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Diario Amico, la scuola non cede: “Errore in buona fede, ma non censuriamo una bambina”

Dopo giorni di polemiche, dal Verbano-Cusio-Ossola arriva la precisazione: “Errore commesso in buona fede, non ritireremo le pagine per non esporre la bambina”

Diario Amico

Diario Amico, la scuola non cede: “Errore in buona fede, ma non censuriamo una bambina”

La polemica sul “Diario Amico”, l’agenda scolastica distribuita in migliaia di copie nelle scuole del Verbano-Cusio-Ossola, non accenna a spegnersi. Dopo giorni di tensione, dichiarazioni politiche e richieste di ritiro, arriva ora la posizione ufficiale del mondo scolastico: sì, c’è stato un errore, ma non sarà la censura a risolverlo.

Il caso era esploso per un breve racconto, “Blog in Val Formazza Miaoo!!”, inserito nel diario 2025/2026. Nella storia, scritta da una ragazzina di 12 anni, un gatto dialoga con alcuni animali, tra cui una mucca che accusa gli allevatori di essere “ladri” perché “mi fanno partorire per poi sfruttarmi e mettere il latte in vendita”. Parole che hanno immediatamente suscitato la protesta degli allevatori locali e di alcune associazioni di categoria, che hanno parlato di un messaggio “offensivo e ideologico”.

Ora, in una nota diffusa al termine dell’incontro convocato dall’Ufficio scolastico del Vco, alla presenza di rappresentanti delle scuole e delle organizzazioni agricole, i dirigenti ammettono la leggerezza: «Includere sul Diario Amico il racconto Blog in Val Formazza Miaoo!! è stato un errore commesso in assoluta buona fede».

La scuola, spiegano i firmatari del documento, non ha scelto direttamente il testo. «Il nostro errore è stato quello di accogliere automaticamente il racconto vincitore del premio “Leggere le Montagne” di ArsUniVco, senza valutarne a fondo il contenuto. Ma si è trattato di una decisione presa in totale buona fede», si legge nella nota.

Durante l’incontro — definito da entrambe le parti “costruttivo e propositivo” — gli allevatori hanno ribadito di essersi sentiti «non solo offesi, ma profondamente colpiti». Hanno chiesto «un gesto concreto che dimostri la consapevolezza della gravità dell’accaduto e la volontà di rimediare». Ma i rappresentanti scolastici hanno precisato che non intendono rimuovere il racconto.

«Togliendo le pagine incriminate — spiegano — rischieremmo di esporre inutilmente la bambina, e non vogliamo farlo. Difenderemo sempre e comunque la sua libertà di espressione. Ciò detto, non intralceremo la libertà delle famiglie di rimuovere autonomamente le pagine dal diario».

Una scelta che punta a disinnescare la tensione senza rinunciare ai principi di fondo. Perché se da un lato si riconosce l’errore organizzativo, dall’altro si difende il diritto di una dodicenne a esprimere liberamente la propria sensibilità, anche se imperfetta, anche se ingenua.

Il “caso Diario Amico” era nato poche settimane fa come una disputa locale, ma nel giro di pochi giorni aveva assunto dimensioni nazionali. Alcuni esponenti politici piemontesi, tra cui la vicepresidente regionale Elena Chiorino e gli assessori Federico Riboldi e Paolo Bongioanni, avevano definito “inaccettabili e fuorvianti” i contenuti del diario, chiedendo l’intervento dell’Ufficio scolastico regionale. «Il Diario Amico nasce come strumento di inclusione, non come veicolo di propaganda», avevano dichiarato.

Dall’altra parte, parlamentari come Eleonora Evi (PD) e associazioni animaliste, tra cui la Lav, avevano invece difeso il progetto: «Censurare il racconto di una bambina significherebbe punire la libertà di pensiero e negare il pluralismo educativo».

Il diario, nato per promuovere educazione civica e inclusione, ospita ogni anno disegni e racconti premiati in concorsi scolastici. Quest’anno, la scelta automatica del testo vincitore ha però innescato un corto circuito culturale e politico che va ben oltre il suo contenuto.

Dietro un racconto di poche righe, infatti, si è aperto un dibattito che interroga la scuola sul suo ruolo: fino a che punto può essere un luogo di sensibilizzazione etica, e dove comincia il rischio di ideologia?

Dopo l’incontro di Verbania, il messaggio sembra essere uno solo: dialogo e responsabilità, senza processi né censure. Un passo indietro nella forma, ma non nei principi. La scuola riconosce l’errore, ma difende la voce di una bambina. E forse, in questa contraddizione, c’è il senso più profondo di un’istituzione che prova ancora a educare senza smettere di ascoltare.

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