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Notte da Champions per Napoli e Juve: due pareggi simili, ma sensazioni opposte

Spalletti porta ordine e intensità a una Juventus che sembra ritrovare se stessa, mentre il Napoli di Conte, decimato e stanco, fatica a confermare in Europa la forza mostrata in Serie A

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Notte da Champions per Napoli e Juve: due pareggi simili, ma sensazioni opposte

"Se la squadra continua con questo spirito..." lo dice Spalletti con un tono che è un misto tra fiducia e orgoglio. Nel frattempo, a circa 800km di distanza, Conte ha scoperto che "il Napoli, primo in Serie A, fa paura" Sì, a sé stesso! Soprattuto quando risuona l'inno della Champions!

La serata di calcio europeo di ieri ha offerto due volti del calcio italiano, entrambi ancora in costruzione. Da un lato una Juventus più reattiva e compatta, che strappa un 1-1 casalingo contro lo Sporting Lisbona mostrando tratti di carattere e disciplina. Dall’altro un Napoli bloccato sullo 0-0 contro l’Eintracht Francoforte, rallentato dagli infortuni e da una condizione fisica tutt’altro che brillante: forte in Italia e... sbiadita in Europa.

All’Allianz Stadium si è vista una Juventus finalmente più viva. Non basta per parlare di rinascita, ma abbastanza per dire che Luciano Spalletti – al suo primo esordio europeo con i bianconeri in casa – ha già portato un tocco riconoscibile: squadra corta, più aggressiva, più coraggiosa nel palleggio e con una nuova mentalità collettiva.

Il tecnico toscano, abituato a costruire con metodo, ha commentato con lucidità: «I portoghesi giocano un buonissimo calcio e hanno aggressioni feroci, abbiamo avuto un inizio complicato ma poi abbiamo reagito e forse meritavamo di passare in vantaggio». Un’analisi che riconosce le difficoltà iniziali ma anche la capacità di reagire, cosa che la Juve, negli ultimi anni, aveva smarrito.

Dopo cinque stagioni di mediocrità tattica e scelte societarie discutibili, il club sembra aver ritrovato almeno un filo logico. Non è poco, ma non è ancora abbastanza. L’1-1 con lo Sporting, più che un trionfo, è un punto di partenza. «Se la squadra continua con questo spirito, comincia a diventare interessante» ha aggiunto Spalletti, scegliendo parole caute ma significative.

Il gol di Vlahovic, il terzo in questa Champions, è il segnale di una ritrovata fiducia, mentre Locatelli ha parlato di spirito di gruppo: «Continuiamo a lottare con questo spirito, uniti e determinati. Fino alla fine!». È una Juve più compatta, ma che ancora paga limiti strutturali e una rosa priva di alternative di alto livello. Spalletti ha portato idee, non miracoli, e il cammino europeo resta incerto.

Come ha scritto lo stesso Vlahovic, «Non siamo contenti del risultato, ma abbiamo fatto meglio dello Sporting». È la consapevolezza di un gruppo che prova a scrollarsi di dosso anni di confusione. Ma, come ricorda un vecchio adagio, una rondine non fa primavera: la Juventus dovrà confermare questa crescita contro avversari più solidi e nei momenti di difficoltà, quelli che negli ultimi anni l’hanno spesso travolta.

Napoli, fatica e fragilità in una Champions senza ritmo

Ben più complicata la situazione del Napoli, che non riesce a superare l’Eintracht Francoforte nonostante un dominio territoriale evidente. Il pareggio a reti bianche fotografa un momento particolare: la squadra di Antonio Conte è schiacciata da una lunga lista di infortuni e da un calendario fitto che ha tolto lucidità e gamba.

Gli azzurri, che comandano la Serie A, in Champions sembrano un’altra squadra: più lenta, prevedibile, con poche soluzioni offensive. L’Eintracht, reduce da dieci gol subiti nelle due partite precedenti, si è chiuso a riccio con una difesa a cinque che spesso diventava a sei, costringendo il Napoli a palleggiare sterile senza mai trovare il varco giusto.

Il tecnico leccese, alla vigilia, aveva dichiarato che «il Napoli in alto dà fastidio a qualcuno». Una frase polemica, più utile a spostare l’attenzione che a spiegare i problemi veri della squadra. La realtà è che, in Europa, il suo Napoli dà fastidio soprattutto a sé stesso: lento, prevedibile e povero di idee.

Nessuna garra, poche trame, zero concretezza. Politano e Elmas si sono spenti presto, Højlund non ha mai trovato la chiave per scardinare il blocco difensivo, e i tentativi di Anguissa e McTominay sono stati episodici e confusi.

Conte, nel post gara, ha mostrato frustrazione e realismo: «Abbiamo giocato la nostra partita, ma sono mancate le conclusioni. Se non segni non vinci, sei bravo ma finisce 0-0». Poi, una battuta velenosa sull’impostazione degli avversari: «Giocare contro una squadra tedesca che fa il catenaccio italiano dispiace».

Difficile, però, non notare che la vera differenza la fanno oggi gli assenti. E anche l’intensità che in campionato lo rende irresistibile si spegne quando manca il ricambio. Conte ha provato a spiegarlo: «Tutti vorrebbero passare il turno come Bayern, Liverpool o Real Madrid, ma noi dobbiamo pensare alla nostra crescita. Stiamo finendo un ciclo di sette partite, cercando di inventarci soluzioni nuove viste le assenze».

Dietro questa frase, si legge la difficoltà di tenere insieme un gruppo logorato dagli impegni e dimezzato dagli infortuni. In Europa, dove la qualità media si alza e le difese concedono poco, il Napoli ha pagato ogni minima incertezza.

Due realtà in equilibrio precario

I risultati di ieri raccontano due percorsi opposti, ma ancora incerti. La Juventus mostra segnali di rinascita dopo anni di smarrimento, ma deve trovare continuità e concretezza. Il Napoli, al contrario, pur avendo un’identità chiara e un gruppo consolidato, paga il prezzo di una rosa ridotta e stanca.

Spalletti ha riportato alla Juve una dignità tattica e un senso di squadra che mancavano. Conte, invece, si trova a gestire una fase di transizione difficile, in cui la fatica fisica e mentale pesa più delle idee.

E mentre a Torino si intravede la speranza di un progetto che può crescere, a Napoli resta la sensazione che la Champions, almeno per ora, sia un terreno minato. 

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