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07 Novembre 2025 - 17:13
Antonio Iaria e Paolo Mazzoleni
Altro che decrescita felice. Torino – dice Antonino Iaria, oggi deputato del Movimento 5 Stelle, ieri assessore all’Urbanistica nella giunta Chiara Appendino – è “ferma da tre anni”. Non una provocazione, ma una bordata pesante, diretta dritta al cuore dell’amministrazione Lo Russo e al suo assessore Paolo Mazzoleni, che solo pochi giorni fa avevano annunciato con orgoglio che la città “ha archiviato la stagione della decrescita felice” e che, grazie al nuovo Piano Regolatore Generale, “sta tornando a crescere”. Una frase che ha fatto saltare sulla sedia l’ex assessore pentastellato: «Con che coraggio parlano di crescita? Senza Pnrr e senza progetti ereditati c’è stato ben poco. Torino è in decrescita reale, non solo economica ma anche urbanistica».
E Iaria sa bene di cosa parla. Architetto, classe 1972, scelto da Appendino nel settembre del 2019 per sostituire Guido Montanari, ha gestito per due anni le leve dell’urbanistica torinese, seguendo da vicino il Piano Regolatore, i progetti di rigenerazione urbana e la delicata partita delle aree dismesse. È lui a ricordare che nell’ultimo Consiglio comunale del 2021 fu adottata la Variante OGM, un tassello chiave per la rinascita dell’area delle Officine Grandi Motori, simbolo della rigenerazione delle periferie. Un provvedimento “strategico”, spiega, ma rimasto lettera morta: «Eppure ancora non si vede partire nessun cantiere. Negli ultimi due anni della giunta Appendino avevamo impostato opere, bandi, varianti, tutto pronto per partire. Ora è tutto fermo».

Il bersaglio è chiaro: l’assessore Mazzoleni, accusato di non aver raccolto l’eredità tecnica e progettuale del suo predecessore, preferendo – dice Iaria – “annunci e conferenze stampa”.
Il tutto mentre Lo Russo continua a raccontare la sua idea di città “più resiliente, più sostenibile, più attrattiva”, parole che a sentire Iaria suonano come una beffa: «Se c’è una decrescita, è quella infelice firmata Mazzoleni e Lo Russo».
La replica, indiretta, è arrivata nei giorni scorsi dallo stesso sindaco, che ha rivendicato la partenza del nuovo Piano Regolatore, definendolo “una mappa per guidare la crescita, per portare servizi di qualità vicino alle persone e rendere Torino più resiliente al cambiamento climatico”.
Parole d’ordinanza, come da manuale politico, subito seguite dal solito ottimismo d’ufficio: la città sarebbe pronta a voltare pagina dopo trent’anni di immobilismo pianificatorio, dal lontano PRG del 1995. Ma tra le pieghe delle delibere, il tempo scorre. E dei cantieri, a parte qualche cartellone in corso Vigevano, si vede ben poco.
Così, mentre Palazzo Civico si affanna a parlare di “visione”, Iaria riporta il dibattito sulla terra – o meglio, sul suolo, quello che secondo lui si continua a consumare senza una strategia. La sua accusa è doppia: non solo mancherebbero i risultati, ma si sarebbe anche smarrito lo spirito di pianificazione che la giunta Appendino aveva provato a dare. «Noi avevamo lasciato un’impostazione chiara – dice – con un’attenzione al benessere dei cittadini, alla qualità dell’ambiente urbano e al non consumo di suolo. Oggi restano solo annunci».
Dietro la polemica c’è qualcosa di più profondo: la frattura tra due visioni della città. Da una parte quella del centrosinistra, che punta su grandi linee programmatiche e un nuovo PRG ancora tutto da scrivere. Dall’altra quella del Movimento 5 Stelle, che rivendica il metodo della rigenerazione diffusa, dei piccoli interventi nei quartieri, del recupero del patrimonio esistente. Due linguaggi, due tempi, due mondi.
E mentre i torinesi aspettano di capire se davvero ci sarà questa “crescita” annunciata, la sensazione è che la città viva ancora sospesa tra slogan e cantieri mai partiti. Forse la verità sta proprio nelle parole di Iaria: Torino non è in decrescita felice, è in una decrescita silenziosa, dove il tempo si misura in conferenze stampa e non in gru che si muovono. Una città che per troppo tempo ha confuso la progettazione con la pianificazione, e la pianificazione con la propaganda.
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