanto un esperto di viti e botti: è il custode di un sapere tramandato, capace di mantenere vivi i gesti e le conoscenze di generazioni che hanno trasformato il lavoro nei campi in un patrimonio collettivo.

Durante la cerimonia, il console credendario Enrico Gruner ha conferito anche la targa di benemerenza “Diego Lambert” alla banda musicale di Caluso, diretta dal maestro Gianmattia Gandino, per la sua presenza costante e la capacità di dare voce, in musica, all’identità della “città del vino”. Un riconoscimento al valore culturale delle istituzioni locali che accompagnano, anno dopo anno, la promozione dell’Erbaluce e delle sue tradizioni.

La targa “Corrado Gnavi”, invece, era già stata assegnata in primavera alla Cooperativa produttori Erbaluce di Caluso, presieduta da Bartolomeo Merlo, per il contributo al rafforzamento del tessuto vitivinicolo e alla qualità della produzione.

La giornata di festa ha visto inoltre l’ingresso di quattro nuovi membri nella Credenza vinicola, che hanno indossato per la prima volta il mantello verde, simbolo di appartenenza alla storica confraternita. Si tratta di Manuela Settia, Franca Garino, Domenico Piretto e dello stesso Vittorino Novello, a conferma di un legame sempre più stretto tra mondo accademico e tradizione agricola.

Un altro riconoscimento, quello per il miglior paesaggio vinicolo, è andato al Comune di San Giorgio Canavese, premiato per l’impegno nella tutela del paesaggio agrario e nella valorizzazione del terroir dell’Erbaluce, in linea con un progetto avviato nel 2016.

Dal 1968, anno della fondazione del Consiglio grande della Credenza vinicola di Caluso e del Canavese, l’obiettivo resta lo stesso: proteggere e promuovere la cultura del vino locale, facendo della qualità e del rispetto per la terra un punto fermo. Negli anni, la Credenza è diventata un presidio identitario per tutto il Canavese, portando avanti iniziative di divulgazione e promozione che hanno consolidato l’immagine dell’Erbaluce come uno dei bianchi più rappresentativi del Piemonte.

Un simbolo di questo percorso è la scultura in bronzo e marmo realizzata dall’artista Gabriele Garbolino Rù, collocata in piazza Mazzini, di fronte all’ex convento dei Frati francescani minori. L’opera, che ritrae la fatica del vignolant, racconta in un solo gesto la dignità del lavoro nei campi e la continuità di una storia che attraversa i secoli.

La “festa del vignolant”, che ogni anno anima Caluso con sfilate, degustazioni e cerimonie solenni, non è solo una celebrazione folkloristica ma un atto di riconoscenza collettiva. È il momento in cui il mondo contadino riceve l’attenzione che merita, e in cui le istituzioni ricordano che dietro ogni bottiglia di Erbaluce c’è una comunità fatta di mani, volti e dedizione.

La scelta dei maestri vignolant di quest’anno riflette la continuità tra generazioni: accanto a figure di lunga esperienza come Scapino e Fioretta, emerge il nome del giovane Matteo Condio, segno di un ricambio che non spezza ma rinnova la tradizione. È un segnale di fiducia nel futuro della viticoltura canavesana, che continua a crescere tra innovazione e rispetto per l’ambiente.

Il valore della festa va oltre i premi. È il riconoscimento di una sapienza agricola che resiste, di un sapere che si trasmette non attraverso i manuali, ma con la quotidianità dei gesti. Ogni filare, ogni pergola, ogni grappolo di Erbaluce racconta la stessa storia: quella di un territorio che ha scelto di restare fedele alla propria identità.

Caluso, con le sue colline e i suoi vigneti ordinati, rappresenta l’immagine più autentica del Canavese agricolo. Qui, la viticoltura non è solo economia ma paesaggio e cultura, parte integrante della memoria collettiva. L’Erbaluce non è semplicemente un vino: è un simbolo di appartenenza, una lingua comune che unisce i paesi del territorio.

Mentre la modernità trasforma i ritmi del lavoro e del consumo, la Credenza vinicola continua a difendere un modello di produzione sostenibile, basato sulla qualità più che sulla quantità, sul rispetto per la terra e sulla trasmissione dei saperi.

Il conferimento dei titoli di maestro vignolant si inserisce così in un percorso che guarda al futuro senza dimenticare le radici. È un modo per ricordare che l’innovazione, in agricoltura, ha senso solo se affonda in una storia condivisa.

La festa di Caluso, nel suo equilibrio tra celebrazione popolare e riflessione culturale, conferma la vitalità di un territorio che non smette di riconoscere il valore delle proprie radici. E dietro ogni targa, ogni mantello e ogni applauso, resta la stessa consapevolezza: la vera grandezza del vino nasce dal lavoro di chi lo coltiva, non da chi lo beve.

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