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08 Novembre 2025 - 15:11
Italia, il Paese dove l’acqua si perde e le fogne non arrivano
C’è chi la chiama “oro blu”, e non è solo una metafora. Nel 2024 una famiglia italiana di tre persone con un consumo medio di 150 metri cubi ha speso 384 euro per l’acqua, con un incremento del 40% in dieci anni. È quanto emerge da una ricerca di Consumers’ Forum, ente indipendente che riunisce associazioni dei consumatori, imprese e federazioni di categoria, presentata a Rimini insieme a Utilitalia nell’ambito di Ecomondo.
Ma se le bollette salgono, anche gli investimenti fanno la loro parte. Secondo Consumers’ Forum, nello stesso arco di tempo i gestori idrici hanno quasi triplicato gli investimenti, passati dai 3,1 miliardi del 2012 (pari a 51 euro pro capite) agli 8 miliardi del 2024, equivalenti a 80 euro per abitante. Una crescita del +57%, praticamente in linea con l’aumento medio delle tariffe in bolletta.
Eppure, nonostante la spesa cresca, gli italiani consumano meno acqua. Nel 2012 la media era di 241 litri al giorno per abitante, oggi siamo a 215 litri, con un calo del 10,8%. Un dato che farebbe pensare a una maggiore consapevolezza, se non fosse per il fatto che nello stesso periodo è aumentato il consumo di acqua minerale. Le cifre parlano chiaro: si è passati da 11.370 milioni di litri nel 2012 (circa 190 litri pro capite all’anno) a 15.150 milioni nel 2024, ovvero 257 litri a persona, con un incremento del +35,2%.
Un’abitudine tutta italiana, quella della bottiglia, che continua a prosperare nonostante i numeri rendano evidente quanto sia una scelta antieconomica. «Se si analizza il costo oggi sostenuto dai consumatori per la voce “acqua” – scrive Consumers’ Forum – si scopre che quella del rubinetto continua ad essere enormemente più conveniente rispetto all’acqua imbottigliata». Il costo medio di un litro di acqua potabile si attesta infatti a 0,00256 euro, mentre quello di un litro di minerale (calcolato su 18 grandi città attraverso i dati dell’osservatorio prezzi Mimit) è di 0,26 euro. In altre parole, l’acqua minerale costa 10.056% in più di quella che scorre dai nostri rubinetti.
Una differenza che sfiora l’assurdo, se si considera che la qualità dell’acqua potabile italiana è tra le migliori in Europa, con controlli giornalieri e standard di sicurezza elevatissimi. Ma la fiducia dei cittadini non segue la scienza: la bottiglia resta sinonimo di purezza e status, il bicchiere d’acqua del rubinetto continua a essere percepito come “di serie B”.
Altro nodo cruciale è quello degli sprechi, sia domestici sia lungo la rete. Le perdite idriche imputabili alla dispersione delle condutture si attestano oggi attorno al 42% dell’acqua distribuita, una cifra enorme che rivela la fragilità del sistema. Ma anche dentro casa i numeri fanno riflettere: un appartamento può arrivare a sprecare fino a 20mila litri di acqua all’anno per usi non accorti.
Il report di Consumers’ Forum porta esempi concreti che rendono visibile l’invisibile: un rubinetto che gocciola può far perdere 5 litri al giorno, l’uso della vasca da bagno richiede 160 litri contro i 40 di una doccia, e lavarsi i denti lasciando scorrere l’acqua ne spreca fino a 30 litri. Bastano 6 litri per il lavaggio delle mani, 20 per la rasatura, mentre uno sciacquone senza doppio tasto può arrivare a sprecare 100 litri al giorno. Numeri che, moltiplicati per milioni di abitazioni, spiegano perché l’Italia resti tra i Paesi europei con la più alta dispersione idrica complessiva.
Sul tema interviene anche Furio Truzzi, presidente di Consumers’ Forum, che individua due responsabilità parallele: quella strutturale e quella culturale. «La frammentazione del servizio idrico in Italia, con oltre 2mila società che oggi forniscono acqua alle famiglie, non aiuta a superare il problema delle perdite della rete – spiega – mentre molto si è fatto negli ultimi anni sul fronte degli investimenti e del miglioramento della qualità delle acque. Serve però educare i cittadini a un consumo più consapevole, per combattere sprechi e consentire risparmi sulle bollette, dal momento che l’acqua potabile resta imbattibile sul fronte della convenienza economica. Infine servono operatori industriali che, in un sistema regolato come quello idrico, sappiano fare massa critica per garantire economicità e sostenibilità a vantaggio di tutti i cittadini».
Dietro le cifre si nasconde una questione più profonda, che riguarda il valore stesso dell’acqua come bene comune. Ogni litro risparmiato significa minore pressione sugli acquedotti, meno energia per il pompaggio, minore impatto ambientale. Ma ogni euro in più in bolletta pesa su milioni di famiglie già provate dal caro vita.
L’Italia resta così sospesa tra due estremi: da un lato l’acqua che scorre, spesso invano, nelle tubature colabrodo; dall’altro l’acqua che si compra al supermercato, confezionata e trasportata per centinaia di chilometri. Un equilibrio fragile e costoso, che mette in discussione il nostro rapporto con la risorsa più semplice e indispensabile che esista.
Alla fine, forse, la vera domanda non è quanto paghiamo l’acqua, ma quanto la consideriamo davvero preziosa.

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