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05 Novembre 2025 - 11:35
Il “BAU BAU” di Montaruli arriva in Consiglio a Chivasso: Perfetto (Pd) zittisce Falbo (FdI) con il "verso" e scoppia il caos
Chi di BAU BAU ferisce, di BAU BAU perisce.
È finita così, tra un abbaio e un insulto, la seduta del Consiglio comunale di Chivasso di martedì sera. Tre ore di discussione già fiacche, trascinate, stanche, con l’aula che faticava persino a ricordarsi perché fosse lì. Poi, a pochi minuti dal gong, il colpo di grazia: il presidente del Consiglio, Alfonso Perfetto, ha pensato bene di rivolgersi al consigliere di Fratelli d’Italia Enzo Falbo con un sonoro “BAU BAU BAU”. E da lì il finimondo.
Falbo, visibilmente colpito, ha reagito come chi sente crollare l’ultimo briciolo di decoro. Ha preso la parola e ha scandito: «In questi anni non ho mai alzato i toni, non ho mai offeso nessuno. Questa sera il presidente del Consiglio ha avuto una gravissima mancanza di rispetto. Chi rappresenta le istituzioni non lo posso accettare. Non posso, mentre un consigliere comunale sta parlando, dire BAU BAU BAU. In trent’anni di politica non ho mai avuto un presidente del Consiglio che insultasse un consigliere comunale, né di maggioranza né di opposizione. Non accetto le sue scuse».
Un discorso vibrante, certo. Ma il problema è che la scena, per chi segue la politica, sapeva di déjà vu.
Perché il BAU BAU non nasce a Chivasso.
È un’eco che arriva da Roma, precisamente dallo studio televisivo di Tagadà su La7, dove la deputata Augusta Montaruli, anche lei di Fratelli d’Italia, durante un dibattito con l’esponente del Pd Marco Furfaro, ha reagito con lo stesso verso canino: “bau bau bau”. In quel caso per rispondere a chi le ricordava una condanna definitiva per peculato. Allora molti nel suo partito avevano sorriso, giustificato, minimizzato. Era, dicevano, solo una provocazione, un modo per ribaltare il dileggio, per difendersi con ironia.
Eppure, ecco che a Chivasso, a distanza di pochi mesi, il gioco si ribalta. Il bau bau diventa insulto. Il partito che lo aveva sdoganato come trovata, oggi lo denuncia come oltraggio. E il cortocircuito è servito: chi difendeva Montaruli oggi invoca rispetto; chi gridava allo scandalo per Montaruli, oggi si scopre imitatore. È la perfetta fotografia di una politica che ha perso il senso del limite, e insieme quello del ridicolo.
Perfetto, da presidente del Consiglio comunale, aveva tutti i motivi per mantenere la barra dritta. Il suo ruolo, istituzionale per definizione, richiede equilibrio, controllo, misura. Ma lui no. Si è lasciato trascinare nel gorgo di una discussione ormai logora, in cui gli interventi si somigliavano come fotocopie e la noia aveva preso il sopravvento. Forse per alleggerire il clima, forse per stizza, ha pensato che un bau bau potesse stemperare. Ma non c’è nulla di leggero quando a farlo è chi rappresenta le istituzioni. Non è la battuta di un bar, è il sigillo della decadenza.
Eppure anche Falbo, indignato a microfono aperto, dovrebbe avere la decenza di guardarsi in casa. Perché se oggi trova gravissima la mancanza di rispetto, ieri nessuno l’ha sentito alzare la voce quando la sua collega di partito abbaiava in diretta tv a un deputato avversario. Nessuna mozione d’ordine allora, nessuna lezione di stile istituzionale. Anzi, silenzio e difesa di partito. Come se l’abbaiare fosse, a seconda di chi lo fa o di chi lo riceve, un diritto o un reato. È questo il vizio capitale della politica italiana: l’indignazione a geometria variabile, il moralismo selettivo, la memoria corta.
Nel caso di Augusta Montaruli, la scena era surreale: mentre Furfaro le ricordava la condanna per peculato – un anno e sei mesi per uso improprio dei fondi regionali – lei rispondeva con un bau bau bau da cabaret televisivo. Un gesto che avrebbe potuto restare confinato alla satira, ma che invece è stato rivendicato come forma di “difesa politica”. Montaruli spiegò poi: «Mi hanno lapidata mediaticamente, mi difendo così». In quel così c’era tutto il vuoto del presente: la politica che si giustifica con il gesto, non con l’argomento.
Ora lo stesso vuoto si materializza in un’aula di provincia, in un Consiglio comunale che da tempo ha smesso di essere un luogo di confronto e somiglia più a una recita di fine stagione. Non bastavano le assenze, le mozioni-fotocopia, gli interventi da recitare guardando il cellulare: serviva anche l’abbaio istituzionale per completare l’opera. La deriva è servita.
Matteo Doria, consigliere di Amo Chivasso e le sue Frazioni, ha provato a riportare un minimo di ordine chiedendo una mozione d’ordine. Ma quando si è costretti a invocare il regolamento per far cessare un bau bau, significa che la politica locale ha perso ogni grammo di serietà. Doria ha ragione nel merito, ma la scena resta tragicomica.
Certo, Perfetto ha sbagliato. Ma il suo errore non è solo di comportamento: è culturale. È l’effetto di una stagione politica che ha smarrito il confine tra ironia e volgarità, tra sarcasmo e aggressione. Quando una deputata nazionale può permettersi di abbaiare in diretta televisiva e uscirne tra applausi dei suoi, non sorprende che un presidente di consiglio comunale si senta autorizzato a fare lo stesso. È il contagio del discredito, la banalizzazione del linguaggio.
E se Falbo oggi si sente umiliato, forse dovrebbe prendersela meno con Perfetto e un po’ di più con chi, nel suo stesso partito, ha reso accettabile l’idea che l’insulto potesse diventare dialettica politica. Perché Montaruli non è stata una comica in libera uscita: è una parlamentare della Repubblica, condannata, che in diretta nazionale ha trasformato l’aula in un canile simbolico. Da lì discende tutto il resto: la mancanza di freni, la mimica animale che sostituisce l’argomento, la rissa che sostituisce il confronto.
È fin troppo comodo, ora, ergersi a vittima di un clima che si è contribuito a creare. Se l’abbaiare è diventato linguaggio politico, la responsabilità è collettiva. Della destra che lo sdogana, della sinistra che lo usa come pretesto per moralizzare. Tutti complici di una politica che si specchia nel proprio degrado e lo trova persino divertente.
Ieri sera a Chivasso, il Consiglio comunale ha toccato il fondo. Non solo perché un presidente abbia abbaiato, ma perché nessuno in quell’aula ha più la forza di dire che non è normale. Non è normale che il linguaggio istituzionale venga ridotto a gesto, che l’offesa sia travestita da ironia, che il dibattito scivoli nel teatro dell’assurdo. Eppure, mentre qualcuno rideva, qualcun altro spegneva la diretta streaming con un senso di vergogna addosso.
E così, tra un bau bau di troppo e una dignità di meno, anche Chivasso ha avuto il suo piccolo caso Montaruli. Cambiano i nomi, restano gli stessi errori. E il finale, inevitabile, suona come una parabola morale: chi di BAU BAU ferisce, di BAU BAU perisce.
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